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domenica 11 agosto 2013

La pelle nuova del poeta impegnato a cantare

“Pueti senza mpegnu, vi salutu”. Pasolini, entusiasta, dice Buttitta “un buon poeta”. Contini, freddo, se ne senti trasportato come con Jacopone “nel magma del suo incendio”. L’antologia critica del poeta, morto quasi centenario nel 1997, è molto nutrita e entusiasta. Salvo le riserve: l’impegno politico prevalente, la cantabilità, la facilità di metrica e di rima del cantastorie, qual era stato e si professava. Da narratore in piazza, seppure non di cavalieri e amori ma di questioni sociali. Per Pasolini Buttitta era l’immagine del poeta, anche fisica, nella figura, la dizione, la gesticolazione – che forse lui non apprezzava.
Questa riproposta fa invece intravedere un poeta diverso. Siciliano certamente come vogliono i suoi curatori, è nato e vissuto in Sicilia, si esprime in dialetto. Ma non più di tanto, che altro vuol dire “siciliano”? Buttitta non ha temi folkloristici né tradizionalisti, o gingoisti. “La peddi nova” è la sua prima raccolta dopo l’incontro col Partito: con Pasolini, Répaci, Zavattini, Vittorini, Guttuso, Quasimodo. Ma è anche la sua “Vita nova”. Qui abbandona le stanze e la cantabilità, per una serie di immagini ancora feconde, seppure rincorrendo apologeticamente i temi politici e sociali del momento. Altre amicizie ne tenevano desta la lingua e la fantasia, con Mario Soldati, Cocchiara, Carlo Levi, Debenedetti - e col solito Bassani cui si deve il meglio del secondo Novecento, che la raccolta pubblicò cinquant'anni fa da Feltrinelli. Senza perdere il gusto degli “Straffetti e canzuni”, molti dei quali riesuma. Compreso l’inno a “Sariddu lu Bassanu”, fascista e italiano, al ritmo di Gano di Maganza – o di Magonza. In effetti Ignazio Buttitta era uno spirito forte, molto teatrale, ma non strafatto né superficiale, spontaneista ma capace di lavorare l’espressione. Il libro, senza l’ombra sua grande, ne fa fede.
Ignazio Buttitta, La peddi nova, Sellerio, pp. 216 € 14

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