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mercoledì 4 ottobre 2017

Secondi pensieri - 321

zeulig

Amore – È simultaneo, biunivoco: si ama perché – se, finché – si è amati. Anche nel corteggiamento, la scintilla scocca perché è scoccata dall’altra parte – quanti incontri non avvengono anodini benché con persone che hanno tutto per innamorare, bellezza, grazia, intelligenza, etc.?
È tutto qui il problema di Dio, si ama Dio e – se - si crede al suo amore per noi (ma già questa simultaneità non è una “prova”?).

Autore – È un Distruttore. Nel mentre che – perché – crea. Nella vita pratica – mondo.
Egoista è parola insufficiente per dirlo, l’egotista di Stendhal. A un certo punto suicida: incapace di amare perché incapace di vedere. La creatività è un mondo conchiuso.

È storico – storicizzato. Nei modi di essere e anche nel senso. L’amore di Ero e Leandro, o Giulietta e Romeo, la fedeltà oltre la morte, porterebbe oggi dall’analista. Per Kierkegaard l’amore è comico. Per la nota regola dialettica per cui la contraddizione è comica, e l’amore è contraddittorio.
Per il Kierkegaard notturno – ebbro? il filosofo scriveva a ore fisse, ma cose diverse, il giorno e la notte, la notte fino alle due, e allora era su di giri, la mattina, fino al tocco, era invece amaro: L’amore è il tema del banchetto notturno di “In vino veritas”. L’amore a tavola di notte è dunque indigesto.
C’è poi a un certo punto la categoria dilagante dell’amore morte. Anche all’Oriente. Con Versailles si fa eco, nel fecondo Settecento, la Cina, o Giappone che sia, col precetto che l’amore è cieco, e si purifica nell’assenza, l’attesa, la memoria. Insomma nella morte. È difficile portare l’amore in piano.

Capitalismo - Casanova è l’Idealtypus del capitalista, che produce per dispersione. Il capitale è anarchico, non si lascia precettare, nemmeno dai borghesi più torvi: è così alle origini, siano esse conquista, guerra, mafia, fortuna, e la natura non si cambia. L’accumulazione è un fatto sociale o generale, come la demografia: la società, la famiglia, il genere umano accumulano perché i singoli si consumano.
Si accumula, e ci si consuma, a più riprese, a differenza dei fuchi - l’uomo è più produttivo. Non accumulare potrebbe dunque, e dovrebbe, essere reato.

Fatto – Si annulla un goal in una partita di calcio, attraverso l’esame detto Var, video assistant referee, ritenuto per consenso ineccepibile, perché l’azione che finisce in goal è iniziata da un calciatore della squadra con una manata contro un avversario. Ma la manata è di reazione a un avversario che aveva placcato il calciatore, cinturadolo: è il gesto istintivo per divincolarsi da una presa sgradita – nella fattispecie proibita e da sanzionare, con una delle sanzioni più gravi (un cartellino).
Visto e rivisto in televisione, come già sul campo attraverso il Vae, l’episodio è analizzato poi per partito preso, in base alle preferenze dei commentatori per l’una squadra o per  l’altra. Questo ha a che fare con un modo di essere o conformarsi dell’opinione pubblica,  quando - nella fattispecie in Italia ,nel 2017 – si vuole partigiana. Ma anche con il fatto. Il fatto è uno, visibile, circoscritto. Ma è scomponibile. Quando se ne vuole estrarre verità (giustizia) è prassi ineludibile scomporlo. 
Il “fatto” è rilevabile per lo storico (la storia) e non solo. Quando Rousseau comincia a riflettere sull’origine dell’ineguaglianza, esordisce con un proclama non superbo: “Scartiamo tutti i fatti!”. Dopodiché, con sciolta dialettica, ricostruisce i fatti come devono essere avvenuti - sempre meglio del Var, e vero, perché no.

Felicità – “La felicità ci annienta, perdiamo la nostra identità”, Graham Greene, “La fine dell’avventura”. In questo, che è vero: “Il senso dell’infelicità è infinitamente più facile da comunicare che quello della felicità” – la felicità è incomunicabile. E anche: “Nella disperazione sembriamo consci della nostra propria esistenza, anche se possa essere sotto forma di mostruoso egotismo”.

Linguaggio –   È non detto più che detto. Il ricercatore che ha denunziato gli accordi tra professori universitari nella distribuzione degli incarichi, si presenta per essere mezzo inglese e mezzo italiano. O meglio, come tale viene percepito: “Su, non fare l’inglese”, gli dice a un certo punto il “suo” professore, che non può dargli l’incarico in quella sessione di concorso, ma lo assicura per la prossima. La differenza è tra il non detto e il detto, cioè nel modo di essere: nell’università inglese lo steso procedimento si attua (“tu qui, lui là”, “lui subito, l’altro dopo”, etc.) ma non si dice, si intende.

Magia – È materialistica. Materiata di cose, fumi, fili, zampe, aghi, salamandre, ranocchi…., per determinare il corpo. La volontà come coazione, non lo spirito.

Morte – In fisica la quiete è morte. Ma non si può dire, forse neanche la morte è quiete, e la resurrezione dei corpi non è un mistero. È un esito fisico: oggi, fino a oggi, siamo stati e siamo tutti morti, o appena nati. O di saggezza popolare: finché c’è vita c’è speranza, domani è un altro giorno – che però è procrastinazione, la filosofia di Via col vento, ritenzione: non c’è domani se non c’è oggi. La natura è irrequieta: non fa che agitarsi, dallo incessante piccolo all’infinitamente grande

Natura - La privazione del desiderio faceva la felicità dello stato di natura nelle contese del Settecento. Ma si può esserne privi nella condizione sociale più dotata di beni, e questo è una contraddizione – con più giustizia dice Longanesi che “vissero infelici perché costava troppo”. E poi, ci si può ancora felicitare dello stato di natura dopo gli studi di etologia e della catena ecologica?
Ma lo stato di natura è bello per questo, è pieno di sorprese – altrimenti bisogna imputare al Settecento un errore di logica elementare, la felicità nella morte.

Odio – “L’odio somiglia molto all’amore fisico”, G. Greene, “La fine dell’avventura”? In questo senso: “Ha le sue crisi e poi i suoi periodi di calma”? No, l’odio è costante. È come la gelosia, volendo collegarlo all’amore, un roditore interno instancabile: l’odio nutre odio.

Suicidio – Viene anche – il più delle volte? – non dichiarato: si può morire senza punti esclamativi. Senza Darwin: la voglia di vivere non è fatale. E senza Pascal: il giocatore punta sulla vita come su Dio, direbbe Pascal, non c’è azzardo nella morte. E tuttavia pure il giocatore vi si può abbandonare, per la fatica, o l’ira, per la stessa placata curiosità.

Tempo – Si può dire quello di sant’Agostino – viene da un futuro che ancora non esiste, in un presente che non ha alcuna durata, penetrando un passato  che ha cessato di esistere: come una iniezione di vita.   

Viaggio – Al tempo dei selfie – il viaggiatore in viaggio immortala soprattutto se stesso, la sua faccia in mille espressioni – rivela grossolanamente la sua natura intima: l’ossessione del sé. Non una fuga dal ma una ricerca del sé. È una uscita dal sé per avviarne-rappresentarne-ricostituirne un sé più intimo – come sfogliare la cipolla. Anche nell’uscita del pensiero, nella riflessione.

zeulig@antiit.eu

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