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giovedì 25 febbraio 2021

Il narratore a caccia del personaggio

Un racconto pirandelliano, “chi è chi?”, senza saperlo, che va veloce come un giallo. Come l’autore stesso mette sull’avviso prima di cominciare, naturalmente negandolo – il giallo, non Pirandello, di cui non c’è menzione. Chi è Smurov, che pure è un personaggio d’autore? Un agente provocatore, una spia di Lenin, un imbroglione, un profittatore di amori ancillari, un “mancino sessuale” (omosessuale represso), un cleptomane? Di tutto e di più: i personaggi devono essere memorabili, ma a volte, riflette lo stesso loro creatore, “tutta la loro esistenza non è stata altro per me che sfarfallio su uno schermo”. Per un autore epico, o tragico, un nodo, più inestricabile che di Nordio, per Nabokov, specialista di lepidotteri, uno sfarfallio.
Un suicidio fallito fa del narratore lo spettatore di se stesso. E gli apre la porta del possibile, al gioco delle sliding doors, del “che cosa sarebbe successo se…”. “L’occhio” è del narratore, che tutto vede naturalmente, benché sfuocato. Innamorato della donna di cui è innamorato il personaggio di cui racconta. Sia lui che lei essendo “in tutto  per tutto una mia creazione”, si consola a un certo punto il narratore. E sarà un trionfo dell’amore, la storia deve pure concludersi. La storia di un amore, allora, “l’amaro dell’amore travagliato”, Nabokov conclude beffardo la sua presentazione.
Ma non è finita. “Scoprire all’improvviso che la vita reale è un sogno è terrorizzante, ma quanto più è terrorizzante è il momento in cui ciò che si credeva un sogno  - fluido e irresponsabile – comincia all’improvviso ad aggrumarsi in realtà!”. Insomma, un distillato di Pirandello: il narratore  diventato personaggio tra i personaggi della sua narrazione: non si può dire il “colpevole”, ma si sa chi è.
Vladimir Nabokov, L’occhio, Adelphi, pp. 101 € 10

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