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domenica 21 ottobre 2018

Che noia, i segreti della Casa Bianca

“Il vero potere è paura” è di Trump. In un’intervista con Woodward da candidato presidente. Nemmeno minaccioso: “Il vero potee è - non voglio nemmeno usare la parola – paura”. Ma la paura viene solo alla prima pagina: Gary Cohn, il presidente-direttore generale della banca d’affari Goldman Sachs che Trump ha nominato a capo dei suoi consiglieri economici sottrae dalla scrivania del presidente una bozza che, se firmata, avrebbe interrotto l’alleanza con la Corea del Sud, innescando una possibile terza guerra mondiale… Non una buona suspense, Cohn essendo un democratico che si è proposto a capo economista di Trump, dimettendosi dopo qualche tempo perché non condivideva la politica dei dazi doganali.
Il resto è altrettanto freddo, uno dei tanti articoli che si scrivono contro Trump. Visto dal di dentro, dai suoi collaboratori, o presunti – “Trump alla Casa Bianca” è il tema. Ma senza novità, né di notizie né di analisi. Tutti belli-e-buoni alla Casa Bianca. Eccetto Trump, che li ha nominati. Meglio ancora sono quelli che ci ambivano ma Trump non li ha nominati. Il libro è fatto sulle loro testimonianze. Controllate naturalmente, è il metodo Woodward, un giornalista del fact-cheking, del controllo delle notizie, più che investigativo. Ma a nessun effetto – non ne esce fuori nulla. Un articolo lungo 500 pagine.
Lo stesso Trump è Trump, non ne sappiamo altro. Un uomo d’affari catapultato al potere, e della specie più vieta, un immobiliarista. Che però ha vinto un’elezione estremamente difficile, già vinta dalla sua oppositrice, da estraneo al suo stesso partito, e dunque sarebbe un uomo politico. Anche i dazi non sarebbero male – Michael Spence, il Nobel “milanese” dell’Economia 2001, dice oggi sul “Sole 24 Ore” che fa la politica estera giusta, quella dei dazi  e della deglobalizzazione - ma questo è irrilevante, si vedrà. Qui non se ne dice nulla, nulla di più delle critiche note.
Woodward ri-racconta le indiscrezioni che affliggono la presidenza Trump – come ogni altra presidenza, bisogna dire, i media americani ne sono ghiotti – senza mordere. Forse per l’aura di obiettività di cui li soffonde. Il metodo Woodard è che Tizio dice che Caio ha detto o fatto quello, Caio nega o conferma, con circostanze, attenuanti o aggravati, e il tutto lascia il tempo che trova. Anche dove si racconta una cosa importante in questa settimana in cui il libro è uscito in Italia. Che l’accordo militare con l’Arabia Saudita, mediato dal genero di Trump Kushner insieme con Mohammed bin Salman, è stato il grimaldello con cui il giovane principe, oggi in disgrazia per l’assassinio Kashoggi, è riuscito a scalzare gli altri pretendenti alla successione al trono saudita: le date sono quelle, una settimana dopo l’accordo il re Salman, suo padre, poteva nominarlo principe ereditario, senza obiezioni in famiglia.
Il resto è noia. Sceneggiando personaggi e storie di poco spessore, e indifferenti ai più, anche se “interni alla Casa Bianca”, come il vieto schema scandalistico impone. Tra chi parla, chi ascolta, e magari tace, dissentendo (questo di solito è l’informatore), chi consente, chi si oppone apertamente,  all’accordo con l’Arabia Saudita come su ogni altro aspetto. Burocrati per lo più, comunque personaggi senza spessore – lo cercano “uscendo” con Woodward.
Il tono è antitrumpiano, naturalmente, ma questo non esime – la metà delle pagine sarebbe bastata, anche un quarto: un libello “obiettivo” per 500 pagine è troppo. Woodward è rimasto un cronista, con la passione per i fatti. Ma non per l’analisi, quindi per il loro racconto, per la loro messa in prospettiva.  Si è fatto anche conoscere per non tradire le fonti, e quindi molti parlano con lui. Ma, nell’anonimato, possono usarlo, e lo usano. Il rapporto fra cronista e fonti è sempre stato delicato, e Woodward non estende il fact-cheking - i riscontri - alle fonti.
Ma, poi, non sta al lettore spiegarsi perché un libro è noioso.

Bob Woodward,  Paura, Solferino, pp.490, ill., ril. € 22

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