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martedì 8 luglio 2014

Il mondo com'è (180)

astolfo

Arabi – Nella teoria diffusionista della cultura, a cavaliere del Novecento, una sorta di evoluzionismo delle forme mentali, la civiltà cala sugli arabi, in quanto nomadi, con effetti depressivi. G.W.Murray, lo studioso e politico afroamericano, sintetizzava nel 1926 in “The sons of Ishmael”, a proposito dee beduini in Egitto, un denso filone di studi: “Legge e ordine sono calati come il carbonchio  sul Sinai e la Palestina”.  È calata dagli inizi della civiltà stessa, a partire dall’occasionale congiuntura favorevole nell’Iraq meridionale, la vecchia Mesopotamia, che portò alla costruzione della prima città – la civiltà è cittadina, urbana.
Il fatto è scontato. Nella sintesi di Wilfred Thesiger, il viaggiatore inglese che esplorò il Quarto Vuoto in Arabia Saudita, il deserto deserto, e ci visse anche, con le tribù dei rashid, “tutto ciò che c’è d meglio tra gli arabi è venuto dal deserto”. Ma questo era prima della moltiplicazione dei prezzi del petrolio, quarant’anni fa.
I primi effetti della rendita petrolifera furono destabilizzanti psicologicamente tra i potentati della penisola arabica, che ne erano anche i padroni – lo sono tuttora, regni e emirati sono sempre patrimoniali. I loro nipoti sono ora disinvolti uomini d’affari, a loro agio nelle più ricche e sofisticate piazze finanziarie del mondo. Ma i principi ereditari sauditi, i figli di Ibn Saud che si sarebbero succeduti alla guida del Paese fino all’attuale reggenza, si segnalarono come disadattati. Come tali analizzati dalla “Harvard Business Review” nel 1975. Dopo che nel 1974 alcuni di essi, tra i quali il futuro re Fahd, si erano installati a Montecarlo decisi a sbancare il casinò.  

Destra-Sinistra - La legge e l’ordine è ora di sinistra. Multe, tasse, divieti, carabinieri, spionaggio, giustizia, sono di destra. E l’odio. Si ripubblica Bobbio come se nulla fosse, ma questi venticinque anni hanno cambiato l’atlante. Non c’è nemmeno l’uguaglianza nella sinistra, se non nelle forme opportunistiche del merito e della competenze.
Resta di destra la corruzione. Ma non esclusiva, anzi – contando anche la corruzione dove non si persegue, in Umbria, in Toscana, nelle Marche, destra e sinistra probabilmente si equivalgono..

Donne – Una volta c’era sempre uno zio che aveva perso tutto, “a Parigi”, al gioco o alle donne. Ora non più. Ora si dice, si suppone, che i vizi siano il gioco e la droga.
Ma più spesso non ci sono più nemmeno gli zii, siamo al figlio unico di seconda generazione.

Europa – Il suo destino è nei numeri. Declino demografico. Declino economico. Irrilevanza militare e strategica.

Germania-Italia Andarono all’unisono nella prima metà dell’Ottocento, “liberate” mentalmente e culturalmente dalla rivoluzione francese e da Napoleone. In questo alveo maturarono il nazionalismo, entrambe come risorgimento, un passato glorioso che avrebbe concimato un futuro altrettanto robusto, e umano, progressivo, libero. In questo senso Marx e Engels si esprimevano ancora nel 1859, “Po e Reno”. Anche il nemico era lo stesso, l’impero asburgico. E invece tutto era cambiato, o stava per. La “rivoluzione italiana” fu popolare e europea, l’unica rivoluzione incontestata e popolare dell’Europa. La Germania fu unificata dalla Prussia, con una guerra regolare, di eserciti in campo.
Erano i due mondi diversi? Forse, ma l’unità tedesca “dall’alto” intervenne quando anche il Risorgimento, morto Cavour, la sua anima liberale, era stato tradito. Da tutti i punti i vista: gramsciano-gobettiano o della democrazia, costituzionale o della legalità, delle pari condizioni tra i plebiscitati, e perfino dal punto di vista della religione e della laicità. Furono due rivoluzioni alla fine incompiute. Fino a ottant’anni dopo, al 1945, alla “liberazione” di entrambi i paesi, in larga misura imposta – allora come ancora oggi, ancora cioè dopo settant’anni. Protagoniste in Europa, ma come dame-papere, impacciate, e sempre bisognose di robusti chaperon, sotto forma di richiami all’ordine.

Giornalismo – “In Dante c’è un passo in cui lui e Virgilio, mentre attraversano l’Inferno, si fermano accanto a un uomo immerso fino al collo nel fango bollente. All’uomo non va di parlare con loro. Ha i suoi problemi. Non vuole un’intervista. Dante lo prende letteralmente per i capelli e si fa raccontare la sua storia. Una specie di parabola del giornalismo, credo. Anzi, lo so” (Renata Adler, “Mai ci eravamo annoiati”, 28).

Nomadismo – C’è il bisogno della casa, ma c’è anche il bisogno, benché non altrettanto celebrato, di non avene una.  A qualche millennio dall’inizio della civiltà, cioè dalla creazione della città, dalla sedentarizzazione, è come dice Pascal: “La nostra natura è nel movimento”.
La stanzialità è recente. Ha pochi anni – poche migliaia di anni nel lungo calendario della storia, sia pure presunto.

C’era nell’emigrazione una forte componente di evasione. In quella dei girovaghi in forma esaustiva. In quella dell’Otto-Novecento, delle masse e del bisogno, in forma integrativa ma non marginale. E con ogni evidenza anche in questo torno di millennio, dell’emigrazione tragica attraverso il Mediterraneo – non determinata dalla fame, poiché si pagano cifre iperboliche per i trasferimenti, e spesso nemmeno dalla politica (“rifugiato politico”, concetto dei tempi del sovietismo, l’Unione Europea diffonde per sgravarsi la coscienza).
C’è bisogno comunque di andare via. Forse non definitivamente, ma senza progetti di ritorno. Un bisogno di vedere, di vedersi, di misurarsi col mondo. Più spesso che non in condizioni più difficili di quelle che si lasciano. Anche senza l’odio-di-sé, o il rifiuto dei luoghi, gli ambienti, le condizioni di partenza, senza invettive e senza interdizioni: un bisogno di andarsene.
È una componente del nomadismo. Minore. Il nomadismo propriamente detto è costante, è distruttivo, e non si misura, non intendendo costruire: è un istinto, vagare come non darsi coscienza. Ma ne rispecchia la voglia di cambiare, anche se per una o due volte nella vita - non periodicamente o costantemente, che sarebbe disadattamento, altra cosa.

Chatwin ci trova sotto una base biologica (“Questo nomade nomade  mondo”, il suo primo testo in materia, 1970, ora in “Anatomia dell’irrequietezza”): “Neurologi americani hanno fatto l’encefalografia a non pochi viaggiatori. È risultato che cambiare ambiente e avvertire il passaggio delle stagioni nel corso dell’anno stimola i ritmi cerebrali e contribuisce a un  senso di benessere, di iniziativa e di motivazione vitale. Monotonia di situazioni e tediosa regolarità di impegni tessono una trama che produce fatica, disturbi nervosi, apatia, disgusto di sé e reazioni violente”.     

Sesso – Oggi è prevalentemente un catalogo: una specializzazione come per un mercato. Facebook ne cataloga 58 ufficiali – status riconosciuti e protetti.

Umanitarismo – Sempre più si rivela come uno sgravio delle buone coscienze. Del tutto o quasi inefficace come aiuto contro la fame e le malattie, o come prodromo allo sviluppo. È anzi in troppi casi, quando è trasferimento di fondi pubblici attraverso soggetti privati, siano pure del terzo settore più volontaristico, una forma di occupazione e reddito a beneficio dei donatori.

astolfo@antiit.eu


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