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martedì 17 dicembre 2019

Molière (non) era Corneille

E dunque Molière non è Molière, era Corneille? Il dubbio non c’era per i molti, e tuttora non c’è, ma avanza. Gli stessi studiosi, l’ingegner Cafiero e il filologo Camp, che provano con l’intelligenza artificiale in questa ricerca a dissipare ogni dubbio, di fatto finiscono per consolidarlo: quella che finora era solo un’ipotesi, e di un letterato arguto più che attendibile, anche se molto colto, Pierre Louÿs cent’anni fa, ora diventa materia di conteoesami e controperizie – in Francia il gusto non c’è del pettegolezzo autoriale, del tipo “Shakespeare non è Shakespeare” o “T.S.Eliot è sua moglie”, ma una “questione Molière” diventa ora probabile, una querelle Molière.
Attore itinerante, Molière cominciò a scrivere a quarant’anni. Aveva dovuto cambiare nome, per non creare problemi alla famiglia di considerati artigiani, e a corte, dove i Poquelin erano introdotti quali tappezzieri. Attore giovane, si era legato a un’attrice già madre di un bambino senza padre, Madéleine Béjart. Con la quale crearono un gruppo teatrale che ebbe varie vicissitudini, compreso il fallimento, e il carcere per lui. Il gruppo si ricostituì girando per anni la provincia.  E solo tardi poterono tornare a Peìarigi, protetti da Monsieur, il fratello minore di Luiigi XIV, e poi dallo stesso re, entusiasta.  Era già il 1658, Molière andava per i quarant’anni, e solo allora avrebbe cominciato a scrivere le sue commedie, a partire dal 1662. Ma di questa sua opera non resta nemmeno un manoscritto, benché abbia vissuto ancora undici anni, fino al 1673. Il che, nel secondo Seicento, a corte, sembra impossibile.
Pierre Louÿs un secolo fa, svolgendo queste considerazioni, avanzò l’ipotesi che le commedie fossero invece di Corneille. Che scriveva per il genio istrionico di Molière, capocomico ormai di fama e quindi di successo più facile. Louÿs si basava sulla mancanza di autografi, e sul fatto che Molière era un capocomico e non uno scrittore. Ma questo è meno vero. Molière aveva fatto gli studi dai gesuiti, e aveva avuto la licenza in Diritto a diciannove anni. Non era un seplice attore.
Le macchine pensanti, azionate dai linguisti francesi Florian Cafiero e Jean-Baptiste Camp, un ingegnere e un professore di Umanità numeriche, hanno sottoposto a verifica testuale alcune commedia Molière insieme con testi di Corneille e altri drammaturghi dell’epoca. Lavorando su un programma inteso a riconoscere sei caratteristiche stilistiche: lemmi, forme, parole utili, rime, affissi, n-grams (frequenza di una o più parole). Il cervello elettronico ha separato le opere di Molière dalle altre, a costituire una sorte di “monte Molière”. 
La ricerca ha però riaperto il problema Molière, invece di affossarlo. Intanto, per il fatto stesso di porre il problema – Molière non è Corneille, ma chi è “Molière”? Controdeduzioni naturalmente ha suscitato la stessa ricerca. Si contesta in particolare la scelta delle “parole utili”. E delle commedie esaminate, solo undici su trentatré.
In precedenza, nell’ultimo quindicennio, numerose ricerche linguistiche avevano rilanciato, e in qualche misura fondato, l’ipotesi di Pierre Louÿs, rilevando una comunanza di vocabolario tra i testi di Corneille e quelli di Molière troppo estesa perché si possano attribuire a due autori diversi.
Florian Cafiero-Jean Baptiste Camp, Why Molière most likely did write his plays, “Science Advances”, 27 novembre 2019
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