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giovedì 10 luglio 2014

L’assassino è lui, Sherlock Holmes

L’esordio come giallista di Dibdin, future creatore di Aurelio Zen, lo sgamato investigatore veneziano, avviene nel 1976 con un assassino a sorpresa: Sherlock Holmes. È lui il dr. Moriarty. E anche Jack lo Squartatore. Il dr. Watson lo scopre per caso all’opera in un delitto atroce, con raccapriccio ma non può negarsi l’evidenza: era “l’uomo migliore e più saggio”, ma “era pazzo”. È la verità, forse non del solo Dibdin. Di cui la Oxford University Press può fare un’edizione per giovanissimi, semplificata nel vocabolario.
Perché la verità viene a galla nel 1976? Perché il dr. Watson la racconta prima di morire nel 1926, con la clausola che non sia resa pubblica se non dopo cinquant’anni, in tempo per il debutto di Dibdin. Un caso d’inverosimilianza apodittica. Il padre del commissario Zen sfida U. Eco e la semiologia, dell’induzione deduttiva, o della deduzione induttiva: “Niente sembra reale”, ma un fatto è un fatto, anche quando è finita la cocaina, per il narratore oltre che per l’assassino.
Michael Dibdin, The last Sherlock Holmes Story, Oxford University Press, pp. 68 € 2
L’ultima avventura di Sherlock Holmes, Passigli, pp. 55 € 11,90

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