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lunedì 16 dicembre 2019

Lontano vicino, espatriare a Tor Tre Teste

Come far valere la pensione, magra, un po’ di più? Ma emigrando. A Santo Domingo pare che non si paghino le tasse. Ma no, perché così lontano, il riccone casalingo Herlitzka ha il posto giusto, il Portogallo, le Azzorre. E i due amici, poi tre, si mettono all’opera. Un po’ ignoranti un po’ incapaci, e il finale s’immagina: il viaggio è la preparazione del viaggio – se non altro, usciranno da porta Settimiana, che delimita Trastevere.
Un modo come un altro per Di Gregorio per raccontare la sua Roma d’un tempo, lenta e pigra. Per fare scena col niente. Per fare storia con le minute occorrenze quotidiane, il bar, la tabaccheria, la figlia parrucchiera, i ricordi naturalmente, essendo i tre in età, e la sana voglia di fare niente. È un racconto straordinario il viaggio dei due amici ideatori del viaggio, “il Professore”, lo stesso Di Gregorio, e il nullafacente Giorgetto, Giorgio Colangeli, a Tor Tre Teste, che è solo un sobborgo di Roma – alla ricerca di un Attilio che dovrebbe indirizzarli a Santo Domingo, ma non sa dove sia, ed è un Ennio Fantastichini a tutto volume, benché forse già colpito dalla leucemia fatale.
Continua la galleria dei buonannulla di Di Gregorio. Che è già una bibliotechina di culto, dal fulminante “Pranzo di ferragosto” dieci anni fa, con “Gianni e le donne” e “Buoni a nulla”. La vita come viene, che non si smette di vivere come nuova. Coi toni sommessi, di un realismo irreale, e tuttavia palpabile.
Gianni Di Gregorio,
Lontano lontano




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