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domenica 12 novembre 2017

Lo scettico ha fede, in se stesso

La ragione e l’umanità sono dunque “Eteocle e Polinice, nella tragedia di Euripide, i due fratelli che hanno entrambi irriducibilmente ragione e appunto perciò non possono a meno di uccidersi a vicenda”. Nominato a Messina, nel 1916, Rensi vi si scopre scettico, rifettendo sulla guerra in corso, e ne fa qui ripetuamente la professione. Tanto più per essersi poi persuaso che è sempre guerra di tutti contro tutti, anche in pace. Non sulle tracce di Hobbes, che trascura del tutto, ma secondo quanto Alcibiade dice a Pericle nei “Memorabili” di Senofonte: la legge, seppure votata dalla massa contro i pochi, ma “senza averli persuasi”, è sempre “violenza piuttosto che legge”. Anche la politica, anche la giustizia, sono un agone.
Una vindicatio. Una “Autobiografia intellettuale”, assortita da “La mia Filosofia” (titolo originale “Lo scetticismo”) e un “Testamento filosofico”, di nessuna modestia, anzi protesa a stabilire una primazia - fino al punto da redigere la propria, dettagliata, bibliografia. Una professione di fede scettica di un filosofo molto impegnato, socialista di battaglia, in gioventù contro Pelloux a Milano, tanto da doversi esiliare a Lugano, e poi indefettibilmente contro Mussolini, fino alla morte nel 1941 – dopo essere stato fascista sansepolcrista, per la passione prevalente. 
Uno “scettico credente”, giusto il titolo della biografia intellettuale che Ernesto Bonaiuti gli ha dedicato subito dopo la morte. Rilettore assiduo dei Salmi e dei Vangeli. Nei quali rileva, leggendoli nell’originale greco, due errori “di interpretazione” – non “beati i pacifici”, ma “i costruttori di pace”; non “il mio regno non è di questo mondo”, bensì “non deriva da”. Le densissime due paginette del “Testamento”, che chiude la raccolta, sigilla con Democrito e con l’evangelista Giovanni: “Atomi e Vuoto\ e\ il Divino in me”.
Un altro mondo – anche per la possibilità d’inframmettere in un libro “da banco” lunghe citazioni greche, tedesche etc. senza traduzione. Il testo del titolo si fa rileggere per la polemica contro l’idealismo, nel nome del realismo. Il realismo positivista che oggi ritorna, anche se non nel nome di Rensi. Dopo aver superato la comprensibile autocelebrazione - specie da “enunciatore della filosofia dell’irrazionalismo” che ha fatto epoca, in una con, “nel campo dell’arte, il teatro di Pirandello”.
Per il resto, la polemica dello scettico è facile, se egli dice gli altri azzeccagarbugli. Ma dire la logica “vera scienza, in ciò che da Aristotele in poi «non ha potuto fare nessun passo indietro» e «non ha potuto fare nessun passo innanzi»”, mentre fa così “la metafisica, perché essa è così lontana dall’aver realizzato l’accordo dei suoi cultori «che è piuttosto un campo di lotta», e farselo dire da Kant, non è molto, ma stabilisce un punto.

Una storia dello scetticismo conclude “La mia filosofia (lo scetticismo”). Inclusi il “Medio Evo arabo” di Al-Ghazali (che però era persiano) e Averroé (berbero), la Scolastica (Abelardo, Duns Scoto, Ockham), la Patristica (Origene, Tertulliano, Lattanzio), lo stesso sant’Agostino, l’“Imitazione di Cristo” e la “teologia negativa”, Montaigne, Scarron, Huet (“De imbecillitate mentis humanae”). E Pascal. E Kant, anche lui, che dice “ciò che da Sesto Empirico a Hume gli scettici hanno sempre affermato”. È scettica in particolare l’Italia, da Dante e Petrarca in poi: Boccaccio, Ariosto, Pulci, Folengo, Giovanni e Francesco Pico della Mirandola, Machiavelli, Guicciardini, Leopardi naturalmente, e Pirandello.
Giuseppe Rensi, Autobiografia intellettuale

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