Cerca nel blog

mercoledì 20 marzo 2013

Secondi pensieri - 136

zeulig

Amore - È musica per il dolce Erasmo. è musica. Che non fu sposo e forse nemmeno innamorato, ma se n’intendeva, figlio di un seminarista e una ragazza senza famiglia.

Astinenza – È il fatto della liberazione più che della repressione. Si diventa astinenti, e anzi disappetenti, in regime di liberazione: etica, politica, sessuale.

Bugia – Una lieve può pesare più di una pesante. Un incontro al bar con un amico per una chiacchiera fatto passare per una commissione pesa più di un convegno d’amore segreto. Il fatto pesante giustifica la bugia. Altrimenti essa è effettivamente bugiarda, una falsa pista disseminata non per un motivo preciso ma per alzare una parete, tenersi al riparo dall’intrusione, dalla semplice attenzione, degli altri. Degli amici e gli amati più che di ogni altro.

Corpo – Soffre nella liberazione più che nella repressione, a giudicare dai fatti storici: fantasticato, elogiato, desiderato quando era proibito, circoscritto e condannato da quando è libero.
Anche come fatto culturale: cancellato dalla morale puritana, intesa come morale coerente, blandito e anzi vissuto da una morale restrittiva, ma solo teoricamente. Succede così nell’arco di una vita, di metà di una vita, venti-trent’anni, di passare dal contatto libero dei corpi, anche solo in segno di amicizia o di complicità, il linguaggio dei corpi è molto comunicativo, e dall’ironia sul “niente sesso siamo puritani”, sull’obbrobrio dell’abbraccio tra uomini se non come segno di omosessualità, e perfino della stretta di mano, della carezza, del buffetto, dello sfioramento anche casuale, all’accettazione piena dello stesso pregiudizio. Lo scandalo è ora il contatto fra i corpi che la vecchia morale compromissoria accettava e anzi blandiva.
Il pregiudizio si estende anche all’azione terapeutica del contatto fisico. Si è sempre detto dei bambini che hanno bisogno del contatto fisico, di mantenerlo in qualche modo dato che la loro gestazione è stata lunga in corpore, ora si vuole il contrario. Più coppie di genitori hanno promosso un astioso processo a Roma a un’educatrice per l’infanzia che abbracciava i loro figli alla scuola materna (3-5 anni). La psicologa dell’infanzia Oliverio Ferraris sostiene che “non c’è alcun bisogno di baci e abbracci intesi per tranquillizzare i bambini”. Anzi, l’abbraccio e il bacio possono essere intesi dal bambino, secondo la psicologa, come intrusioni. Nella causa ormai decennale contro l’educatrice romana, arrivata al terzo grado di giudizio, con dispendio quindi di tempo e di soldi, le coppie di genitori sottintendono nelle sue effusioni segni di perversione.  

Esistenzialismo - L’esistente che non è, si fatica a pensarlo pensiero filosofico. L’ateo che dice che Dio non è, mentre c’è. O Marx che dice che il capitale non è, mentre c’è. E viceversa, il capitale che dice che il marxismo non è, il che è già più vero, adesso ce n’è poco, ma insomma c’è. O Heidegger, per il quale, dietro i ghirigori e lo sciamanesimo, niente è e niente c’è.
Ma c’è, ironicamente, seppure non sia pensiero filosofico. Nasce in un luogo e in tempo preciso, quello della Riforma in Germania, a opera di un personaggio preciso, Lutero. Ma in un ambito di pensiero già tracciato, biblico o semitico.

Freud – “Che idee balorde”, dice lo scrittore Berto, patito di psicoanalisi, a un certo punto di “Anonimo Veneziano”, “nemmeno a Freud devono essere venute in mente”. Lapsus? È la circolarità del freudismo, il paradosso di Epimenide cretese.

Gelosia – È violenza? I gelosi, ha stabilito Galeno, passano dal sospetto all’odio, dall’odio al delirio, e da questo all’assassinio, non al suicidio.

La gelosia esiste, si sa. E viene, si dice, con l’amore. L’amore di sé esclusivo, feroce. Ma è ferale pure l’indifferenza

I potenti evitano le gelosie tramite le opere liturgiche. Alcibiade lo spiega in Tucidide nel discorso agli ateniesi.

S’intende del rapporto d’amore, e nell’amore in quello di coppia e non in quello parentale, o filiale. Si dà di tutte le passioni mane, ma s’intende di quelle di coppia. Che non si tiene se manca la connivenza. O al contrario appunto il ricatto della gelosia, grumo delle passioni nere, distruttrici e vivificanti. Senza le quali la possibilità illimitata di rapporti intimi cozza col pudore.
A meno di non tornare al coniugio antico, di Demostene: “Abbiamo etère per il piacere, concubine per le esigenze quotidiane, e mogli per darci figli legittimi e curare la casa”. Che non è male. Neanche per le mogli. Il diritto romano prevedeva il prestito della moglie, se lei s’invaghiva di qualcuno e questi la richiedeva.

Morte – Il discorso sulla morte è la paura della morte. Del dolore che spesso le si accompagna. Fisico o anche solo psichico. Di non aver fatto o non poter fare con soddisfazione quello che forse si desiderava e non si è saputo o potuto fare. Oppure, indistintamente, di dover abbandonare la gioia, comunque, di vivere – le parentele, le amicizie, è qui il senso della famiglia e del lutto. Anche i discorsi di saggezza sulla morte – sulla verità della vita – sono autoconsolatori, esercitazione psicoanalitica. Altrimenti la morte è ordinaria, come uscire di casa la mattina. Anche per le persone più vicine, i parenti e gli amici.
O è eccezionale? Allora, la vita lo è.  

Perversione – Si soggettiva sempre più – come ogni altra esperienza reale. Specie quelle a  carattere sessuale. E tra esse quelle sui bambini – il diritto tende a escluderla tra adulti. Specie tra i genitori nei confronti dei bambini, dei loro bambini. Una forma di paura, irrelata ai fatti reali.

Realismo – Si ripropone mentre una soggettivizzazione radicale investe l’esistente – in reazione a essa? Si procede per l’immaginazione del reale, in tutte le sue sfaccettature. E più in quelle del male, che si vede in ogni manifestazione. Una soggettivizzazione, quindi, come tale portata dalla depressione che sempre si accompagna alla decadenza. O anche alla soggetivizzazione di ogni evento che la psicoanalisi teorizza.

Serve alla verità. Bisogna essere per la “morale della storia”, come volevano i “Quaderni piacentini”, solo perché la storia approdi a negare se stessa: le guerre, i massacri e i processi. E, bisogna aggiungere, le sciocchezze.

Il reale non è indifferente. E in questo senso è straordinario. Ma non nel senso proprio della parola: la realtà è più spesso ordinaria, regolata, ripetitiva: le stagioni, i cicli, i fenomeni naturali. La letteratura invece non lo è, anche se è reale, e l’arte. Lo sono diventate nel secondo Novecento e in questo inizio di millennio, in Europa, in Italia, in questa loro storia senza precedenti di pace, di benessere anche, ma vissuta nella cattiva coscienza e i sensi di colpa. Al punto da imporre ognuno il proprio minuscolo io, in una prospettiva soggettivistica, anzi da pratica confessionale, che infetta anche la letteratura. Dov’è più il realismo nell’orizzonte circoscritto? Nell’esibizione dell’autore - non nella magnificenza dell’opera ma nei suoi stati d’animo? Ogni autobiografia non può che essere mediocre. Anche quella del letterato o artista – solo eccezionalmente è eccezionale, e allora per sapiente drammatizzazione-rappresentazione (Proust ha dovuto scrivere migliaia di pagine  per convincerci che la sua è in qualche modo straordinaria - e non si sa se è per questo, la lunghezza, più o meno grande scrittore).

Nessun commento: