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sabato 4 maggio 2013

L’Africa non è umanitaria

Un romanzo umanitario. Controvoglia? Pieno di scene madri, suicidi, razzie, violenze senza limiti, sporcizia, pus, ma slegate e fredde. Per quanto benintenzionato, l’autore algerino cede al pregiudizio, che nell’Africa del Nord è più virulento contro i “selvaggi” che in Europa. Alla fine è un romanzo contro: contro l’umanitarismo dei buoni sentimenti, poiché non c’è redenzione – niente si salva. Ma l’autore è troppo brava persona per un assunto demoniaco: la pirateria, la presa di “ostaggi”,  così normale, un delitto d’affari, e così barbara – nessun “ostaggio” ha mai riavuto la sua vita. Confonde anche la geografia: gli ostaggi, presi nel golfo di Aden, guardano a un certo punto il Kilimangiaro, e si liberano nel Darfur, un percorso a zigzag di migliaia di chilometri, impossibile materialmente, tanto più per dei pirati, che prosperano nella tana.
Una cosa invece Kahdra dice, sceneggia e spiega, che nella grassa grossa Europa che solo vuole morire non si sa e non si capisce: che l’africano ha la pelle dura. Per quanto denutrito e malato, sopravviverà, la volontà di vita vi è superiore. È quello che una sorella della neo-ministra Kienge, Dora, spiega oggi a Tricia Thomas:
“È stata sempre una combattente, da quando è nata. Sì, quando era una bambinetta di pochi mesi pensarono che fosse morta, e invece no, combatté e vinse, l’ha sempre fatto”..
In bizzarro parallelismo con Camilleri, che ha pubblicato e raggiunto il successo negli stessi anni dello scrittore algerino, c’è anche in “Yasmina Khadra”, l’ex colonnello dell’esercito Moulessehoul, un sensibile sfasamento con le opere “altre”, di ambizione letteraria: storiche, politiche, sociali. Il commissario Llob fila come il vento, come Montalbano, inerme e decisivo. Tanto più contro le incertezze, la pesantezza anche, delle opere costruite, mediorientali, africane.
Yasmina Khadra cede qui al cosmopolitismo pidgin che opprime l’Africa, umanitario quanto si vuole ma afflittivo. Le vittime, due tedeschi e un francese, fanno lunghe conversazioni tra di loro e con i predoni dell’Est Africa, elaborate anche, sulla violenza, l’imperialismo, la fame, il deserto, la poesia, la religione. Fanno dottrina. In una lingua di nessuno, pidgin in senso proprio. In un linguaggio inerte tanto è inverosimile. Come se l’Africa, che certamente è un continente pieno di sorprese, come lo voleva Erasmo di Rotterdam, si vendicasse dell’attenzione-disattezione umanitaria – essendosi già tolto lo sfizio di nutrire narrazioni ben più memorabili.
Yasmina Khadra, L’equazione africana, Marsilio, pp. 320, ril. € 19

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