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venerdì 16 agosto 2013

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (179)

Giuseppe Leuzzi

“Non vogliamo più l’utilizzo dei fondi (europei) per eventi come il concerto di Elton John a Napoli, o l’autostrada A 3 Salerno-Reggio Calabria”, proclama martedì il commissario europeo per le Politiche regionali Johannes Hahn. Ignoranza? È possibile.
Il commissario all’Industria, nonché vice-presidente dell’esecutivo europeo, Antonio Tajani, un italiano, gli dà ragione. Damned!

Gli italiani ci sono, bisogna fare l’Italia
Sono ritornate per i centocinquant’anni dell’unità le polemiche sul brigantaggio al Sud. Se non fu un fatto politico di resistenza, e di cieca e feroce repressione. Con spiegamento di antropologie sul brigantaggio e di revisionismi storici. Mentre un fatto è chiaro, per lo storico (le antropologie lasciano il tempo che trovano): non ci sono briganti nati, ci sono briganti (mafie) quando il potere (lo Stato, il Commonwealth di Hobbes) li consente. In questo caso si diffondono anche, “controllano il territorio”, “rispondono alla domanda sociale”, e perfino alla mentalità, poveretta, eccetera. Per lo storico dell’unità il brigantaggio ha un solo rilievo, quale che fosse la sua natura, tutta cospirativa o tutta criminale, oppure mista: la durezza della repressione. Senza l’artiglieria, ma con tutto il restante armamentario di una guerra. Contro un Sud messo sotto occupazione militare, senza distinzione di buoni e di cattivi. La parallela durissima repressione dei moti democratici di Palermo nel 1862, a meno di due anni dagli entusiasmi garibaldini, con lo stato d’assedio proclamato in tutto il Sud il 20 agosto, non hann o nulla a che vedere con i briganti.
L’unità veniva subito convertita in occupazione militare. Un errore, tutto  sommato. Un disegno sbagliato – poco produttivo. Sulla base di un pregiudizio. Di interessi costituiti, interessati a liquidare il Sud. Ma di più, considerandone la persistenza, anche contro ogni convenienza. La frase famosa di D’Azeglio “l’Italia è fatta, bisogna fare gli italiani” è al contrario che funziona: “Gli italiani ci sono, resta da fare l’Italia”.

Il Sud non conviene
L’ultimo meridionalismo, trent’anni fa, si articolava con l’arsenale terzomondistico, della cancellazione dell’identità a fini di sfruttamento. Era una posizione resistenziale, del “razzismo antirazzista” che Sartre aveva spiegato nell’“Orfeo nero”. Ma solo in parte vera, nella cancellazione dell’identità. Quanto allo sfruttamento è sempre stato dubbio che il padrone abbia interesse ad annullare o invalidare lo schiavo. Nella vecchia economia agropastorale come in quella contemporanea dello scambio: lo schiavo serve in buona salute.
Molti degli argomenti della dipendenza a fini di sfruttamento sono veri: l’esercito del lavoro di riserva, e la forza lavoro in eccesso per comprimere il salario. Sono strumenti che sono stati utilizzati. Ma in un’ottica sbagliata – si dice di corto respiro ma è sbagliata. L’ipotesi keynesiana è sempre la più valida: l’effetto di traino salario-reddito-consumo sulla produzione e i profitti (remunerazione del capitale, investimenti, produttività).
La dipendenza c’è, e si esprime sul deprezzamento o la cancellazione dell’identità per un pregiudizio prima che per l’interesse. Per lo stesso motivo è coriacea, inattaccabile a qualsiasi argomento. Se non alla rivolta, alla cosa compiuta.
Tutto questo è stato detto, da Frantz Fanon a partire dal 1952, “Il negro e l’altro”. Il problema non è dunque di conoscenza: è la natura del pregiudizio di essere indistruttibile al ragionamento, solo a un ribaltamento. La dialettica negativa, o il razzismo antirazzista di Sartre.  

Mafia
È un delitto all’origine e prevalentemente contro la proprietà: protezione, grassazioni, espropri, estorsioni, usura, rapimenti di persone. Per questo poco contrastato, e di malavoglia. Finché non è arrivata la Lega, che protegge la proprietà.
La definizione non sembra attendibile. Non è sociologizzante, non è pauperistica, è di classe, va contro l’opinione dominante, non risolve l’intreccio mafia-politica. Ma è la più vera, aderente alla realtà. È su queste basi che si è sviluppata 50-60 anni fa la ‘ndrangheta, in precedenza una onorata società di uomini d’onore senza denti, una piccola massoneria paesana, di nessun rilievo per la società. È stata sempre questa l’attività della mafia propriamente detta e della camorra. Il contrabbando prima e la droga poi sono estensioni dello stesso “mercato”: una volta imposta l’illegalità, attraverso l’azione antiproprietaria, la droga è un investimento. Privilegiato per gli alti rendimenti a fronte di un  rischio irrisorio. Il primo settore della mafia imprenditrice di Cordova e Arlacchi. Più degli appalti, altro settore a rendimenti altissimi, per la pratica costante della corruzione, e delle “diversificazioni” (turismo, intrattenimento, ristorazione, pompe di benzina, sale giochi…) nei settori a forte scambio quotidiano di contante, per il lavaggio degli utili criminali. La politica entra nella mafia per via obliqua e ancillare: gli appalti e la “disattenzione”, tipicamente cattolica o di sinistra, dei pubblici poteri di contrasto.

Poiché i parroci hanno esautorato o sciolto in ogni paese, su direttiva antimafia dei vescovi, le procure della festa del Santo, le organizzazioni laiche che provvedevano alle luminarie, i fuochi d’artificio e i concerti della festa, con una spesa da 50 a 100 mila euro, sostituendole con procure di scout o signorine, le feste ora si fanno in ogni paese laiche e più fastose, con grandissimi nomi per i concerti, sempre gratuiti, nel nome della birra, dello stocco, della prugna, della patata, o come notte bianca. E si dice: sono imbattibili. Le mafie, s’intende. Nascono così le onnipotenze. Mentre è solo un uso esteso delle sagre. Quelle costose con i soldi dei Comuni, attraverso le Pro Loco. Talvolta, è vero, su fondi europei.

Eravamo micenei, anzi minoici

Si dà il nome di Magna Grecia convenzionalmente alle città che migranti greci hanno edificato su suolo italico a partire da Napoli, nel 721 .C., a seguito delle invasioni della Grecia da parte dei popoli del Nord – “indoeuropei”, “ariani” – e delle tirannidi. Ma in epoche più antiche vaste zone della Puglia, la Calabria, la Sicilia furono interessate agli scambi con l’Egeo e all’impianto di colonie egee, nel secondo millennio a. C.. In particolare attorno al 1500 a.C., con lo sviluppo della talassocrazia cretese. Furono quindi di civiltà minoica, e poi micenea. In parte, se non prevalentemente. Con insediamenti mirati all’utilizzo delle risorse locali, e come basi avanzate per i traffici col Mediterraneo occidentale, la costa atlantica. Le leggende  di Diomede, Ercole, Enea e la simbologia del Toro ne sono espressione e testimonianza.  

leuzzi@antiit.eu 

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