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domenica 26 giugno 2016

Il mondo com'è (266)

astolfo

Arsenico – Nel primo Ottocento era popolarissimo in Inghilterra per sbarazzarsi del coniuge. Del marito, di solito, era arma femminile. Si rischiò un’epidemia, e nel 1851 l Camera dei Lords passò una legge apposita, che proibiva la vendita di arsenico alle donne. Ma più che la legge, il rimedio fu la facilitazione del divorzio legale.

Internet – Sdogana e assolve, incorona anche, come si vede con i followers di Grillo. Massime su iphone. Si prendano appunto sul telefono, con Keep o altre app: tutto normale. Si predano gli stessi appunti su carta, si è originali, o posatori. La neo sindaca di Roma Virginia Raggi posta tutto, “lacrime e proclami”, su facebook, anche se che gli spazzini evidentemente non possono essere suoi followers, e nemmeno gli autisti dell’Atac – per non dire i funzionari della “corruzione normale”. Usa adesso attraversare la strada imbambolati, attaccati all’auricolare, o anche lo sguardo incollato sule immagini e la posta dell’iphone: un attraversamento incauto qualche tempo fa avrebbe comportato stridore di gomme e imprecazioni, ora rispettose fermate a distanza. C’è anche chi scede dal marciapiedi sovrapensiero, senza strisce bianche né semafori in vista. Un po’ meno degli attraversatori incantati - è più pericoloso - ma sono rispettati anche loro. Il collegamento è tutto: siamo tutti navigatori e il collegamento è la terra promessa, il paradiso in terra – si può negare a qualcuno il paradiso?
Nessun paragone naturalmente tra i messaggi in rete, da Obama a Grillo, presto dimenticati e comunque volatili, e gli  impegni su solida carta: la credibilità viaggia su internet. Sarà per questo volatile, e comunque inconsistente, è fatta d’aria.

Italia – “La favola triste e paranoica della decadenza italiana” lamenta Amedeo Quondm su “La lettura”commentando la sua edizione delle prime edizioni del “Cortegiano”, grande immediato successo editoriale internazionale quando uscì nel 1528.  Per una sorta di complesso d’inferiorità di cui prova a cercare le cause: “Le persistenti difficoltà nei confronti delle culture del Barocco”, lo “spagnolismo” e la “decadenza” italiana, “anche morale”, “o ancora il luogo comune dell’invidia della Riforma (figli, noi italiani, di un Dio minore perché non abbiamo avuto Lutero)”. Ma è l’indigenza della sua professione, della storiografia italiana. L’esterofilia ne è un esito, a fronte della messe di dati e letture della storia del mondo, in Europa e altrove: di che sentirsi al confronto dei babbuini – anche se l’esterofilia italiana è più spesso di luoghi comuni (anche questo un effetto indotto dalla misera cultura storica).

Nativismo – Ha fatto vincere il Brexit ed è il maggior propulsore della campagna elettorale di Trump. A lungo sinonimo di innatismo, del carattere innato di linguaggi, idee, funzioni, e anche cognizioni, è da alcuni decenni un’estremizzazione dei nazionalismi. Nel senso di escludere le immigrazioni. Oppure di rallentarne la nazionalizzazione, condizionandola al possesso della lingua, e più ancora al passare delle generazioni – esigendo una sorta di quattro quarti di nazionalità.
È questa la sola accezione che Wikipedia regista del termine: “un movimento anti-immigrazione, non razzista, per motivi sociali: la concorrenza sleale che il lavoro immigrato farebbe al lavoro locale. Un movimento che Wikipedia registra nel mondo anglosassone, Australia, Canada, Nuova Zelanda, Usa, e da alcuni anni, aggiunge, in Europa – il Brexit è stato determinato soprattutto da questo, l’opposizione alla immigrazione..
Già Benjamin Franklin ne era un sostenitore: opponeva il nativismo ai tedeschi in Pennsylvania. Qualche anno questo fu il motivo della rottura tra Jefferson e i Federalisti: il partito Federalista nel 1798 approvo una serie di leggi anti-immigrazione, gli Alien and Sedition Acts. Che anticipano un altro dei temi odierni: l’immigrazione veniva collegata al disordine politico e alla criminalità. Erano diretti contro l’immigrazione dalla Francia postrivoluzionaria e dall’Irlanda antibritannica, con elementi politicamente radicali. Alle elezioni di due anni dopo i jeffersoniani fecero campagna contro queste leggi, vinsero, e le abrogarono.  

Nazionalismo – È l’ideologia cardine, politica se non economica, dell’Europa da un quarto di secolo, dalla guerre jugoslave in poi. Del continente cioè che per il nazionalismo aveva combattuto le due guerre mondiali, e quindi se ne riteneva esorcizzato. Anche all’Est, nel blocco sovietico, l’Urss si qualificava per il rifiuto del nazionalismo, pur codificando le minoranze e in qualche modo proteggendole – era la dottrina di Stalin, ma non contestata.
In Europa Occidentale il nazionalismo è stato per alcuni decenni un’ideologia al bando. Si pregiava il cosmopolitismo, parola oggi desueta, e l’incrocio delle culture o meticciato era ritenuto il motore della civiltà. L’unico nazionalismo che si accettava era, al tempo delle indipendenze coloniali, negli anni 1950-1960, una sorta di nazionalismo antinazionalista, per la libertà e l’indipendenza.
Oggi l’atlante del nazionalismo europeo è estremamente frastagliato e complesso. Nazionalisti sono i movimenti anti-Ue in molti paesi: in Gran Bretagna naturalmente, e in Francia, Germania, Spagna, Italia, Grecia. Tenuti a freno dalla convenienza economica, ma non del tutto. Il Belgio è diviso irreparabilmente tra fiamminghi e valloni. La Gran Bretagna tra inglesi, scozzesi e irlandesi. In Spagna la Catalogna potrebbe aprire la via alla secessione anche dei Paesi baschi e della Galizia. I problemi più ardui sono posti dalla Russia, che non ha confini naturali a Ovest, e vi ha avuto frontiere ondeggianti negli ultimi due secoli: quelli con l’Ucraina sono da qualche anno materia di conflitto aperto, altri se ne potrebbero aprire con la Polonia, la Romania e la Turchia.

Siriani – Steve Jobs era uno di loro. Uno degli immigrati per antonomasia dell’attuale ondata di sbarchi in Europa. Era nato negli Usa ma da padre siriano: il personaggio eponimo degli Stati Uniti oggi faceva parte in qualche modo del mondo eponimo degli immigrati che ora si rifiutano.
Il padre, che all’epoca lavorava da meccanico (ma era uno dei più giovani dottorandi negli Usa, e sarà poi professore di Scienza politica), e la madre, una ragazza svizzera, lo diedero in adozione appena nato, a Paul e Clara Jobs. Che adotteranno anche una bambina, ma pochi anni dopo, quando Steve aveva sette anni, divorzieranno. I genitori naturali invece si sposeranno, e  daranno a Steve una sorella, Mona Simpson, che sarà romanziera e autrice cinematografica. Steve Jobs sarà sempre molto legato ai genitori adottivi, e si rifiuterà di incontrare i genitori naturali.

astolfo@antiit.eu

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