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giovedì 2 maggio 2013

“L’egemonia controvoglia” della Germania

“Deve portare il fardello dell’egemonia, anche se lo sente doloroso sulle sue spalle”. Il soggetto è la Germania. L’egemonia non è “lo slogan trito di un discorso antimperialista alla Gramsci”, ma “piuttosto una nozione costituzionale sopportabilmente precisa per un fenomeno che non raramente s’impone negli stati federativi, confederati”.
La cosa finisce bene dopo essere cominciata male: la nozione costituzionale cui si rimanda in partenza è infatti di Heinrich Triepel, dimenticato autore di un’opera già famosa, “Die Hegemonie. Ein Buch von führenden Staaten”, del ferale 1938. La “guida per gli Stati leader” non era intesa per Hitler, ma lo stesso vi si delineava e apprezzava il caso della Germania federata attorno e sotto la Prussia. Che i più considerano all’origine delle perversione della Germania nel “secolo tedesco”.
Anche il modo di porre la questione è tipico della vecchia Germania. Confuso culturalmente, mentre è deciso, chiarissimo, nei fatti. Un fatto, per esempio, è la manipolazione dello spread a carico dell’Italia nel 2011-2012, che ha richiesto determinazione e cattiveria. Christoph Schönberger, che la questione qui riassume, è giuspubblicista, professore di Fondazioni Culturali dell’Integrazione all’università di Costanza, una professione quasi evangelica. “Merkur”, che il saggio ha pubblicato qualche mese fa in apertura, è la “Rivista tedesca per il pensiero europeo”, dalla grande editrice Klett-Cotta.
Egemonia naturale
Il fulcro del ragionamento di Triepel, che Schönberger illustra, è la funzione naturale di guida devoluta allo Stato più potente all’interno di una federazione. Naturale, cioè imposta dai fatti. Ciò non è avvenuto per lo Stato federale più longevo e meglio funzionante al mondo, gli Usa. Ma il caso non è nemmeno citato. Ciò non avviene paradossalmente neanche nella Germania Federale, che ormai ha una storia di oltre sessant’anni, quasi più lunga del Reich prussiano, nella quale ha affrontato decisioni difficili, come la riunificazione e la stessa Ue, senza il bisogno di un’egemonia al suo interno. Amburgo e Berlino odiano e disprezzano la Baviera, il profondo Sud, cattolico per di più, che è lo Stato più innovativo e più ricco della Germania e dell’Europa, ma è tutto, non si va oltre il leghismo, non ci sono precettori in questa Germania. Anche  il “caso tedesco” è singolarmente ignorato. Di che parliamo dunque?
Questo il discorso di Schönberger. “Tutte le questioni dell’ordinamento postbellico dell’Europa si ripropongono” ogni giorno. “L’egemonia tedesca in Europa non è un argomento comodo”. Per gli stessi tedeschi, che “anzi non mettono a fuco volentieri il problema”. Ma “«jamais y penser, jamais en parler» non è un’opzione”. E “l’egemonia si fonda su basilari differenziazioni”: Lussemburgo e Malta sono membri della Ue come la Germania, ma con “significative differenze nelle grandezze relative”. Le responsabilità sono diverse, e il peso decisionale: “All’interno dell’Unione Europea si avvicina una ripartizione dei compiti tra Repubblica federale e Francia quale nella Germania di Bismarck fu il caso della Prussia con la Baviera”.
La sola soluzione
Detto con chiarezza. “L’egemonia tedesca all’interno dell’Unione Europea non è da scambiare con un dominio tedesco sull’Europa. Per un vero e proprio dominio la Repubblica Federale è ancora tropo debole. È un vecchio dilemma dell’opinione comune tedesca, che la Germania è più forte di ciascuno dei suoi vicini, ma non abbastanza forte da dominare i suoi vicini insieme”. L’egemonia come responsabilità politica si pone però ora come si è posta in passato. Quando l’Ue faceva riferimento alla Francia. Non è più così dopo la riunificazione tedesca, e la perdita d’importanza  della force de frappe atomica francese dopo il crollo del Muro e la fine della guerra fredda.
Né c’è altra evoluzione possibile: l’Ue è un “club di governi”, e non si può pensare a una sua trasformazione in qualcosa d’altro con l’elezione diretta dei suoi governanti. Se ne otterrebbe comunque un Parlamento non funzionale, sul tipo del Bundesrat tedesco, il Senato delle regioni. Ma è “fantascienza istituzionale”. Vecchia: “I vari progetti istituzionali europei sono perlopiù riproduzioni senza fantasia delle teorie dello Sato federale dell’Ottocento”.  
Non c’è alternativa. “La situazione esistente di egemonia federativa, se la si intende con intelligenza, apre al membro maggiore un peso sugli assetti e gli sviluppi come nessun altro esistete disegno istituzionale. E non è senza ironia che questo nesso sia così poco capito nell’opinione pubblica tedesca e apprezzato”. Ci sono dei passi preliminari: “la rinuncia all’introversione nazionale; l’attenta conoscenza, ricognizione e valutazione dei vicini europei; la definizione dei propri interessi insieme con gli interessi dei partner”. Ma l’esito è ineludibile: “Se l’Unione Europea non si dissolve, la Repubblica Federale dovrà assolvere a questo compito in un ambiente più difficile”.
Christof Schönberger, Hegemon wider Willen, “Merkur”, ottobre 2012, online

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