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domenica 15 maggio 2022

Letture - 490

letterautore


Cibocultura
– Tutto è food e la cultura non si può sottrarre. L’ex ministro del Tesoro Tremonti spiega il suo celebre detto “con la cultura non si mangia”. Cioè spiega che non l’ha mai detto, ma che volentieri si corregge: “Con la cultura troppi mangiano”.
 
Femminismo
– “Nessuna delle pensatrici su cui ho lavorato è stata femminista, tranne Edith Stein (che però si fece monaca, n.d.r.): Quanto ad Arendt, Weil, Zambrano criticarono il femminismo emancipazionista del loro tempo”, Laura Boella, studiosa del “pensiero femminile”.
 
Dario Fo – “Abominevole” per Pasolini, 1973, in un’intervista con Corrado Augias per “L’Espresso”. Non la persona, il teatro di Fo, che all’epoca faceva mezzo milione di spettatori a stagione ma era all’indice del Pci. “Abominevole, il suo gauchismo è il più atroce che ci sia: terroristico, ricattatorio, moralistico e puritano”.
Pasolini si diceva contro Fo anche per lo spettacolo su Pinelli: “Mi vengono i brividi solo a pensarci” - salvo fare lui, con Lotta Continua, poco dopo un docufilm su piazza Fontana.
 
Horcynus Orca – L’roca assassina era in Russia un sommergibile atomico. Anna Politkovskaja, la giornalista russa assassinata, racconta in “La Russia di Putin” una sua visita alla base navale russa di Rybac’e, in Kamchatka. Portata a vedere un sommergibile atomico trova “a prua, bianco su nero, un disegno di forte impatto: le fauci spalancate di un’orca con tanti denti quanti un’orca vera non si è mai sognata di avere”. E dopo la prima sorpresa spiega: “L’orca non è un caso, in origine il sommergibile si chiamava kasatka, orca assassina”.
 
Inghilterra – È pantofolaia – ordinata, tranquilla. Si direbbe sassone, cioè celtica, cioè stanziale e terricola. È la netta e perdurante impressione che ne ha Svevo, là dove ricorda, nel “Profilo autobiografico”, che “dal 1902 in poi fino al 1912” soggiornò per lavoro “annualmente per qualche mese in un sobborgo di Londra” (Silvio Benco nel necrologio specifica: “Fu tutti gli anni per sei mesi in Inghilterra, dove si dedicava nell’arsenale di Portsmouth alla «pittura sottomarina» della flotta britannica”): “In complesso gli parve che nel paese delle grandi avventure l’avventura fosse più che altrove respinta”. Ognuno stava tranquillo al proprio posto, nella propria “classe”, “poco incline a ribellioni o avventure”.
Ne deriva che la grandezza dell’Inghilterra era in questa misura ordinata: “E credette di scoprire che la forza di un paese fosse dovuta piuttosto a tali elementi e che anzi le intraprese di un Lord Clive, o di un Rhodes o di un Nelson non potessero produrre tanta ricchezza se l’avventura non fosse nella nazione un fatto eccezionale, un innesto che nobiliti il vecchio tronco di un’attività giornaliera, tranquilla, regolata”.
 
Italia – “Tutto il mondo ama l’Italia perché è vecchia ma ancora glamorous. Perché mangia e beve bene ma è raramente grassa”, era l’attacco dell’elogio una quindicina d’anni fa del “New York Times all’Italia. Era giù un anno, il 2007, in cui “gli ultimi numeri mostrano una nazione più vecchia e più povera – al punto che il capo dei vescovi ha proposto un forte impegno per i pacchi alimentari ai poveri”.  
 
Nuove maternità – Utero in affitto, gestazione per altri, maternità surrogata, gravidanza solidale: è la ultimissima terminologia della maternità che “Scienza in rete” cataloga, 5 maggio
 
Opera – “È da checche spasimare per l’opera”, dice Pasolini nella biografia di Siciliano.
Lui era solo per Bach – che pure ambiva al canto. Ma subì con piacere la fascinazione di Maria Callas, personaggio melodrammatico anche nella vita – “una giovinetta assetata d’incruenti stragi”. E quando, smaltito il lustro della relazione, se ne libera, alla concettosissima interminabile poesia d’addio dà un titolo verdiano, “Timor di me?” - dal “Trovatore”, atto IV, “Timor di me? D’amor sull’ali rosee”. Di un’aria che “Maria Callas”, scrive Siciliano, “sapeva cantare con voce mirabile” – oltre che “con viva sensibilità femminea”.
 
Proust – Di sintassi “germanica”. Lo nota Svevo, nel tardo autoelogio  (“Un profilo autobiografico di Italo Svevo”), a proposito di chi lo accostava a Proust: “La frase ch’è tutto propria del Proust, con i suoi luminosi incisi e le sue sapienti complicazioni che ricordano una sintassi germanica, non trovano alcuna corrispondenza nella frase breve e brusca e disadorna dello Svevo”.
 
Svevo – Crebbe con “i maggiori classici tedeschi e in primo luogo amò i romanzi di Friedrich Richter (Jean Paul) che certamente ebbero una grande influenza nella formazione del suo gusto” – “Un profilo autobiografico di Italo Svevo”.
Lo stesso “grande dono di apprendere l’arte di ridere della vita” Svevo attribuisce nella nota anche all’amico triestino e pittore Veruda (lo scultore Balli di “Senilità”).
 
Uno dei suoi primi (1927), entusiasti, apprezzati critici, Marcel Thiébaut, della “Revue de Paris”, poneva Svevo “nella tradizione dei romanzieri del XVIIImo secolo, lucido, secco”. Questo a proposito di “Senilità”. Per “La coscienza di Zeno”, Benjamin Crémieux, critico ancora più autorevole, racconta Svevo nella stessa nota autobiografica, “lo metteva accanto a Charlot, perché veramente Zeno inciampa nelle cose”.
 
Fu autore “francese”, scoperto cioè in Francia, da Valéry Larbaud e Benjamin Crémieux – su indicazione di Joyce. Che gli dedicarono un numero speciale del “Navire d’argent”, la rivista di Adrienne Monnier, la libraia titolare anche di Shakespeare and Company, l’editrice dell’“Ulisse”, febbraio del 1926. Ma Crémieux già da un paio panni proponeva elogiativamente Svevo, su suggerimento, spiegava, di Joyce e Valéry Larbaud. Nel 1925, in più riprese, Svevo era lo scrittore più proposto da Montale – cioè da un italiano fuori della cerchia triestina.  

letterautore@antiit.eu

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