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domenica 8 ottobre 2017

Il museo Piranesi è all’estero

Pierluigi Panza, già autore di “La croce e la sfinge. Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi”, ritorna sul suo personaggio. Con dovizia di documentazione – oltre 400 illustrazioni. Per piranesiani e non: la ricostruzione degli affari dell’incisore si legge come un racconto a ogni pagina sorprendente. 
Piranesi fu ingenegnere, architetto, incisore, calcografo, e tombarolo, contrabbandiere di reperti archeologici. Un commerciante di antichità, con bottega a Trinità dei Monti, nei pressi. Molto abile, come venditore, e come apprestatore delle opere da rivendere. Un po’ contrabbandiere, stanti le reiterate bolle papali contro la dispersione o l’alterazione del patrimonio archeologico. Ma, poi, ognuno aveva libertà di scavo a Roma e negli Stati romani a metà Settecento: ben 64 cantieri Panza conta di scavi inglesi autorizzati.
Moltissimi reperti venduti da Piranesi andarono all’estero. Panza ne identifica 270: teste, busti, vasi, candelabri, bassorilievi, cippi. Oggi disseminati tra 43 musei e collezioni private. La raccolta più cospicua è a Stoccolma, dono del re Gustavo III. I sovrani svedesi a lungo furono di casa a Roma, fino al sovrano regnante, e Gustavo III in un solo viaggio si portò via 96 pezzi.
“Piranesi si è arricchito sopra 100 mila scudi”, calcolava sdegnato l’architetto Vanvitelli. Che era napoletano – certo, di origine olandese. Piranesi era veneziano.
Pierlugi Panza, Museo Piranesi, Skira, pp. 582, ill. € 45


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