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lunedì 12 agosto 2013

Il debito è della seconda Repubblica

È il prezzo della corruzione diffusa. È il prezzo della cosiddetta seconda Repubblica, l’antipolitica che ha “liberato” la corruzione abolendo i partiti. Al coperto di una scienza politica indigente, che non ha ancora capito che la funzione dei partiti non è il potere ma la selezione e il controllo del personale politico - il controllo reciproco fra gli aderenti, che è il più efficace. Sotto le insegne, beffarda, della giustizia o della questione morale, che in Italia sono gli incubatori veri della corruzione: impunita, e anzi protetta.
Il fatto è che il debito pubblico era nel 1991 di 840 miliardi di euro. Dopo aver modernizzato l’Italia, superato gli shock petroliferi con l’inflazione al 20 per cento del 1973-74 e del 1979-1980, e combattuto una guerra civile, contro il terrorismo e la mafia di Riina. La “seconda Repubblica” ha acceso nuovo debito per 1.200 miliardi. Pur avendo venduto (privatizzato, liberalizzato) beni pubblici per 160 miliardi. Non incoraggiando e anzi scoraggiando l’economia, che da vent’anni ristana ed è comparativamente in contrazione: senza investimenti (produttività) e senza più reddito. Avendo dilapidato la propensione al risparmio, che era la più alta al mondo. Pur avendo beneficiato per un decennio dei bassi tassi d’interesse euro.

Non si saprebbe fare la somma delle infezioni della “seconda Repubblica”. La giustizia infetta. La funzione pubblica punitiva. La formazione (scuola, università) inutile. E, al meglio, i salvatori alla Monti, che curano il debito con le tasse  

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