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martedì 22 gennaio 2013

L’Europa è fuori dell’Europa

L’idea non è di ora, è di novant’anni fa: deve necessariamente accadere qualcosa di nuovo. E dunque diremo Husserl contemporaneo, o l’Europa attardata? È dell’Europa che si parla, “L’idea di Europa” del padre della fenomenologia è come uscirne fuori, dalla crisi dell’Europa. Husserl se la cava: filosofia (critica) è rinnovamento, non c’è Europa senza filosofia, non c’è Europa senza rinnovamento.
La raccolta è l’avvio di una ossessiva riflessione, postbellica, che si concluderà nel 1935 con la conferenza viennese “La crisi dell’umanità europea e la filosofia” - tre anni prima della morte, da tre anni fuori dall’università per essere di famiglia ebraica, benché patriota, padre di tre volontari della grande guerra, uno morto, uno ferito grave, Elli infermiera al fronte. E confluirà nel postumo “La crisi delle scienze europee”. Della fenomenologia intesa come “filosofia della libertà” (Lévinas). Quando l’Europa Husserl vedrà fuori dell’Europa, negli Usa, e in Africa e in Asia nelle ex colonie.
Questa è l’Europa del 1922, dopo la “fine della civiltà”, con la Grande Guerra e la sconfitta della Germania. La guerra che lo stesso Husserl ancora nel 1917, dopo le battaglie-carneficine di trincea, proponeva insegnando Fichte come “il destino grande e severo, al di là di ogni immaginazione, della nostra nazione tedesca”. La sconfitta avrà effetti traumatici duraturi, su Husserl come su tutta la Germania, in parte in digeriti. Due anni dopo la sconfitta Husserl vedeva nella guerra “indicibile miseria, non solo morale e religiosa, ma anche filosofica” – religiosa? morale? non tedesca? E contestava a Spengler il “tramonto”: “Una fatalità, un destino che ci sovrasta? Sarebbe un destino fatale soltanto se lo accettassimo passivamente”. Qui, sollecitato dalla rivista giapponese “Kaizo”, mette a punto e reitera in cinque saggi il progetto di una filosofia come responsabilità. Lo stesso metodo dice non “esercizio preambolare” ma “responsabilità di sé”. Di cui “l’idea europea” è “manifestazione esemplare”, e solo essa.
È Nietzsche (“Al di là del bene e del male”) rovesciato, cinquant’anni dopo e proprio nel momento peggiore dell’Europa: il continente come “penisoletta avanzata dell’Asia”, che “vorrebbe rappresentare a tutti i costi, rispetto all’Asia, il «progresso degli uomini»”. La filosofia, nata in Grecia, è l’entelechìa propria dell’umanità”. L’Europa è sprofondata, nella guerra e dopo, nella crisi della sua stessa cultura, ma “deve necessariamente accadere qualcosa di nuovo”.  Husserl vorrebbe una scienza dell’uomo - della conoscenza, della filosofia - analoga alla matematica per la natura. Ma contro una visione naturalistica della politica, cioè burocratica.
Oggi, facendo ancora un altro balzo oltre il fascismo, sarebbe pro o contro questa Ue, per molti aspetti la scomparsa della “sua” Europa?
Husserl, L’idea di Europa

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