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lunedì 12 agosto 2013

Dante sta bene all’inferno senza filologia

È l’originale latino, con la traduzione, del testo voluto nel secondo Duecento da Alfonso X di Castiglia, “il Savio”, di una redazione del racconto tradizionale mussulmano del miraj, l’ascesa del Profeta a Dio. Col saggio di Maria Corti, uno degli ultimi della filologa che per tanti aspetti si può dire una dantista (“la ragazza che s’innamorò di Dante” titolava il necrologio Cesare Segre: hanno molto Dante le sue due ultime raccolte di saggi), la quale voleva riportare la “Divina Commedia”, e Ulisse, con le colonne d’Ercole, e a ben leggere la Scolastica, insomma mezzo Occidente, alla tradizione islamica - lei direbbe alla comunanza di vite mediterranea, che ora si è persa, ma è lislam che la affascina, il suo Mediterraneo cominciava e finiva a Otranto.
Ora che è in lettura per tutti si vede che “La Scala” non ha nulla a che vedere con la “Divina Commedia”: Dante non ha copiato né plagiato, tanta filologia per nulla. L’avrà magari letto, più probabilmente ne ha sentito parlare, del viaggio ultraterreno all’inferno con ascesa al paradiso, non una grande novità – né un’esclusiva. E con ciò?
Libro della Scala di Maometto, Bur, pp. LXXIX + 365 € 13

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