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martedì 26 settembre 2017

Secondi pensieri - 320

zeulig

Effimero - È un reagente? Una coltura? L’essere? È l’effimero che dà senso alla natura e agli uomini. È la nebbiolina che crea i miraggi, e non c’e altra veduta.
A lungo l’apparenza fu ritenuta in antico una proprietà profonda, da Plinio, Teofrasto, Dioscoride. Era segnatura, in quanto indicava l’analogia, se non l’identità, tra il creato, piante, animali, pietre, metalli, e il corpo umano, una filosofia del mondo. Ma è dell’effimero come dell’uomo cavo scoperto da T.S. Eliot, che è un troppo pieno. Di sé, della storia. Fino ad attuare il sogno di Carl Schmitt, del Don Capisco professore all’università.

Essere – È non-essere, certo, anche: se le antinomie non scalfiscono l’io - la coerenza (intelligenza) - aiutano a tenerlo su, e anzi a costruirlo. Come tutto, si definisce per il contrario, anche. È un essere-non essere, che altro?  
Definire è il problema, che non è propriamente essere, ma capire, classificare, comunicare. Se l’essere non è comunicare – essere cognito.

Esistenzialismo – “L’esistenzialismo tratta la vita al modo di un thriller”, Guido De Ruggiero, “L’esistenzialismo”, 1942. Non un complimento nelle sue intenzioni, e tuttavia. La filosofia viaggia al modo di un thriller, a meno che non si faccia a riprova si un assioma o assunto.

Eroe - Molti che si pensano eroi, produttori di miti oltre che di fatti, ne sono il prodotto. Talvolta non voluto.

Filosofia – Si può fare filosofia come Ninon de Lenclos, a letto. Morendo, Ninon lasciò la biblioteca a Voltaire, che allora aveva dieci anni. O come Maupertuis, Cabanis e lo stesso Condorcet, per stare in società. Helvétius unificò i due metodi, il bell’uomo che s’allenava la mattina prima di colazione con le serve per servire poi le dame del bel mondo, quando scoprì che la filosofia facilita il corteggiamento. O si può farla con metodo omeopatico, alla Schopenhauer, il collerico Buddha occidentale che ogni pensierino diluisce in cinquanta pagine. Lamentando l’impossibilità di filosofare per “l’inquietante oscurità fatta di periodi pesanti e interminabili” dei filosofi, “espressioni strane e ricercate, parole inventate, per stupire il lettore e fargli credere che, quanto meno riesce a pensare leggendo, tanto più avrà pensato l’autore”.

Per il filosofo – Schopenhauer, chi altri ? - “c’è più erba per i filosofi nelle valli della stupidità che sulle alture dell’intelligenza”. Sarà dunque la filosofia fiuto. Non riflessione ma l’ebrietà della mente, un profumo leggero, un sapore da disappetenti. Si può dire la filosofia anoressica, perfetta sul nulla. Che è la sua vocazione originaria, lo sa Condorcet in Chi ha tradito la filosofia?: “I saggi greci, che hanno preferito essere chiamati più umilmente filosofi, o amici della scienza e la saggezza, si sono smarriti. Hanno trascurato l’osservazione dei fatti per dare sfogo all’immaginazione. E, non potendo poggiare le opinioni su prove concrete, hanno tentato di difenderle con sottili argomentazioni”. Giocando con le parole “fino a esprimere, con uno stesso segno, idee differenti”. Talvolta è servita: Euclide di Megara approfittava del divieto imposto ai megaresi di recarsi in Atene per introdursi di notte a casa di Socrate in abiti femminili. Ma per fare che?

Filosofia tedesca - - Voleva essere buona. Si attribuisce alla filosofia tedesca il nichilismo che ci affligge. Ma da Kant a Novalis non voleva che l’unità delle nazioni cristiane, una chiesa veramente cattolica. Il realista Hegel solo introduce “serietà, sofferenza, pazienza”, e il recupero del negativo.

Gelosia – “La gelosia esiste soltanto quando esiste il desiderio”, si trincera dietro l’incontestabile lo scrittore Graham Greene in “La fine dell’avventura”, romanzo di adulterio e gelosia, nel quale è più prodigo di sapienzialità – aggiungendo: “Ma di un desiderio più vicino all’odio che all’amore”. Questa saggezza però accosta a un altro tipo d verità: “Gli scrittori dell’Antico Testamento erano fanatici dell’espressione «un Dio geloso», e forse era quello il loro rozzo modo indiretto di esprimere la fede nell’amore di Dio per l’Uomo”. Rozzo, indiretto? Ma il Dio geloso non va trascurato.

Giudizio – È il metro della storia, e il reagente. Ne è anche l’artefice? Col senno di poi non si fanno errori. Ma la storia non esisterebbe, non staremmo a raccontarcela.

Hegel – Fu filosofo per essere pio teologo, e consolatorio: ha riportato Cristo in terra, l’eternità nel tempo.

Male - Dopo l’incauto Benjamin, si collega il male all’elemento artistico, se non estetico. Sia il male privato che il politico, il totalitarismo: statue, inni, parate, mausolei. Oggi twitter e la messaggistica,, tutta fulminante. Come i nanetti nelle case delle democrazie. È possibile. I mormoni dell’Utah credono che la vita continua in cielo, e dunque non è da escludere che l’evoluzione faccia di ognuno Dio, in grado di crearsi un proprio mondo, con un’etica e un’estetica. Hitler potrebbe avere anticipato questa evoluzione.

Modernità - Individuum est ineffabile, questo caposaldo della letteratura romantica, che Goethe deve avere mediato da qualche precettore pretastico, è solo vero. Lo era già dall’Umanesimo. Tuttavia l’uomo moderno già in Goethe è uno che pensa male, lo diremmo un depresso cronico, perché “pensa male di sé”.  

Morte – Nessuno crede alla propria morte, ovvero che ognuno è convinto inconsciamente di essere immortale, sostiene Freud. Spiegando così le religioni, che nascono per consolare l’uomo della morte, inventandosi vite ulteriori, nonché anteriori, tra metempsicosi e reincarnazioni. Ma uno vive bene perché è precario, nasce cioè e muore: i veri piaceri della vita, veri nel senso di appaganti, infanzia, innamoramento, creazione, sono legati a questo ciclo. Con l’età e la morte va la malattia, d’ordinario, e questo non è bene, il dolore consuma, ma è un altro problema.
“La caducità è un valore di rarità”, altro tema di Freud, invece è ben detto: il limite imposto al godimento lo impreziosisce. Siamo abituati alla natura che si rinnova nelle stagioni, e alla durata o permanenza dell’arte, quella della pietra fino a oggi, domani dell’immagine e l’ombra, o della luce. Non si rinnova invece, e non dura uno sguardo, un gesto. Ma la sua immagine sì, il ricordo. O la speranza, il desiderio, il sogno a occhi aperti: sono la nostra natura e la radice dell’ente, con la morte si convive.
La vita non è la casa di Swift, così perfezionata nelle regole dell’equilibrio che se vi si posava un uccello sarebbe crollata.

Paradiso – È terrestre: veniamo da un giardino sempreverde, di suoni armoniosi. Il mito fondante dell’ebraismo, religione della colpa, e del cristianesimo, è un paradiso terrestre, nel quale pure Dio passeggia, senza offesa. Ma dopo? È il rivelatore, per contrasto, dell’ignoranza, risentita come colpa.

Tempo - Se è vero che il divorzio tra tempo e eternità è incolmabile alla filosofia, allora è la fine della filosofia.

Verità – Viene su molte bugie.


zeulig@antiit.ei

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