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sabato 12 luglio 2014

Il pubblico privato

Lo studio dell’ex ministro Manzella, esperto giuridico e politico della Pubblica Amministrazione, va integrato con l’evoluzione politica. La crescita del terzo settore o del volontariato, in atto ancora prima che fosse avviata la privatizzazione delle istituzioni. Rapidamente poi passando dalla sussidiarietà (il privato interviene dove il pubblico non sa o non può) alla titolarità del servizio. E quindi a soggetto sociale e politico di riferimento. Un assetto che è straripato nel giro del millennio.
La privatizzazione della funzione pubblica è cominciata col terzo settore. Con l’appalto di molti sevizi pubblici, spesso essenziali, dall’assistenza all’antimafia, a fondazioni e onlus. A carattere volontario e senza fini di lucro, ma politicamente e socialmente  privati. Quasi sempre legati alla chiesa. Direttamente, come associazioni confessionali.  Indirettamente, attraverso le fondazioni bancarie, a loro volta legate, attraverso le vecchie famiglie azioniste, e la rappresentanza delle comunità locali, alla chiesa.

Lo Stato appalta servizi che non sa gestire, non convenientemente, anzi con sprechi e ritardi. L’esito non sempre è soddisfacente. L’immigrazione ridotta a carità è uno. Non modificare la Bossi-Fini ma assistere nelle pratiche. Non regolare l’immigrazione, ma fornire la bara o un giaciglio. Un lassismo, quello delle onlus di parrocchia, che è il peggiore incentivo al mercato nero delle braccia, il piccolo grande schiavismo che appesta il Mediterraneo. La gestione dei beni mafiosi è un altro. Inetta. Carissima. La gestione del centri di recupero della droga, etc.. Ma non c’è remissione, la tendenza è ormai affermata. 

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