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lunedì 29 dicembre 2014

L'amore è impossibile per Nietzsche in Norvegia

“Che tremenda creatura”, dice Nagel di Dagly, radiosa bellezza di cui è invaghito, “pur semplice com’è, con una lunga treccia e un cuore sensibile!” Non ancora un eroe negativo, ma quasi: uno, nessuno e centomila in anticipo – siamo al secondo romanzo di successo di Hamsun, dopo “Fame”, 1892 – Johan Nilsen Nagel naviga in questo mondo ma come dall’aldilà, una presenza fuori dal mondo. Nel set di maniera hamsuniano: “L’anno scorso, a metà estate, una cittadina della costa norvegese divenne teatro di avvenimenti affatto eccezionali. Vi fece infatti la sua comparsa uno straniero…”. Non è uno straniero, parla la lingua del luogo e sembra conoscere tutti, meglio di come loro stessi si conoscono, ma ne demolisce le abitudini e le certezze, le regole, i miti, lo scientismo positivo, solo fidandosi, dell’istinto. E tutti i discorsi riesce a concludere che ha avviato incongruamente, sfidando il trito e lo scontato. Non un’eccezione: fino alla fine, “Per i sentieri dove cresce l’erba”, a novant’anni o poco meno, Hamsun si prediligerà eroico in questa vena anticonformista. Se non che, poi, Nagel si innamora, anche lui, e qui non sa perché.
Il Nagel-Hamsun Walter Benjamin apparentava al Perdigiorno di tanta letteratura tedesca, e specie di Eichendorff. Una figura che Thomas Mann aveva già privilegiato nelle “Considerazioni di un impolitico”, come quello che fa a meno dell’“impegno”, politico, civile, culturale – ma in un quadro inevitabilmente reazionario, quale lo stesso Mann impolitico inavvertitamente praticava. Magris, che ha prefato l’ultima edizione di “Misteri”, nella Bur nel 1989, lo dice meglio: il perdigiorno vagheggiato da Hamsun è “uno smanioso nevrastenico, tenerissimo e insieme brutale” – Bobi Blazen lo chiama il “Grande Sgangherato”. E anche: “aperto e disponibile al desiderio come alla rinuncia, rapace e fuggiasco, questo personaggio si sottrae ai legami, ai ruoli prestabiliti, a qualsiasi impegno morale o politico”. Ben distinto da quello di Th.Mann, “filisteo romanticheggiante”, “una caricatura…. della profondità interiore che vibra nella parola Kultur”.
Quello che Magris e Bazlen non dicono è che la parte di Nagel è sfasata, confusionaria, stiracchiata. Nagel è Nietzsche in piccolo, contro la moltitudine, il numero, la menzogna, la “pseudo educazione”, la “modesta educazione spirituale”, il liberalismo, il socialismo, Gladstone, Tolstòj, Ibsen, Marx. Un giovane molto vecchio. Senza senno e anche senza virtù, più spesso sproloquia sciolto. “A che serve mettere la plebaglia in agitazione visto che poi, inevitabilmente, sono condannato alla croce?”, così argomenta di se stesso, a lungo. O: “Il famoso terrorista è il più grande, è la dimensione, l’eccezionale congegno che equilibra i mondi”. Molte pagine simili. Anche in breve: “Tutti i teologi dovrebbero uccidersi”. Ma sentenzioso più spesso per paginate.
I misteri sono sogni. Nagel se ne fa una divisa, e un motivo di successo presso le signore, ma sono anch’essi purtroppo interminabili. E l’amore? Questo è il bello del racconto: l’amore è una partita di gelosia incrociata - una partita di fughe, si direbbe in linguaggio musicale se ne esistesse il genere. O dell’impossibilità di amare, che sarà poi il grande tema proustiano. Non a somma zero, e anzi mortale.
Nagel è l’uomo in fuga. Anche, al fondo, dalla natura. Un altro tardo romantico, a suo modo. La sua è nostalgia della natura, di un astratto o perduto tempo “naturale”, oggi alienata e perduta. L’amore è solo rimpianto – l’autore è troppo impegnato. Un doppio binario, più o meno marcato, su cui Hamsun sempre si sposta. Qui molto evidente, avrebbe risolto il problema di Magris, preso soprattutto dall’evoluzione politica di Hamsun fino allo hitlerismo forsennato. La disperazione di Hamsun è posticcia, di uno che recita Nietzsche. Non inconsulta, né isolata, nella letteratura germanica, ma bisogna dirlo. Hamsun ci arriva per temperamento e non per temperie politica – scrive il meglio prima del Novecento. Essendo ironista nato. Uno non plasmabile, soprattutto non alla scuola dei buoni sentimenti, fino al suicidio morale.
Knut Hamsun, Misteri

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