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martedì 26 settembre 2017

Gadda addolorato, arrabbiato, beffardo

Per i sessant’anni del “Pasticciaccio” si riedita criticamente “La cognizione del dolore”. Una coincidenza che porta a una rilettura un po’ diversa della “Cognizione”. Diversa dal dolorismo di cui si afligge l’Ingegnere, che è invece anche qui arguto – tra divertito e sgomento – social scientist: acuto, un osservatore della società. Anticipatore anche per il plurilinguismo, e per l’incompiutezza. Quello in senso maccheronico, tra la divagazione e il dileggio. Questa come ribellione del novelist, l’autore di romanzi: c’è il finito della scultura non finita, e c’è il romanzo finito anche senza il lieto-triste fine. “La cognizione del dolore” viene prima, 1938-1940. Il “Pasticciaccio”, prodotto della guerra, divagazione quindi al quadrato, affinando e moltiplicando la vena umoristico-sarcastica agisce retrospettivamente sulla “Cognizione”, del triennio precedente, sulla degustazione della “Cognizione”.
La riedizione non è propriamente critica. È la stessa edizione finora classica, quella Einaudi, Impreziosita dalla storia editoriale del romanzo – un altro romanzo – dei curatori Paola Italòia, Giorgio Pinotti e Claudio Vela. E da vari materiali d’autore, dai bauli delle carte. Un paio di redazioni di un’intervista (autointevista) per “Oggi”, poi non pubbicata. La poesia “Autunno”, di aria brianzola, l’unica pubblicata negli anni 1930, su “Solaria”. La genesi d’autore dell’opera, in un finto dialogo editore-autore sulla madre, con esagerati non convinti elogi. E tre finali per completare l’opera – un ultimo sberleffo. Ma con una una presentazione che ne ribadisce il lato dolorifico, sotto traccia, rispetto a quello arrabbiato-satirico con cui Gadda stende la partitura.
È il romanzo del rapporto infelice dell’Ingegnere, che è figura vigile del racconto, con la madre. Evoluto presto, dopo la guerra, la Grande Guerra, della morte del fratello Enrico, aviatore, dopo quella del padre, verso la conflittualità costante – già nel 1921 Gadda lascia la casa, con la sorella Maria, emigrando in Sud America. E simboleggiato nella “casa”, la villa in Brianza che è l’arma e la scena del delitto, con cui l’ostinata Adele Lehrr, la madre ungherese, professoressa di Lettere, preside, guasta la vita di tutti.
È il libro della “tenebrante angoscia” che l’Ingegnere proponeva? Non c’è una biografia di Gadda, che pure sarebbe di grande mercato, e quindi non si può dire. Ma se ne sa abbastanza: l’Ingegnere le sue nevrosi imputa alla madre. Era stato un giovane come tutti. Spensierato, seppure non al modo prodigale del fratello minore Enrico. E curato: molto curato, nella persona e nella démarche.
È il racconto che sancisce la gloria di Gadda in vita, col Nobel mediterraneo di quegli ani, il premio internazionale Formentor, o Prix International des Editeurs.
Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore, Adelphi, pp. 382 € 24


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