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martedì 25 aprile 2017

Secondi pensieri - 304

zeulig

Chiesa – “L’individuo all’interno della Chiesa è, per quanto indegno, parte del Corpo di Cristo, nonché partecipe della Redenzione. Per capirlo la Chiesa non fornisce un prospetto informativo. È questione di fede e la Chiesa non può costringere nessuno a crederci.”. Il credente può “soltanto dire, con Pietro: Signore io credo, aiuta la mia incredulità” – Flannery O’Connor, “Sola a presidiare la fortezza”, 81. Credere si fa per non credere?
La chiesa si propone, può proporsi, come veicolo di libertà – che non può essere anarchica? La fede altrimenti non ha senso.

Dogma – Un divieto che è un segnale di libertà? “Il dogma non può in alcun modo limitare un Dio Illimitato”, Flannery O’Connor scrive all’amica tentata dalla conversione: “Chi è fuori dalla Chiesa gli attribuisce un significato diverso da chi ne è all’interno”. Il dogma la scrittrice definisce “solo una via d’accesso alla contemplazione”, e quindi “strumento di libertà, non di costrizione: salvaguarda il mistero a tutto vantaggio della mente umana”.
La ragione ha bisogno di mistero, ha bisogno di dogma?

Donne filosofe - Quando si parla dell’intelligenza delle donne si citano Schopenhauer, Kierkegaard, “la riflessione è per un animo femminile quello che sono le caramelle per il bambino, in piccola quantità fanno bene, en masse fanno male”, Nietzsche. Ma sono donne i filosofi che leggono la storia, come già Ipazia, e la sua autrice Olympe de Gouges, la rivoluzionaria delle “Riflessioni sugli uomini negri” e la “Dichiarazione dei diritti della donna”, ghigliottinata da Robespierre, disconosciuta dal figlio, il vice-generale Aubry de Gouges. Il Novecento ne è pieno: Arendt, Weil, Edith Stein, Lou Salomé, Rosa Luxemburg. Che in carcere cantò la sofferenza dell’animale, mentre fustigava i socialisti che votavano la guerra, nel non anonimo “Junius Pamphlet”, in ricordo del vendicatore Lucius Junius Brutus, procurandosi ostilità fatali, e tuttavia con ragione: “O socialismo o barbarie”. O la temibile Ayn Rand, innominabile, più forte di molti. Per un revival tomistico e agostiniano durevole, di filosofe anche ebree. E Zambrano, Frances Yates, Agnes Heller, Jeanne Hersch, la filosofia come stupore. Che il diritto di essere uomo ha trovato in tutte le culture in tutta la storia – falso ma suggestivo. E Blixen, Murdoch, la stessa Campo, benché vittima dell’idea che la vita non merita un libro, non si è per essere perfetti. E Luce Irigaray. In grado di leggere la modernità, in una filosofia che per il resto è riletture, di lingue morte. Non da ora, certo, da Eloisa e Ildegarda dopo Ipazia, tutte belle. E Sophie de Grouchy. Maria Gaetana Agnesi, filosofa e matematica. Cristina Belgioioso, che fu pure pratica. Repertori se ne sono redatti, di Apollodoro in antico, Gilles Ménage a fine Seicento.

Miss Anscombe, che girava tarchiata in pantaloni sformati e giacche maschili, fumava sigari, scalava monti, la “vecchio mio” di Wittgenstein, la sola donna ammessa ai suoi seminari, una dei pochi che lo capirono e per questo non l’ha seguito, buona moglie e madre di sette figli, fu filosofa definitiva da ragazza della guerra atomica del signor Truman. Il papa balbettante sul profilattico rinsaldando poi con un dovere di castità che non trovò critici. E sull’aborto. Contro cui tanto ha detto che l’hanno arrestata, con le figlie. Né si poté dirla di destra: non si seppe che obiettarle. È che la filosofia s’è fatta donna. Nel senso di femmina, non di padrona. La filosofia è delle donne nel senso che si consolano. Ma pure per il pensiero, una bella schiera fanno che realizza la “madre intelligenza” di Dante.

Pure Schopenhauer si può dire le Schopenhauer. La nonna paterna fu pazza dichiarata, la madre Johanna autrice di romanzi e ricordi lunghi ventiquattro volumi, nel tempo libero dai sollazzi con ganzi giovani, fino in tarda età, la sorella Adèle segretaria solerte di Goethe e della madre, nonché filosofa, autrice di fiabe, femminista amica di Annette von Dröste-Hulshoff e Bettina Brentano, benché ostile all’amore sororale – e maschile: ebbe inutilmente cicerone a Roma, quando ci venne con la nuora Ottilie sulle orme di Goethe, il bel giovane poeta Poerio. La rappresentazione di Johanna delle battaglie di Jena e Auerstadt è modello di pagine celebri, in “Guerra e pace” e “Il Rosso e il Nero” – suo prioritario impegno durante l’occupazione essendo peraltro lo studio dell’italiano, dopo l’amore. Lui si fece filosofo per non lavorare, apprendista mercante. Per lo stesso motivo lasciò alle due donne la gestione dell’eredità. Tempestandole d’insolenze: l’ossessione del capitale gli fece sospettare che lo volessero morto. Con la rendita visse agiato e lasciò una grossa eredità, senza eredi.

Quando si farà la sommatoria del Novecento, che ne resterà? Due donne, una è Arendt l’altra è Simone Weil, che è pure santa – anche se il solito gesuita non manca a sostenere che in lei non c’è nulla di cristiano. Oltre a Popper, che però non si può dire, dovendo essere malgrado tutto “impegnati”. “La mia opinione è che non sono una filosofa”, dice Arendt di se stessa:“Prendo congedo dalla filosofia. Nessuna filosofia, nessuna analisi, nessun aforisma, sia pure profondo, può avere l’intensità e la pienezza di senso paragonabili a quelle di una storia ben raccontata”. È quanto basta per metterla in filosofia.
Anche l’identità come dono che gli altri ci fanno non è male: essere uno Schlemihl, l’ometto senza ombra, ha dei lati buoni. O la storia come vita, “ogni vita umana racconta la sua storia, e la Storia diventa alla fine il libro dei racconti dell’umanità” - Schopenhauer conciso e senza astio. Senza contare che molti filosofi sono donne. Nietzsche sopra tutti, il figlio del padre, la cui fortuna fu opera della sorella Elisabeth, che lo sovrastò pure nella follia, e delle amiche.

Luna – Non entusiasta della filosofia delle nuvole (v. sotto), Gilles Ménage fa posto nella “Storia delle donne filosofe”, anche a una filosofa della luna in terra, Aganice. Ad Antusia, che fa parlare le nuvole, dice Ménage, “mi tocca anche aggiungere la seguente”: “Aganice, figlia di Egetoro di Tessaglia, abile nell’esame della luna piena durante l’eclisse, avendo dedotto per ragionamento a quali momenti la luna era mascherata dall’ombra, persuase le donne che potevano farla discendere dal cielo - Plutarco ne testimonia nei suoi «Precetti sul matrimonio»”. Una filosofia per le donne, dunque.

Nuvole – Ménage, “Storia delle donne filosofe”, ne fa materia di una ramo della filosofia. Nella persona di Antusia, filosofa di Agea in Cilicia, di cui Fozio attesta che “aveva scoperto l’arte di predire a partire dalle nuvole, arte che gli antichi non conoscevano nemmeno per sentito dire”. Non una ciarlatana, una studiosa: “Fino ad oggi, Antusia non ha smesso di studiare il modo di predire l’avvenire con la divinazione delle nuvole”.
Ménage si basa su Gaffarel, l’autore delle “Curiosités incroyables” (in realtà delle “Curiositez  inouyes sur la sculpture talismanique des Persans , horoscope des patriarches et lecture des estoilles”), curiosità incredibili”, per sostenere che “le nuvole parlano in molti modi”. E conclude: “Come la contemplazione delle nuvole è una parte della fisica, la fisica una parte della filosofia, e l’astrologia, come dice Aristotele al cap. 8 del XIIImo libro della sua «Metafisica», è una filosofia teoretica, ho deciso di aggiungere questa Antusia alle donne filosofe”.

zeulig@antiit.eu

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