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mercoledì 2 dicembre 2015

La rivolta di destra

“È piuttosto sorprendente che la maggior parte degli scrittori tentati dal fascismo venga considerata composta di individualisti accaniti, mentre la dottrina fascista e quella nazional-socialista sono strettamente anti-individualiste”, riflette a un certo punto lo studioso. Non è la sola incongruneza. I grandi scrittori che erano stati fascisti dopo la guerra furono dichiarati pazzi: Hamsun, Pound e, indirettamente, Céline. Non c’era altra etichetta possibile. L’anticapitalismo, “antimaterialismo morale”, forse. E la sfiducia nel progresso, che poi diventerà comune, a destra e a sinistra: l’incertezza della condizione umana, metafisica, fisica e materiale - ma non sempre: ci sono anche utopie in questo realismo, in Pound e in Hamsun, per non dire del progressismo di Marinetti et al.
Si riedita l’analisi dei “dieci scrittori attratti dal fascismo”, che lo studioso finlandese approfondì come tesi di dottorato – dunque molto annotata - e pubblicò in francese nel 1972. I dieci sono in realtà tre: il titolo originale è “Drieu, Céline, Brasillach et la tentation fasciste”, sgrossati nell’ordine - più Drieu,  meno Céline e meno Brasillach. Gli altri sette entrano a puntellare qui e là l’argomentgazione: Hamsun, Pound, Gottfried Benn, Jünger, Marinetti, Evola, Chateaubriant. Più un certo numero di tedeschi poi dimenticati. La platea dei simpatizzanti è peraltro più vasta,  in Francia e in Italia – Kunnas ne analizza ultimamente un’ottantina, in un’opera appena uscita in finlandese di cui annuncia la traduzione, “Il fascino del fascismo”.
Il fascismo ha attratto molti intellettuali. Anche chi (Céline, Drieu) era antinazionalista. Anche chi non era antisemita – Gottfried Benn anzi si riconosceva ebreo. Anche qualche antimilitarista (Céline). Socialisti (Céline, Drieu) e tradizionalisti, conservatori (Jünger) o rivoluzionari (Evola). È difficile trovare una ragione comune di appartenenza. Kunnas ne trova molte, e alla fine nessuna. E il motivo è forse l’approccio che sceglie per venirne a capo, e che sembra meritorio: interpretare il pensiero politico degli scrittori nelle loro opere letterarie, di creazione. Un complemento letterario alle tante “radici” del fascismo che la storiografia è venuta svolgendo nel secondo Novecento.
C’è il tema spengleriano della decadenza, specie in Germania. Ma anche in Evola, e in Pound. E in Drieu evidentemente, lo scrittore che più minutamente Kunnas analizza. C’è la violenza creatrice, in molti, compresi l’antimilitarista Céline e il naturista Hamsun. Accanto a molto pacifismo, per esempio di Céline: la guerra in lui, e in Drieu, che l’hanno vissuta, è sempre brutta. C’è il nazionalismo. Ma più spesso in forme paradossali, antinazionaliste: Pound naturalmente, e Céline. C’è il vitalismo, al solito mescolato col nichilismo. L’anti-intellettualismo, forse il dato più comune e costante – ma pur sempre opera di forti intellettuali, fortissimi (Evola, Jünger, Marinetti, lo stesso “spontaneo” Hamsun). La decadenza dell’Europa, tema mistico. E il fascismo naturalmente, ma di pochi e a tratti, Pound, Brasillach, e il solito Marinetti.
Kunnas procede anche con spreco di Nietzsche, che invece è difficile rintracciare nei dieci - non in Jünger, né in Pound, Céline, Hamsun, solo in Evola, in parte. E di “machiavellismi”, che – checché la parola voglia dire – non si possono certo imputare al fascismo, esplicito e diretto fino alla brutalità. Una novità, ancora oggi, è la sensibilità religiosa – cristiana – del nazifascismo, che impregna Drieu, Brasillach, Chateaubriant, Hamsun, e pure Céline: “l’ideale del sacrificio, l’ideale dell’oblio di sé, l’ideale della povertà”.
Queste categorizzazioni non si applicano però a Céline. Scrittore tragico, pamphlet inclusi. Dal lato nero della vita, non solare. Di cui ha però tanta nostalgia. Né a Pound, che ha, e si propone nei “Cantos”, un forte senso della storia, omerico, eroico – cantore del genio e della forza, dell’eccezionalità della vita, di cui fu operosissimo artigiano. Tra le due guerre e dopo, due età dominate senza soluzione di continuità dall’ideologia, che ne ha fatto dei rivoltati. Romantici in ritardo, più che altro, nell’età delle ideologie - dei partiti politici e le false coscienze..
Di Céline molte tracce sono sbagliate. Nel suo primo scritto, la tesi su Semmelweiss, il giovane medico mostra un disperato bisogno di razionalità: “La ragione non è che una piccola, piccola forza universale”. È così. “Non si insiste sufficientemente sulla misantropia di Céline”, subito dopo, è invece una falsa pista: Céline ha un senso sempre acuto dell’ipocrisia ma anche dell’amicizia, non maltratta mai i poveri che cura, è forse lo scrittore del Novecento più attento alla femminilità, in forma di persone e personaggi, affascinato senza riserve. Ma anche agli altri le categorie si applicano male. Drieu, per esempio, è un europeista nato, da prima ancora della delusione nella Grande Guerra – fino a credere all’occupante tedesco come a una promessa d’Europa (che sembra ridicolo ma non lo è).
Una ricerca datata. Lo stesso Kunnas ha ora approfondito la ricerca – oltre ad averla allargata ne “Il fascino del fascismo” - con un “L’ambiguità del male”, appena tradotto in francese. E tuttavia ancora inesplorata. In Italia. In Italia il tema è tabù, e il libro ancora oggi, a quarant’anni dalla prima pubblicazione, quasi esoterico, benché apprezzato dagli studiosi, Serra, Gentile, De Felice e molti altri. De Felice lo dice nella “Intervista” addirittura “il più bel libro mai scritto su quel tema difficile e irto di trabocchetti che è il discorso sull’ideologia fascista”. Per i molti la destra “non esiste”, alla romana, non è mai esistita.
Tarmo Kunnas, La tentazione fascista, Settimo Sigillo, pp. 308 € 25

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