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martedì 23 ottobre 2018

Dopo Kashoggi come prima

Tre gruppi americani di lobbying,  BGR, Harbour Group, Glover Park Group, annunciano che non lavorano più per Mohammed bin Salman, il principe ereditario saudita. È la conseguenza della eliminazione del giornalista Kashoggi dal consolato saudita di Istanbul. Un’altra società di lobbying invece annuncia di essere subentrata nella trattazione degli interessi del principe, la Southfive Strategies – a un prezzo presumibilmente più elevato dei contratti in essere con i recedenti. E la foto è subito diffusa di Mohammed bin Salman col figlio e il fratello della vittima. Tanto per il teatro. E per consentire all’amministrazione americana di continuare la relazione privilegiata. Con lo stesso uomo forte a Riad.
Le società di lobbying hanno svolto e svolgono un ottimo lavoro per il principe. Non si fa che parlare del rinnovamento in Arabia Saudita. La patente alle donne – poche, giusto per le foto. Il film di una regista – una principessa. Perfino qualche donna con gli occhi visibili. Il tutto targhettabile MbS, una celebrity. Uno Stato patrimoniale, della famiglia al Saud, senza costituzione e senza rappresentanza politica, prospettando come una sorta di California. Anzi, una Svizzera: hanno organizzato al principe una Davos nel deserto. Perfino Woodward, il giornalista anti-Trump, nel volumone con cui assedia il presidente, “Paura”, fa un’eccezione per MbS, benché amico di Trump.

Non  sembra esserci un dopo-Kashoggi nelle relazioni Usa-Arabia Saudita. Le società di lobbying, e altre di pr e media, hanno creato il personaggio ora discusso, con la visita alla Casa Bianca, interviste in tutti i network, pranzo con le celebrità, Oprah Winfrey, Morgan Freeman eccetera. Le tre società che rinunciano al contratto, sugli 80 mila dollari al mese ognuna, sono una parte piccola dello schieramento dì immagine del principe ereditario: nei soli Stati Uniti contava dieci società che ne rappresentavano gli interessi. Ora si riducono a otto, ma è sempre un grosso esercito.

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