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giovedì 25 ottobre 2018

Siamo poveri al 10 per cento


La rilevazione Istat della povertà assoluta si muove su un trend ancora in aumento, più vicino ai 6 che ai 5 milioni di fine 2017, e al 10 per cento della popolazione, invece dell’8,4 della rilevazione di metà anno. Dall’inizio della rilevazione, nel 2005, il dato non ha fatto che crescere, ma più dopo il secondo shock dell’economia, nel 2011, dopo quello del 2008: l’Italia non ha assorbito la crisi, i cui effetti anzi perdurano.
Corollario alla crescita della povertà assoluta sono il disagio sempre maggiore dei redditi medio-bassi – il nucleo centrale dei redditi - e il gap generazionale. Qui vale ancora la diagnosi della Relazione annuale della Banca d’Italia di fine maggio, che non ha avuto eco, benché molto allarmata – la perdita di reddito, in termini reali, è valutata sul 25 per cento. Inoltre, stanno relativamente meglio i pensionati dei salariati in attività
Meglio pensionati che in attività
Vale la pena rileggere la Relazione annuale su questo punto:
La crisi economica ha lasciato un’eredità pesante alle famiglie italiane, ma assai differenziata tra le diverse generazioni. Tra il 2006 e il 2016 il reddito equivalente reale si è ridotto del 20,9 per cento per le persone che vivono in nuclei “giovani”, ossia quelli con capofamiglia con meno di 40 anni; è invece aumentato dell’1,6 per cento per le persone appartenenti a famiglie “anziane” (quelle il cui capofamiglia ha più di 65 anni. Queste ultime nel 2006 percepivano il reddito equivalente più basso nel confronto fra generazioni, mentre nel 2016 sono state tra quelle con il reddito più alto. Anche il rischio di povertà, che nel 2006 era su livelli
simili per i due tipi di famiglie, negli ultimi dieci anni è cresciuto per le persone appartenenti ai nuclei giovani, risultando nel 2016 circa il doppio del rischio in cui incorrono coloro che vivono in famiglie anziane (al 32,5 e al 15,7 per cento, rispettivamente.
“Tali sviluppi riflettono la maggiore ciclicità dei redditi da lavoro rispetto a quelli da pensione, nonché il tendenziale aumento tra le famiglie giovani del peso degli stranieri, mediamente connotati da livelli reddituali inferiori. Vi avrebbero contribuito inoltre le caratteristiche del welfare italiano, storicamente più generoso sul piano previdenziale e meno nel sostegno alle famiglie in difficoltà economica. Solo di recente si è iniziato a discutere circa l’introduzione di strumenti di integrazione al reddito delle famiglie povere: una prima misura, denominata Reddito di inclusione (REI), è stata prevista dal D.lgs. 147/2017 ed è divenuta
operativa dal gennaio 2018.
Più disuguaglianza
“All’interno delle singole generazioni è aumentata la dispersione dei redditi equivalenti, soprattutto tra le famiglie giovani. È possibile valutare come le diverse dinamiche tra classi di età, in termini di reddito medio e di dispersione, abbiano influito sull’andamento complessivo della disuguaglianza. A tal fine si può scomporre la deviazione logaritmica media dei redditi in due parti: una attribuibile alla differenza nella dispersione dei redditi medi tra famiglie giovani e anziane, l’altra legata alla varianza interna a ciascun gruppo. Quest’ultima componente spiega gran parte dell’incremento della disuguaglianza complessiva, che nel decennio 2006-2016 è cresciuta del 22,0 per cento.
“L’aumento della disuguaglianza è stato parzialmente attenuato dai mutamenti intervenuti nella struttura per età della popolazione. Nel decennio sopra considerato infatti la quota di individui che vivevano in nuclei giovani si è ridotta di dieci punti percentuali, mentre è aumentata di circa cinque punti quella di coloro che facevano parte di famiglie anziane. Tali andamenti hanno risentito sia dell’invecchiamento della popolazione, sia del rinvio, probabilmente influenzato dalla crisi economica, nella formazione di nuovi nuclei familiari da parte dei più giovani. Annullando tali variazioni – ossia tenendo fissa al 2006 l’incidenza delle diverse classi di età rispetto al totale della popolazione – l’aumento della disuguaglianza sarebbe stato superiore (pari al 25,0 per cento)”.

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