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venerdì 11 luglio 2014

Horror giudiziario

Ciò che succede a Milano supera l’immaginazione. Per lo squallore. Dentro la Procura. E fuori, nella non detta ma ormai più che ventennale storia di dispetti fra Tribunale e Procura.
Tutti accusano tutti nella Procura. Di favoritismi nell’assegnazione delle inchieste e nelle carriere. Tutti allegramente ignoranti del principio costituzionale del giudice naturale. Un‘ignoranza che è un delitto, benché la copra il Quirinale d’autorità - nel presupposto che quei Procuratori siano del partito del Presidente, mentre non sono che maneggioni.
A fronte dei galli smaniosi in Procura al piano alto, ai piani bassi del palazzo di Giustizia friggono risentimenti ormai ventennali. I giudici non boicottano più la Procura, come per alcuni anni fecero per difendersi. Non si fa carriera contro l’impunita e impunibile cupola della Procura, e il Tribunale si adegua: i giudizi sono sempre in linea con le richieste della Procura. Ma il risentimento resta: chiunque ha da fare col Tribunale, anche di sfuggita, lo avverte, nei sarcasmi, le insofferenze, la mestizia.
I giudici giudicanti hanno risentito molto l’appropriazione degli spazi che la Procura fece al tempo di Borrelli, vent’anni fa. Con suite per i capi, bagni faraonici per tutti, spazi ampi con fioriere per i sostituti Procuratori, e corsie privilegiate, quasi salottini, per i cronisti giudiziari, confidenti dell’uno e dell’altro. Nonché le carriere fulminee, privilegiate, che la Procura garantiva. Col tempo, con la conferma dello strapotere della Procura, le critiche si sono attutite, ma non i rancori. Delle liti in Procura si ride, fra i giudici, anche al bar.

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