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martedì 22 marzo 2011

Che fare in Libia?

Fallito il primo colpo e cominciata quella che potrebbe essere una guerra d’attrito, ci si interroga ovunque in Europa e negli Usa sugli obiettivi della Risoluzione dell’Onu. Che ora si scopre imprecisa, ma soprattutto debole, sia sulle regole militari d’intervento sia sugli obiettivi politici. La singolarità maggiore, tra le tante di questa guerra, è che nessun riconoscimento è stato effettuato del Consiglio popolare o rivoluzionario di Bengasi, in favore del quale la risoluzione Onu in teoria è stata presa.
Sul piano militare, nessun bombardamento a terra sarebbe consentito, non giuridicamente fodnato. Si tratterebbe solo di un’azione limitata, per impedire all’aviazione di Gheddafi di bombardare i ribelli. In particolare non è precisata l’“estensione” dell’intervento. Quali capacità militari si possono utilizzare, con che intensità, con che durata, e a quale scopo. Rovesciare Gheddafi? Impedirgli di abbattere la resistenza? Dividere la Libia? I precedenti non aiutano la discussione, perché gli obiettivi vi figurano fissati in anticipo rispetto all’intervento, sia nel 1991 nel Golfo, che nel 2001 e nel 2003 in Afghanistan e in Iraq. Ora invece devono essere elaborati.
Smaltite le pressioni Usa per il voto alle Nazioni Unite, ovunque ci si interroga su che cosa si è in realtà deciso e cosa si vuole fare. Non si fa la guerra per la guerra, ma per un obiettivo di pace. In questa guerra, se si sa chi è Gheddafi, ma si sa da quaranta e più anni, non si sa invece per che cosa si combatte. Come in Afghanistan e in Iraq. Quello ch si vede è la Francia impegnata, con l’Inghilterra, a prendersi il petrolio libico, lasciando l’Italia in un mare di profughi - che è la lettura volgare dell’uomo della strada ma non ce ne è una migliore.

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