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venerdì 29 settembre 2017

Il mondo com'è (318)

astolfo

Affare Coverley – Il processo più lungo e celebre dell’Inghilterra può spiegare la vecchia-nuova Inghilterra del Brexit. La sua opinione pubblica, che i gialli eccitano senza limiti. Il processo - due processi in realtà - durò otto anni, dal 1866 al 1874. Durante i quali molti eventi scossero il mondo - la sconfitta dell’Austria, i prussiani a Parigi, l’impero tedesco, la Comune - ma non gli inglesi. Non quanto il processo che seguì l’affare Tichborne – “Affare Croverley” fu il titolo definitivo che fu dato a Parigi dal commediografo franco-napoletano Henri Crisafulli nel 1876 a una sua messa in scena dell’affare, “L’affare Tichborne” essendo stato bloccato dalla censura.
Tichborne, un gigante di 150 chili, era forse un assassino e un brigante, di sicuro un imbroglione. Che alla fine fu condannato. Ma era amato dall’opinione pubblica: all’appello finale del suo difensore, 150 mila persone scesero in pazza a Londra per professarne l’innocenza e reclamarne la libertà. Questa manifestazione impressionò tutta l’Inghilterra, Parigi, i giornali americani. Non era la prima manifestazione. Per tutto il corso dei due processi, e soprattutto tra i due, manifestazioni spontanee si accendevano qua e là in Inghilterra, sempre a favore di Tichborne, precedute da fanfare, con inni, bandiere e cartelli. Lo stesso presunto Tichborne, una specie di colosso, di 150 chili per un metro e novanta, veniva accompagnato ogni mattina al processo da manifestazioni di questo tipo.
Il caso appassionò l’Inghilterra per un decennio. Un tizio che poi sarà identificato variamente, Thomas Castro, Arthur Orton, e altri alias, che i giornali labellarono Il Pretendente, pretendeva essere l’erede dei baroni Tichborne. Dopo la morte presunta dell’ultimo barone, Roger Tichborne, in un naufragio nel 1854. La madre, convinta che il figlio sia sopravvissuto, pubblicò per anni annunci nei giornali dell’impero – era persuasa che fosse sbarcato in qualche modo in Australia – con l’offerta di sostanziose ricompense per informazioni utili. Dieci anni più tardi un macellaio impecunioso di Wagga Wagga, nel Nuovo Galles del Sud in Australia, conosciuto col nome di Thomas Castro, afferma di essere il barone scomparso. Portato a Londra, è riconosciuto dalla madre del barone, che intanto aveva perduto anche figlio cadetto. Il vecchio tutore e gli altri familiari insistono che Castro è un impostore, ma la baronessa non cede. Assegna al macellaio una rendita di mille sterline l’anno, fa pubblicare la notizia del ritrovamento dal “Times” e lo accompagna in Inghilterra come suo proprio figlio. D’accordo con lei l’avvocato di famiglia e il medico. Anche alcuni nobili, parlamentari, ufficiali e lo stesso attendente del barone scomparso sono persuasi che sia lui. La corpulenza, mentre l’originale pesava meno della metà, non è presa in considerazione. Né un difetto ai genitali, che i medici riscontrano nel Pretendente, e il barone non aveva. La famiglia però non segue la madre: non intende mettere i beni appena acquisiti in mano a un avventuriero, e in tribunale riesce a provarlo: quello non è il Tichborne scomparso. Le prove risultalo evidenti, e l’impostore viene condannato.

Brexit – La Gran Bretagna è un paese tenuto assieme dall’insularità, nell’analisi di Oswald Spengler subito dopo la Grande Guerra, “Socialismo e prussianesimo”. E un ventennio dopo di Ernst Jünger, “Terra e mare”. Aperto al commercio, che è il suo unico interesse, spiegava Spengler: in altro contesto territoriale si sarebbe dissolto. 

Catalogna –Non ha generato molte simpatie, non con l’indipendenza – la retorica del referendum è bizzarramente anticlimax. Nemmeno a fronte del maldestro intervento del governo centrale. Dimenticata perfino la solidarietà per la strage a Barcellona dell’Is, appena un mese fa. Barcellona stessa non è più in cima ai sogni giovanili, delle generazioni erasmus, malgrado la marijuana libera. Perfino la squadra di calcio non è più popolare, benché sia tornata vincente – Cristiano Ronaldo del Real Madrid si celebra a preferenza di Messi. Non in Europa. Ma neanche, stando ai media, nella stessa Catalogna.
La vicenda non è  passeggera: una incrinatura si è prodotta, permanente. Per i catalani, indipendentisti e non, non sarà una vita facile dentro la Spagna, non per un paio di generazioni. In Spagna l’incertezza, se non è sgomento, si può capire: si vuole un passo indietro di sei-sette secoli, che è un salto nel buio. Senza nessuna storia d’ingiustizie o prevaricazioni da vendicare, giusto per un capriccio. Fuori si teme il contagio: lo stesso iter disintegrerebbe l’Europa tutta - l’autonomia  non si protegge con l’indipendenza, ci sono paletti.     

Francia-Germania – Tre guerre, di cui due perse dalla Francia disastrosamente, 1870 e 1940, e una vinta dalla Francia, 1914-198. Ma non è un quasi pareggio, argomenta Michel Tournier , lo scrittore francese incondizionato germanofilo. Il “ma” non è avversativo, Tournier argomenta per salvare la Germania, la potenza imbattibile: “La vittoria della Francia nel 1918 costituisce un paradosso che esige una spiegazione”.La spiegazione è che il kaiser Guglielmo II aveva dirottato i fondi per la guerra dall’esercito alla marina, perché voleva una marina militare più grande di quella dei suoi cugini inglesi. Inoltre, puntando sulla marina, costrinse la Gran Bretagna, che non aveva nessun interesse alla guerra continentale, a schierarsi con la Francia. E poi, nel tempo, trascinerà nella guerra anche gli Usa.
La tesi non è nuova – la colpa è del vecchio kaiser rimbambito – ma nuovissima di conio francese.

Nazi-comunismo - In tedesco si dice nazibolscevico, o anarcoreazionario, figure della “rivoluzione conservatrice”. Che è di Dostoevskij prima che di Thomas Mann e Jünger. C’è ambivalenza. C’è un testo calzante di Simone Weil che si rimuove, “Dall’emiciclo alla rotonda”, sulla passione politica quando è totalitaria: “Quante volte, in Germania, nel 1932, un comunista e un nazista, parlando per la strada, devono essere stati colti da vertigini mentali constatando che erano d’accordo su ogni punto!”
Il movimento parallelo di destra e sinistra ci fu anche in Francia e in Italia, sebbene diverso che in Germania. Doriot, Déat, i fascisti francesi venivano dall’ultrasinistra. O Paul Louis, che fu comunista, si salvò a Vichy, e poi fu socialista. Bombacci, nomen omen, passò da Mosca a Salò. Ma non isolato, la Toscana, l’Emilia ne sono piene. Il caso preclaro è ovviamente Mussolini. Che nella settimana rossa del giu-gno 1914 mobilitò, più o meno da solo, tre milioni di lavoratori, in piazza, contro la guerra. Di cui poi fu sostenitore, anche prezzolato.
Arthur Moeller van den Bruck, autore di “La bellezza italiana”, editore di Dostoevskij in Germania, alla rivoluzione conservatrice dedicò l’opera maggiore, “Il terzo Reich”, che lo storico delle religioni Delio Cantimori devoto tradurrà, ma presto si uccise, nel ‘25, la repubblica col dollaro a miliardi di marchi non essendo né rivoluzionaria né conservatrice, mentre Hitler gli si rivelava di “proletario primitivismo”.

La storia di Cantimori è sorprendente. Claudio Baglietto, il giovane studioso di cui Cantimori prese il posto, era andato esule per non prestare giuramento al Duce alla leva. Cantimori invece, riformato, prese la tessera subito dopo l’assassinio di Matteotti e avrà un successo immediato al primo concorso a cattedra, con esilio breve a Messina e cattedra a Roma creata apposta da Gentile. L’anno della guerra di Spagna sposa Emma, maestra di tedesco e di studi germanici, comunista, lui fascista, figlio di futuro repubblichino, mentre declama saggi sulle Dottrine politiche del nazionalsocialismo” e traduce in “milite del lavoro” il semplice Arbeiter di Jünger. La stessa traduzione che Mussolini ne aveva fatto, retore bolso malgrado la propaganda futurista, nel famoso discorso “Agli operai di Milano” che traviò Pound. Sarà comunista nel ’43, ma finirà col bere per la vergogna. È vero che era il fascista più legato ai comunisti, secondo il futuro segretario del partito Comunista Italiano  Alessandro Natta, suo allievo alla Nor-male. Il più convinto nazionalcomunista, altra figura del nazifascismo.
Diffusamente Weimar sentì a destra l’attrattiva del “bonapartismo di sinistra”, il leninismo quale apparve al celebrato antichista Eduard Meyer. Arnolt Bronnen, nato Bronner, nome d’arte A.H.Schelle-Noetzel, scrittore, drammaturgo, amico austriaco di Brecht, diventò l’amico di Goebbels, per finire a guerra perduta sindaco comunista al paesello. I fratelli Gregor e Otto Strasser, che Hitler espulse dal partito Nazista perché volevano nazionalizzare l’industria, fondarono un Fronte Nero, l’Unione dei Socialisti Nazionali Rivoluzionari, prima di finire l’uno con tutte le SA e l’altro in esilio – uno dei pochi, i tedeschi antinazi non emigravano. Altri passarono con Stalin, a rischio tradimento.

Prussia – Conquistò la Germania a malincuore? È la tesi di Michel Tournier, che fu germanista oltre che narratore, “Le bonheur en Allemagne?”. Gugliemo I, il kaiser che nominò Bismarck cancelliere, dirà della sua proclamazione a imperatore della Germania a Versailles nel 1871: “Il giorno più triste della mia vita”. Per un motivo preciso: per Bismarck l’impero doveva assicurare l’egemonia della Prussia sugli altri Stati tedeschi. Per Guglielmo era, al contrario, “l’inizio della dissoluzione della Prussia in una comunità amorfa”. Dissoluzione che Tournier, con abile dialettica,  dice compiuta da Hilter, prodotto del Sud austro-bavarese cattolico”, che “non ha avuto requie a cancellare con la sua Gleichshaltung la personalità dei diversi Stati tedeschi a cominciare dalla Prussia” . L’attentato di Stauffenberg il 20 luglio 1944 fu l’estrema difesa della Prussia, insiste lo scrittore: “I junker prussiani l’hanno intesa (la Gleichshaltung, n.d.r.) così, e la loro risposta è stata l’attentato del 20 luglio 1944, che ebbe luogo in Prussia orientale e nel quale i più grandi nomi prussiani erano implicati”.

astolfo@antiit.eu

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