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martedì 10 ottobre 2017

Letture - 319

letterautore


Colombo – Un oscuro marinaio italiano, una figura minore delle esplorazione, un mercante di schiavi, uno sterminatore di indiani, una creazione degli americani, che sono tutti stupidi: Colombo non è più popolare negli Stati Uniti. Dopo avere fondato il sentimento americano, nel Settecento, contro il dominio inglese: l’indipedentismo si elaborò attorno al concetto di Columbia.
Ora, all’improvviso, non è più popolare ma per una serie di motivi e in modi controversi. Non è in regola col politicamente corretto, e col il diritto maggioritario delle minoranze. Di cui è campione oltranzista proprio un italo-americano, il sindaco di New York, De Blasio - forse in omaggio alla moglie afroamericana, come se Colombo fosse stato un mercante di schiavi africani. Ma la correzione politica è confusa.
“The Nation”, l’equivalente americano del “Manifesto”, cultore di tutte le minoranze, lo riduceva ieri, The Invention of Christopher Columbus, American Hero”, a “un mediocre marinaio italiano”, e lo fa “sterminatore di massa”. Un signor nessuno: “Prima del tardo Settecento era una nota a pie’ di pagina, senza collegamento con le 13 colonie”. Giustamente, si può dire: Colombo non era legato alle infamie che hanno creato gli Stati Uniti, lo schiavismo e l’eccidio degli indiani. Ne diventò l’emblema col partito indipendentista: “Era la pagina bianca su cui gli americani post-rivoluzione potevano proiettare le virtù che volevano vedere nella loro nuova nazione” – il coraggio, l’intraprendenza, la costanza, ma Burmila non le dice. Era niente e divenne tutto, spiega lo scienziato politico, sottintendendo “gli americani sono scemi”: “Colombo passò da una figura minore nella storia europea delle esplorazioni a eroe americano da un giorno all’altro”. I portoghesi e i vichinghi andavano a pesca già da tempo in America. E altri esploratori del tempo “hanno titoli migliori alla «scoperta»”: il britannico Henry Hudson, Giovanni Caboto, che anche lui navigava per conto della corona britannica, e Giovanni da Verrazzano – il quale, com’è noto, partì per l’America nel 1523, mentre Hudson arriverà solo un secolo dopo Colombo, e Caboto, che partì per il Canada appena cinque anni dopo Colombo, seguiva le sue intuizioni. Ma non c’è niente da fare: “Colombo non era un marinaio di particolare talento, né un successo nella fondazione di una colonia nel Nuovo Mondo”. Bartolomeo de Las Casas, “nella sua storia basata sui racconti degli equipaggi di Colombo, dipinse Colombo come uno per cui l’assassinio era un’attività di svago”. Fu solo l’autore  “delle atrocità inflitte alla popolazione delle Americhe durante la cosiddetta Età dell’Esplorazione” in Europa.
Sullo stesso tono lo stesso giorno la “New York Review of Books” sintetizza Peter Nabokov: “Colombo tornò dal suo secondo viaggio con oltre mille prigionieri, destinati al mercato degli schiavi a Cadice”. Ma l’articolo dice poi il contrario. Nabokov, aurore di numerose ricerche storiche e antropologiche sugli indiani d’America, recensisce una storia della seconda infamia su cui furono edificati gli Stati Uniti, l’asservimento e lo sterminio degli indiani, nella seconda metà dell’Ottocento – “Andrés Reséndez, “The other Slavery: the uncovered Story of Indian Enslavement in America”. Facendo precedere la requisitoria di Reséndez con lo schiavismo in Europa, a partire dal 1441, quando i portoghesi scaricarono un primo blocco di neri mauritani. Presto il commercio degli schiavi si diffuse in Spagna, e la cosa non poteva passare inosservata “a un imprenditore come Colombo”. Poi, sempre per non entrare nel merito del libro che recensisce, si dilunga sull’affetto e l’ammirazione di Colombo per gli indiani Taino delle Bahamas con i quali era entrato in contatto nel primo viaggio. Ne portò sei di ritorno a Barcellona, da presentare ai regnanti, come persone da ammirare, non “beni mobili”. Al suo secondo viaggio portò ai Caraibi, continua Nabokov, 1.500 coloni su 17 navi, che poco alla volta cominciarono a mettere all’opera i Taino. Ma più che i coloni i Taino dovevano temere le altre tribù caraibiche, i cannibali delle Piccole Antille: mangiavano gli uomini e tenevano le donne e i figli come servi….  .   

Colonna visiva – È “perturbante”. Per l’opera “Re Ruggero” all’Accademia Santa Cecilia, Pappano ha disposto un accompagnamento visivo, commissionato a Masbedo (Niccolò Massazza e Iacopo Bedogni), specialisti di video art e installazioni. Ma non è stata la stessa cosa che la colonna sonora di un film: critici e pubblico non hanno gradito perché “si distraevano”.. Per le immagini irrelate all’opera di Szymanowski, ma di più per la “prevalenza” dell’immagine sul sonoro. Tanto più per essere l’opera una novità praticamente assoluta, non nota.
L’immagine sopporta bene l’accompagnamento musicale, e anzi se ne avvale, la musica non sopporta l’immagine. All’opera è diversa, l’immagine è azione e l’opera è canto, canto in azione. L’accompagnamento visivo, la “colonna visiva”, è invece soverchiante – perturbante, si direbbe in gergo freudiano.

Fontane – È lo scrittore “prussiano” per eccellenza di Spengler, “Prussianesimo socialismo”. Ma fu un  tedesco anglo-francese. E il romanzo “L’adultera” concepiva in italiano. È vero che cominciò a scrivere tardi, il primo romanzo a sessant’anni.

Manzoni – È un allievo di Voltaire. È ben voltairiano – immodesto – l’ “Autoritratto” giovanile in versi: “Capel bruno, alta fronte: occhio loquace,\ naso non grande, e non soverchio umìle”. Un po’ audace, con  “l’occhio loquace”. Ma sicuro: “Lingua or spedita or tarda,\ e non mai vile”. Etc.
S’immagina beghino ed era volterriano. Non era irreligioso, cioè massone, ma questo è il lato debole di Voltaire: Un conservatore illuminato – oggi si direbbe “di sinistra”. Un high tory nella sociologia politica inglese. Un “vero liberale”.
Normalmente accatastato come “cattolico liberale, laico e avanzato”, fu un anticonformista sempre. Anche quando propugnava l’ordine, per esempio nel romanzo. Nella “Storia della rivoluzione francese”, per quanto “incompiuta”, cioè non portata a termine (dopo quasi 400 pagine), molto controcorrente nell’Ottocento, si pone “a destra”, con una critica “radicale” – in realtà molto equilibrata. Ma che ne avrebbe detto Voltare, che era un realista, della rivoluzione – il regicidio, la dittatura, la ghigliottina?
Manzoni aveva sicuro giudizio politico.  

Marx – Anche Marx Spenger voleva prussiano. Per questo aperto all’Europa: appassionato della Francia e quindi egualitario, residente a Londra e dunque mercantilista e moralista.

Turismo – Una volta si facevano le foto dei luoghi visitati e se ne compravano le cartoline. Ora si fa in selfie: il viaggiatore immortala se stesso.

Voltaire – Per sessant’anni, fino al 1752, fu uno dell’establishment reale, ben solido. Studia dai gesuiti, è segretario dell’ambasciatore all’Aia, frequenta la corte. Per aver ironizzato sugli amori di Filippo di Orléans, il reggente, passa alcune notti alla Bastiglia, ma subito poi, appena libero dall tutela,  il re Luigi XV gli fa accordare una pensione dalla regina. Si dedica a operazioni finanziarie, con successo. Per avere avviato la polemica anticristiana, comincia un rapporto stretto con Federico II di Prussia. Per lo stesso motivo  è costretto a lasciare Parigi, ma vive comodamente in casa di Mme du Chatelêt a Cirey in Borgogna, va a incontrare Federico II, e nel 1843 è inviato dal ministro degli Esteri d’Argenson, suo ex condiscepolo, a Berlino per sondare Federico II, alleato instabile della Francia nella Guerra dei Sette Anni. Al ritorno è nominato storiografo del re, ed eletto all’Accademia. Per uno scandalo di corte deve lasciare nuovamente Parigi e si reca a Lunéville, non lontano da Nancy, in casa dell’ex re di Polonia Stanislas Leczynski. Quindi a Berlino ciambellano di Federico II di Prussia per un paio d’anni. Espulso da Berlino a fine 1752, e interdetto di soggiorno in Francia, sempre per l’antireligiosità, diventa allora il Voltaire solforoso.

Torma uomo dell’ establishment vent’anni dopo, all’avvento al trono di Luigi XVI. Il ministro Turgot è suo amico – gli fa un editto per eliminare la dogana tra Ferney e Ginevra. A Ferney Votaire ha creato una fabbrica di orologi e una di calze, che si vendono in tutta Eropa. Il sostengo alla rivoluzione americana esprime con una stroncatura di Shakespeare. Passa gli ultimi mesi di vita a Parigi, tra cerimonie e visite importanti, mentre si fa l’edizione completa delle sue opere, su iniziativa di Beaumarchais.

letterautore@antiit.eu

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