sabato 23 agosto 2025
Cronache dell’altro mondo – circoscrizionali Democratiche (354)
I legislatori della California hanno votato in prima lettura (altre due sono necessarie) un piano di ristrutturazione delle circoscrizioni elettorali del governatore Gavin Newsom per passare cinque seggi finora detenuti dai Repubblicani ai candidati Democratici al voto di medio termine fra un anno.
Diderot, recalcitrante, fa il manuale del buon attore
All’origine
una recensione, richiesta da Grmm per la sua “Correspondance littéraire”, di un
libro inglese, tradotto da Antonio Sticotti, su Garrick, “Garrick ou les
acteurs anglais”.Opera “contenente riflessioni sull’arte drammatica, sull’arte
della rappresentazione e sul gioco degli attori”. Garrick è l’attore-produttore
inglese di teatro che dominò le scene a metà Settecento, di fama dilagante da
Londra in tutta Europa. Sticotti è della grande famiglia di comici italiani in
giro per l’Europa nel Settecento. Diderot era anche autore, anche lui, di teatro,
ma senza grandi soddisfazioni.
Dopo
“Il nipote di Rameau”, dodici anni prima, la recensione è una ripresa, in
sordina, dell’interesse per il teatro. Ma distaccato, come se avesse perduto l’ambizione
a dominare le scene. Non aveva nemmeno pubblicato la sua terza è ultima commedia, ”Est-il
bon? Est-il méchant?”. Come una caduta del desiderio, o della soddisfazione del
soliloquio, senza interlocutore reale. Aveva cominciato anche a non andare più
a teatro, a meno di obblighi sociali. Ma – aggiunge il curatore dell’edizione francese, Jean Godsznik, non si dice anche
che “si ama sempre più (e più a lungo) il teatro quanto meno lo si frequenta”?
Il
fatto è che Diderot tornò a lavorare sulla recensione per un decennio, tra il
1770 e il 1780, ingrossandola e molto affinandola. Ma non si curò di
pubblicarla – è avvenuto solo nel 1830. E ora si può affermare - è stato fatto:
“Non esiste opera di Diderot più letta, più commentata, più contestata e più
sicura di sopravvivere”.
In
forma di dialogo, opinioni non sempre omogenee sul mestiere della recitazione.
Ma soprattutto aneddoti e notazioni sulla vita letteraria e teatrale del
secondo Settecento. In forma di dialogo fittizio, fra un Primo Interlocutore e
un Secondo Interlocutore. Con l’interpolazione di una o due scene del Moliére
minore, “Il dispetto amoroso”, “un attore” e “un’attrice”. Oltre alle
osservazioni sul mestiere della recitazione,
Denis
Diderot, Paradosso sull’attore,
Editori Riuniti, pp.181 pp. vv.
venerdì 22 agosto 2025
Letture - 588
letterautore
Biografie – Bisogna fare la tara del biografo,
prima di accedere al biografato, spiega Lauren Kane, slla “New York Review of
Books”, recensendone alcune – “Get a Life”Fatti una vita”. Spiegano le opere, ma anche no – sicuramente riflettono
l’autore, il biografo non il biografato. n
Bovary – È il prototipo
della “donna perduta” all’opera nel secondo Ottocento?
È il
tema di alcuni seminari di studio della
“New York Review of Books”, in particolare su “Lucia di Lammermoor” –
che però è molto anteriore a “Madame Bovary” – insieme con “La Traviata” e con “Madame
Butterfly”.
Céline – “Céline con le unghie sporche”, registra E.
Jünger a un certo punto dei diari parigini (“Irradiazioni”, p. 192: “Entro ora
in una fase nella quale la vista dei nichilisti mi diviene fisicamente
insopportabile”.
Qualche pagina prima ne registrava invece un’immagine positiva: “A sera da
Armance, che è inferma: si è ferita a un piede a casa di Céline. Mi ha
raccontato che questo autore, nonostante le sue grandi rendite, è sempre a
corto di denaro, poiché lo distribuisce completamente alle prostitute, che, con
tutte le loro malattie, ricorrono alle sue cure”.
Poco più in là, avendo conosciuto Céline personalmente, resta tramortito
dal suo feroce antisemitismo, aggressivo, che imponeva agli interlocutori. E
prndee a chiamarlo Merline, per poterne parlare male senza rischio di denunce
(se non che Céline essendosi querela contro la traduttrice in francese dei
diari, che al posto di Merline aveva addirittura scritto Céline, dopo la causa
anche Merline fu cambiato. Più tardi, in una lettera del 1994 (a Helmut
Krausser), Jünger confermò: “Merline”, personaggio sgradevole, era
Céline. In vari passi. Il più noto ricorre il 7 dicembre 1941, un pomeriggio
all’Istituto tedesco, Céline si dilunga con discorsi
“selvaggiamente antisemiti”:”Fra gli altri c’era Merline, grande, ossuto,
forte, un po’ goffo, vivace nella discussione, anzi nel monologo. È caratteristico
quel suo sguardo da maniaco introvertito, che riluce come dal fondo di una
caverna. Non guarda né più a sinistra né a destra: si ha l’impressione che
cammini incontro a una meta sconosciuta. «Io ho la morte sempre al mio fianco»,
e indica una sedia come se ci fosse seduto sopra un cagnolino. È sorpreso,
urtato di sentire che noi soldati non fuciliamo, non impicchiamo e non
sterminiamo gli ebrei; sorpreso che qualcuno, avendo una baionetta a
disposizione, non ne faccia un uso illimitato. «Se i bolscevichi fossero a
Parigi vi darebbero un esempio, vi mostrerebbero come si pettina la
popolazione, quartiere per quartiere, casa per casa. E avessi io la baionetta,
saprei cosa farne».
È qui che Jünger rivela che la Banine, la traduttrice dei diari in francese del
1951, detestando anche lei Céline, utilizzò il nome vero al posto dello
pseudonimo, per cui ci fu una causa per diffamazione contro Jünger. Il quale,
per mettere fuori bersaglio la sua amica intima Banine,
all’interrogatorio disse che si doveva essere trattato di un refuso.
Céline, se una cosa fu sempre, nella vita agitata e scombinata, prima e
dopo il Grande Romanzo, prima e dopo l’antisemitismo e il
collaborazionismo, fu il medico dei poveri. Il suo antisemitismo è dubbio che
sia stato filotedesco - era ferocemente anche anti-boche,
antitedesco, come combattente mutilato della Grande Guerra. Ma è possibile che
fosse invadente, perché fu feroce - come era nel suo stile di scrittura,
aggressivo - e costante. Per almeno quattro libelli. E della stessa tipologia
dei poveri suoi pazienti, sicuramente, dubitare e imprecare contro gli ebrei
erano discorso comune.
Risentito nella vita quotidiana, come un piccolo borghese qualsiasi - quelli di
"Morte a credito", che erroneamente si sottovaluta. Nel cui
armamentario rientrava l’abominio dell'ebreo, in quanto presunto soggetto di
privilegio. Con l’aggiunta del complottismo - dell’ebreo che trama guerre e
rivoluzioni. Una deriva da cui Céline era inizialmente esente - lo è anche nel
romanzo. Che però maturò col soggiorno a Mosca nel 1935 per godere dei diritti
d’autore del “Viaggio”, col libello “Mea culpa” – che Giovanni Raboni ha voluto
tradurre. Su cui ha concatenato la paura, in lui molto viva, quasi paranormale,
e motivata, della guerra imminente, e poi della guerra già perduta, nei tre
altri pamphlet, uno ogni due anni, “Bagattelle per un massacro”,
“La scuola dei cadaveri”, “Le belle bandiere” (o “La bella rogna”). Il
tutto innestandosi sull’esperienza dello stesso Céline medico alla Società
delle nazioni, funzionario dell’organizzazione della sanità, quella che poi
sarà l’Oms. Ed è questo il primo risentimento raccontato, ne “La chiesa” – in forma
drammatica perché Céline cullava l’illusione di farsi ricco col teatro. L’operetta
del 1926, sette anni prima del “Viaggio”, rifiutata dagli editori e dai teatranti,
è probabilmente il primo testo letterario del dottor Destouches, il futuro
Céline, nel 1926, contemporaneo al “Progresso”. Due abbozzi di commedia,
definiti dall’autore farse. Dove però non si ride, al più si ghigna: due testi
satirici. Uno contro il vizio del voyeurismo, suo proprio, dell’autore, e “La
chiesa” contro il carrierismo alle Nazioni Unite, all’insegna ipocrita della
pace e lo sviluppo, ambiente che il dottore conosceva per averci lavorato a più
riprese per un decennio (a quella che sarà l’Oms, l’organizzazione per la
sanità): “Il tema della farsa è esplicito: sollevare il velo sulle buone
intenzioni degli uomini chiamati a compiti di responsabilità negli organismi
internazionali che si occupano dello sviluppo e del progresso delle popolazioni
più indigenti”. La “farsa” ha, tra i luoghi comuni sulle massonerie, l’ebreo
cinico Yudenzweck (“la cosa ebraica”), uomo senza emozioni.
Ma, ecco il punto, quello di Céline non era un (ri)sentimento isolato. Su Yudenzweck
sembra ricalcato il Solal di tanti libri di Albert Cohen, anch’egli per qualche
tempo ginevrino, anch’eglig alla Società delle nazioni (all’Ilo,
l’organizzazione del lavoro).
Qualche pagina prima ne registrava invece un’immagine positiva: “A sera da Armance, che è inferma: si è ferita a un piede a casa di Céline. Mi ha raccontato che questo autore, nonostante le sue grandi rendite, è sempre a corto di denaro, poiché lo distribuisce completamente alle prostitute, che, con tutte le loro malattie, ricorrono alle sue cure”.
Poco più in là, avendo conosciuto Céline personalmente, resta tramortito dal suo feroce antisemitismo, aggressivo, che imponeva agli interlocutori. E prndee a chiamarlo Merline, per poterne parlare male senza rischio di denunce (se non che Céline essendosi querela contro la traduttrice in francese dei diari, che al posto di Merline aveva addirittura scritto Céline, dopo la causa anche Merline fu cambiato. Più tardi, in una lettera del 1994 (a Helmut Krausser), Jünger confermò: “Merline”, personaggio sgradevole, era Céline. In vari passi. Il più noto ricorre il 7 dicembre 1941, un pomeriggio all’Istituto tedesco, Céline si dilunga con discorsi “selvaggiamente antisemiti”:”Fra gli altri c’era Merline, grande, ossuto, forte, un po’ goffo, vivace nella discussione, anzi nel monologo. È caratteristico quel suo sguardo da maniaco introvertito, che riluce come dal fondo di una caverna. Non guarda né più a sinistra né a destra: si ha l’impressione che cammini incontro a una meta sconosciuta. «Io ho la morte sempre al mio fianco», e indica una sedia come se ci fosse seduto sopra un cagnolino. È sorpreso, urtato di sentire che noi soldati non fuciliamo, non impicchiamo e non sterminiamo gli ebrei; sorpreso che qualcuno, avendo una baionetta a disposizione, non ne faccia un uso illimitato. «Se i bolscevichi fossero a Parigi vi darebbero un esempio, vi mostrerebbero come si pettina la popolazione, quartiere per quartiere, casa per casa. E avessi io la baionetta, saprei cosa farne».
È qui che Jünger rivela che la Banine, la traduttrice dei diari in francese del 1951, detestando anche lei Céline, utilizzò il nome vero al posto dello pseudonimo, per cui ci fu una causa per diffamazione contro Jünger. Il quale, per mettere fuori bersaglio la sua amica intima Banine, all’interrogatorio disse che si doveva essere trattato di un refuso.
Céline, se una cosa fu sempre, nella vita agitata e scombinata, prima e dopo il Grande Romanzo, prima e dopo l’antisemitismo e il collaborazionismo, fu il medico dei poveri. Il suo antisemitismo è dubbio che sia stato filotedesco - era ferocemente anche anti-boche, antitedesco, come combattente mutilato della Grande Guerra. Ma è possibile che fosse invadente, perché fu feroce - come era nel suo stile di scrittura, aggressivo - e costante. Per almeno quattro libelli. E della stessa tipologia dei poveri suoi pazienti, sicuramente, dubitare e imprecare contro gli ebrei erano discorso comune.
Risentito nella vita quotidiana, come un piccolo borghese qualsiasi - quelli di "Morte a credito", che erroneamente si sottovaluta. Nel cui armamentario rientrava l’abominio dell'ebreo, in quanto presunto soggetto di privilegio. Con l’aggiunta del complottismo - dell’ebreo che trama guerre e rivoluzioni. Una deriva da cui Céline era inizialmente esente - lo è anche nel romanzo. Che però maturò col soggiorno a Mosca nel 1935 per godere dei diritti d’autore del “Viaggio”, col libello “Mea culpa” – che Giovanni Raboni ha voluto tradurre. Su cui ha concatenato la paura, in lui molto viva, quasi paranormale, e motivata, della guerra imminente, e poi della guerra già perduta, nei tre altri pamphlet, uno ogni due anni, “Bagattelle per un massacro”, “La scuola dei cadaveri”, “Le belle bandiere” (o “La bella rogna”). Il tutto innestandosi sull’esperienza dello stesso Céline medico alla Società delle nazioni, funzionario dell’organizzazione della sanità, quella che poi sarà l’Oms. Ed è questo il primo risentimento raccontato, ne “La chiesa” – in forma drammatica perché Céline cullava l’illusione di farsi ricco col teatro. L’operetta del 1926, sette anni prima del “Viaggio”, rifiutata dagli editori e dai teatranti, è probabilmente il primo testo letterario del dottor Destouches, il futuro Céline, nel 1926, contemporaneo al “Progresso”. Due abbozzi di commedia, definiti dall’autore farse. Dove però non si ride, al più si ghigna: due testi satirici. Uno contro il vizio del voyeurismo, suo proprio, dell’autore, e “La chiesa” contro il carrierismo alle Nazioni Unite, all’insegna ipocrita della pace e lo sviluppo, ambiente che il dottore conosceva per averci lavorato a più riprese per un decennio (a quella che sarà l’Oms, l’organizzazione per la sanità): “Il tema della farsa è esplicito: sollevare il velo sulle buone intenzioni degli uomini chiamati a compiti di responsabilità negli organismi internazionali che si occupano dello sviluppo e del progresso delle popolazioni più indigenti”. La “farsa” ha, tra i luoghi comuni sulle massonerie, l’ebreo cinico Yudenzweck (“la cosa ebraica”), uomo senza emozioni.
Dante – “Quanti libri su Dante possono
uscire in un trimestre?”, si chiede Boitani sornione (“Sole 24 Ore Domenica”
17 agosto). E si risponde: “Sembra ci siano periodi dell’anno in cui essi
planano con la stessa frequenza delle stelle cadenti attorno al 10 di agosto”.
A
proposito di “Dante e il mare”, di Donato Pirovano, e di
“La materia di Dante. Dante e la materia del mondo”, di Ambrogio Camozzi
Pistoja.
Filologia
– Serve alla creazione meglio degli stessi autori, che
spesso si confondono, e quasi sempre non sono organizzati – non mancando i motivi
per mentire. Gabriele Pedullà, “Domenica” del
“Sole 24 Ore” 17 agosto, lo spiega con un caso famoso, la poesia di Saba “A mia
moglie”. Recensendo
un’opera di ricostruzione filologica al poema dedicata, a opera di Stefano Carrai, il titolare di Letteratura alla
Normale di Pisa, “L’autografo di «A mia moglie»”, che dimostra tutto il contrario di quanto andava
dicendo Saba: “Per chi si interessa dei
segreti della creazione artistica le
carte e le ricerche dei filologi rimangono, a conti fatti, più affidabili degli
autori stessi”.
Saba ha
sempre sostenuto di avere composto la poesia “di getto”. Per esempio in “Storia
e cronistoria
del Canzoniere”: “Devo averla composta in uno stato di incoscienza, perché io, che quasi
tutto ricordo delle mie poesie, nulla ricordo della sua gestazione… Né la
poesia ebbe mai bisogno
di ritocchi e di varianti”.
Carrai ha invece rinvenuto tra le
carte di Saba cancellature, anche radicali, riscritture, e varianti (indecisioni), molte. Anche a
distanza di tempo. G. Pedullà è così portato a concludere: “Per chi si interessa ai segreti
della creazione artistica le carte e le ricerche dei filologi rimangono, a
conti fatti, più
affidabili degli autori stessi”.
L’autore è un fingitore – si direbbe con Pessoa, o
Tabucchi.
Principe Nero
- Sono tanti, nella storia e nella
fantasia. G. Greene, “Un americano tranquillo”,135), ha quello di Limoges –
quello “che ha massacrato tutte le donne e tutti i bambini di Limoges”.
Romanzo politico – “Viviamo in un
mondo politico”, per dirla con Bob Dylan (1989: “We live in a polical world\
Love don’t have any place\ We’re living in times\ Where men commit crimes” -nulla
di eccezionale, eccetto la rima times-crimes. E su questo tema la “NewYork
Review of Books” tiene una serie di seminari, uno a settimana, sugli autori che
meglio ne hanno fatto uso - “Stranger than fiction” è il filo conduttore:
narrazioni di date, personaggi, eventi irreali e normali, senza cadere nell’irreale,
utopico o distopico. Tra i primi autori studiati Conrad (“Cuore di tenebra”,
“L’agente segreto”, “Nostromo” ), H.G.Wells (“La macchina del tempo”, “L’isola
del Dr.Moreau”), Anthony Trollope e Ursula Le Guin (“The Dispossessed”).
Il
romanzo, in realtà, non è da secoli che vi si è adattato – forse già dalle “Lettere
persiane” di Montesquieu, dal “Candido” di Voltaire – perfino da Sterne, “Vita
e opinioni di Tristram Shandy”?
letterautore@antiit.eu
Dante e l’indicibile
Acclamato
dal “Financial Times per la fedeltà e la chiarezza, David Macleod Black, poeta
e psicoanalista scozzese di origi sudafricana, completa a 83 anni la sua
traduzione della “Commedia”. Già acclamato per il “Purgatorio”, pubblicato in
traduzione nel 2022, premiato col National Translation Award in Poetry
britannico. La nuova traduzione era stata avviata col poeta irlandese Ciaran
Carson, cui si deve l’“Inferno” – deceduto dopo la pubblicazione.
È
la ennesima traduzione di Dante, della “Commedia”, disponibile in inglese,
segno di una forte domanda. Questa si segnala, spiega Black nel saggio che la
accompagna, per esaltare in questo ultimo Dante un mondo angelico, di libera
volontà, grazia, e amore. Con la forma dell’universo e come trovare posto in essa.
Con “inventive daring” e “linguistic ingenuity” , audacia inventiva e robustezza
linguistica. E per l’aspetto quasi avanguardistico, di ricerca: “Dante stira il
linguaggio ai suoi ultimi limiti, provando a rendere vivido e tangibile l’ineffabile
e il sublime”. Confortato da T.S.Eliot:
“La Divina Commedia è un richiamo costante… a esplorare, a trovare parole per l’inarticolato,
a catturare quelle sensazioni che si possono con difficoltà avvertire, perché
non ci sono parole per esse”.
D.M.Black
(a cura di), Dante Alighieri in Paradiso,
“The New York Review of Books”, pp. 400 $ 14,95
giovedì 21 agosto 2025
Meloni al tramonto - 2
E così tutto l’intrigo bancario del
suo governo sarà stato di donare Bpm ai francesi di Crédit Agricole, e
Mps-Mediobanca-Generali agli eredi Del Vecchio. Un po’ da perecottari, si
direbbe nel suo gergo, della presidente del consiglio Meloni, ma non è poi la
conclusione che la mette in ginocchio, è l’approccio che Meloni ha sbagliato,
il pauperismo-populismo dell’antico fascio sociale buttato, come nella vecchia tradizione
populista, sopra alle banche – un po’, anche, come al tempo dei demo-pluto-massonici,
i riflessi condizionati si autogestiscono. Gli affari non perdonano, e Milano è
specialmente sensibile su questo.
Meloni non sa e non capisce che la
banca è tutti noi, e che le intromissioni politiche sono viste – non lo sono? – come
veleno. Senza alcun effetto a suo vantaggio
(non ha una banca, non ha niente, solo paura) ha spaventato i più – cioè tutti
quelli che hanno un conto (che a regola delle leggi Monti e Draghi dovrebbero
esere tutti gli italiani, tutti con carta di pagamento e onusti di un conto corrente,
anche per pochi euro di reddito). Il potere delle banche è evidente a tutti, solo a Meloni
no? E comunque non sa che i suoi stessi beneficiati,
soprattutto in Bpm, sono democristianissimi che mai la voteranno –una romana,
per di più. Le 1.500 filiali del gruppo, tutte più o meno sopra l’Appennino, e i
suoi quattro milioni di clienti saranno certamente diffidati dal votarla - è ben una ex Popolare. La Lega
si riprenderà la Lombardia e anche Milano, dopodiché non ci sarà Meloni, ci sarà
Salvini.
Ma, certo, il capolavoro è avere di fatto donato tutto ai figli Del Vecchio, che non si sa nemmeno chi somo, e al Crédit Agricole. Si capisce qui che non ha capito. che cosa ha messo in moto. Si ritroverà contro tutta la banca, non solo Intesa e Unicredit in odore di Pd, ma anche i suoi beneficati, i furbi che si sono avvalsi della sua dabbenaggine, Bpm e Del Vecchio-Mps-Mediobanca-Generali. Questi non vogliono briglie, politiche poi. E il perché di tanto errore è semplice: non sa di finanza, zero totale, e non se ne occupa - penserà che le banche siano catene di negozi? – se non per lo show off, la manifestazione di forza. È come gli italiani più ricchi degli inglesi, la bufala dei giornali - e come no, gliele suoniamo sempre, alla perfida Albione. Oppure non capisce: se Cairo e Elkann, suoi nemici giornalieri, esultano per Mps, qualcosa non vorrà dire? Finora ha profittato della pochezza di Schlein, la vispa Teresa del Pd, ma al voto sarà diverso.
Del resto, a testimoniarne la statemanship bastano gli sgomberi: il Leoncavallo (Milano) sì, CasaPound, de noantri, no.
Poi vengono le regionali. Dove si muove-non
si muove per far vincere il Campo Largo, come in Sardegna e a Genova, o il Pd
che sia, anche in Campania, e nelle Marche malgrado tutto, e perfino in Calabria
– non ha capito che Tridico vuole dire “reddito di cittadinanza”.
Inutile insistere sull’incapacità di
spesa. Dagli alluvionati alle strade franate e alle Ferrovie. Che mandavano i treni
veloci e puntuali, e ora sono tomate alla “Freccia del Sud”. Con migliaia di
miliardi, da ultimo del Pnrr, non spesi. Per l’idrologia per esempio, invasi,
acquedotti, condutture urbane (non c’è sistema idrico che non perda la metà del
trasportato…..): non sa spenderli, e non si cura minimamente di come fare. E
questo tutti i Comuni lo sanno.
Vanta l’aumento dell’occupazione – che
non dipende da lei. Parla bene l’inglese, è l’unica donna, e giovane, fra i
Sette, e all’estero tutti spendono contenti qualche parola con lei. Così in
politica estera se la cava – anche perché bene e male rappresenta l’Italia, che
non è San Marino. Ma forse non ha capito che la politica è politica interna.
Celebra il voto al Senato sulla riforma
della giustizia, che però arriva dopo due anni, necessita di un secondo sì alla
Camera, di un terzo al Senato, di un quarto alla Camera, e di un referendum.
Che il governo perderà – ammesso che riesca a “bruciare le tappe” nei venti mesi
restanti della legislatura (ma siamo già ai primi del 2026, i restanti mesi del
2025 andranno alle leggi finanziarie). E il premierato, la sua bandiera?
Cronache dell’altro mondo – patinate (353)
Prima del 2024 e del 2016, prima di “The
Apprentice” in tv, c’è stato “The Art of the Deal”, bestseller del 1987,
pubblicato da Random House, rispettabilissima casa. Samuel I. Newhouse, l’editore
di Random House e dei periodici Condé Nast – tra essi “Vogue”, “Vanity Fair”, “The
New Yorker” - era un amico di lunga data di Roy Cohn, l’anima nera di Trump.
I direttori di Condé Nast, tutti ben
scelti, furono i migliori negli anni pre-millennio – Anna Vintour, Tina Brown,
eccetera.. Su “Mademoiselle” hanno esordito Truman Capote e Carson McCullers. Su
“Vogue” hanno scritto Joan Didion, Alice Munro, Penelope Mortimesr, Jane Bowles.
Ma la scoperta di maggior successo di Newhouse fu Trump.
(“The New York Review of Books”, una
delle riviste più anti-trumpaine)
La scoperta dell’Aspromonte
Una
drammatizzazione del poema cavalleresco, a fine Duecento, in francese, “La
Chanson d’Aspremont”. commissionato dai re Normanni di Calabra e Sicilia
per la terza crociata, in partenza nel
1189 da Messina, dove convennero i re
d’Europa. Una sorta di incoronazione trionfale dei Normanni.
Un
poema voluminoso, in XVII canti, che traspone localmente le gesta di
Carlo Magno e i paladini di Francia, solo modificando alcuni nomi - il
principale è la città di Risa, Reggio Calabria (come si pronunciano in francese
le iniziali della città). Uno spettacolo multimediale, voce, immagine, presenza
scenica, da un’idea di Dario Zema, attore, educatore, che fa da aiuto al
regista. La sceneggiatura è opera di Francesco Sgrò, docente all’Accademia di
Belle Arti a Reggio. Con molte immagini, interpolazioni video, e quattro voci
narranti, Giusva Branca, Adriana Cuzzocrea, Francesca Russo, e lo steso
regista.
Una
proposta degna di nota se non altro perché è una prima presa di coscienza di
questo poema di grande rilevanza storica, e anche poetica. Che potrebbe essere
servito di ispirazione al Boiardo e all’Ariosto, forse nell’adattamento successivo
in volgare, un secolo dopo, a opera di Andrea da Barberino (lo studio delle
fonti dei due poemi la trascura, ma la “Chanson d’Aspremont” resta sconosciuta
anche gli studiosi). Il Sud si trascura, più che essere trascurato.
Un
poema relativamente molto studiato in Francia, dove è anche edito, con notevoli
commenti. Ma non in Italia, per non dire localmente – se ne è occupata, a
tratti, Carmelina Sicari, laureata in
Lettere, già preside dell’ex liceo magistrale a Reggio.
Andrea
Francesco Calabrese, La battaglia d’Aspromonte, hotel Centrale, Gambarie
d’Aspromonte
mercoledì 20 agosto 2025
Problemi di base - fuoriserie
spock
“È difficile che il vertice Putin-Zelensky si tenga a Roma”?
E perché dovrebbe, per arrestare Putin?
Gli eredi Del Vecchio vendono occhiali audio a mille euro
che non servono a niente, nemmeno a vedere, per comprarsi le banche?
Furbi, però: se Caltagirone a Milano era da ridere, ora l’hanno
azzerato anche in Mps?
E il Del Vecchio padre che ha salvato, lacrime, l’ospedale
all’Isola Tiberina di Roma, mentre invece lo ha fatto il Vaticano, tramite il
Gemelli?
Gli eredi Del Vecchio ci pagano per celebrarli?
E il ministro Giorgetti, che considera Unicredit una banca russa, da colpire col “golden power”, e Crédit Agricole una banca italiana
(sarà della valle d’Aosta?) ci è o ci fa?
Israele, ultimo colonialista
Ora
in classifica col bestseller “Quando il mondo dorme – Storie, parole e ferite
della Palestina”, da tempo la relatrice speciale dell’Onu per i territori
occupati da Israele in Cisgiordania ha un giudizio molto radicale sull’Israele
di Netanyahu, di colonizzazione e violenza. Con una posizione a sua volta
radicale di condanna.
Pubblicato
a novembre del 2023, a ridosso dell’attacco di Hamas, il “J’accuse” è in realtà
una sorta di background della guerra
scatenata dalla formazione palestinese - che tuttora è classificata terrorista.
Dettaglia la politica spinta di colonizzazione seguita dai governi Netanyahu,
entro un progetto politico che intendeva, e intende, sradicare i residui
palestinesi dalle loro terre. Che peraltro, radicalismo o no, è la verità del giorno - di ogni giorno, da troppi anni.
Francesca
Albanese-Christian Elia, J'accuse. Gli attacchi del 7 ottobre, Hamas, il
terrorismo, Israele, l'apartheid in Palestina e la guerra, Fuori Scena, pp.
176 € 16
martedì 19 agosto 2025
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (603)
Giuseppe Leuzzi
Quando
si tratta di Ucraina, anche al vertice Trump-Putin in Alaska, l’Italia geme per
i “Nordici”: appelli si susseguono strappalacrime a favore dei Nordici e dei Baltici
contro la Russia. Nordici, maiuscoli, e baltici come se fossero all’ora di
Carlo XII di Svezia. Quello che, con gli ausiliari baltici e ucraini, pensava
di prendersi la Russia.
Curiosamente,
in Italia i “Nordici” (scandinavi e baltici) sono socialisti e progressisti,
mentre sono di destra, da almeno trent’anni. Non si riesce a non fantasticare
sui “Nordici” – li vogliono fare antipatici, e magari non sono nemmeno leghisti,
saranno di destra in proprio.
“Sarà
un Ferragosto bollente. Fino a 40 gradi al Centro-Sud”. Paginoni e primi
titoli dei tg il 7 agosto. Poi viene
Ferragosto, e il Centro-Sud lo passa in tranquillità, nemmeno troppo caldo. Certo,
la meteorologia in Italia è all’età della pietra. O si fa giornalismo solo
seminando paura? Certo, c’è la fomula “fino a”, p.es. 32 gradi, o trenta,
perché no.
Queste
non è una questione di Nord vs. Sud,
ma è ugualmente superficiale: che si trova di buono al Sud? Caldo – quando le
città più calde sono Firenze, Bologna e Milano, da qualche secolo.
Qualcosa
di strano in questa inchiesta sulla Nuova Urbanistica ambrosiana effettivamente
c’è: non c’è un meridionale. Fra i rei. Al tempo della giudice Boccassini,
appena ieri, non sarebbe successo. Oppure quando il il gioco si fa duro, la mafia
è lasciata alla porta?
La Sicilia si celebra in Polonia
Giusto Arbasino, alla
scoperta della Sicilia alla bellezza di settant’anni (“Passeggiando tra i
draghi addormentati”), e dopo di lui il maestro Pappano con l’orchestra di
Santa Cecilia, per l’inaugurazione della stagione 2017-2018, “celebrano la celebrazione”
che della Sicilia fece un secolo fa il compositore polacco Karol Szymanowski,
“Król Roger”, re Ruggero (d’Altavilla) : l’unica opera dedicata ai re
palermitani. Che Arbasino ha visto vent’anni prima, a Londra, al Sadler’s Well,
e di cui conserva memoria vivida. Che evoca e spiega lungamente.
Un re “già
carico di ‘problems’” deve farsi carico delle fantasie della romantica sposa
Roxana, che “nella notte, in un magico e profumato giardino moresco al centro
di Palermo… gorgheggia fra i melograni e i gelsomini”, mentre “il savio
astronomo islamico suggerisce di far le cose con cama”. Un pretesto, per un patchwork
di riti e miti, e di vario genere di musiche – “una “Bayreuth zingara dove
Tannhäuser si prende delle confidenze
con Manon Lescaut, Skrjabin fa amicizia con Bartók, e Richard Strauss col
Pierrot Lunaire….”.
L’opera di fatto è diversa, a parte il mix di stili
musicali. Meditata nel tema, non superficiale. Fondata anche su un’esperienza
di almeno due viaggi del compositore in Sicilia, nel1911 e nel 1914. Certo, la
Sicilia emerge come fondale – l’opera è un rifacimento delle “Baccanti” di
Euripide.
Però è un nome di richiamo. E non per fatti di
sangue, nell’attardata Mitteleuropa post-bellica (post “fine dell’impero” che
angosciò J.Roth). “Sia pure nei frivoli e gay anni Venti” del secolo passato,
per dirla con Arbasino - “un’opera
impressionistica e bizantina, greca antica e arabo-orientale,
indo-bretone-normanna, apollinea, dionisiaca, cristiana, pagana, siddhartica,
mitteleuropea, decadente, onirica d’altronde come la Sicilia stessa”. Onirica.
Il Sud si è spostato al Nord
Nel primo quarto del millennio
“oltre un milione” di persone si è spostato dal Sud al Nord Italia. In prevalenza
laureati. Il calcolo è della Svimez, e quindi attendibile. Con un’accelerazione
ultimamente: nel biennio 2023-2024 hanno
lasciato il Sud per il Nord 241 mila persone. Di questo passo, al 2080, diciamo
nell’arco di cinquant’anni, mezzo secolo, “la popolazione a Sud del Lazio
diminuirà di otto milioni e il Sud avrà quindi la metà esatta dei residenti di
oggi”.
Un’emigrazione ora di tipo
particolare. Fino a fine millennio era laureato un emigrato meridionale su
quattro, ora lo è il 42 per cento, poco meno di uno su due.
Questo è male o un bene? Si
direbbe un bene, molti più giovani al Sud vano all’univesità – molti di più di
quanto il tessuto economico possa poi assorbire, nel mercato del lavoro locale.
Le ragioni della fuga sarebbero,
oltre alla “produzione” in eccesso di laureati sul fabbisogno locale, la possibiltià
di carriera e il maggior reddito che il Nord offre. Ma non si sa. La carriera è
sempre difficile, anche al Nord. Il reddito? Pure. Non c’è confrono, dice la Svimez, fra Milano, dove il reddito medio
è di “oltre” 34 mila euro, e Foggia, con i suoi 14.554 euro.
Un calcolo corretto vorrebbe
il reddito valutato sul potere d’acquisto. Sul costo delle abitazioni
soprattutto, sui trasporti, sugli stessi consumi alimentari. A Milano
l’abitazione costa tre e quatttro volte più che a Foggia. E anche l’alimentazione.
E il pendolarismo urbano. Si prenda un professionista dipendente pubblico: un
conto è lo stipendio a Milano, quanto vale, e un conto a Foggia – dove il
dipendente pubblico, un maestro p.es., è “ricco”. E bisogna inoltre valutare
anche il peculiare contesto italiano, del lavoro “nero”, ancora molto diffuso
al Sud, soprattutto fra gli artigiani, e della doppia o triplice occupazione.
La storia sarà come la
Svimez prevede. Ma il fatto è insomma complesso. Senza contare che molti degli
emigrati sono già ritornati, con la scusa del lavoro da remoto. E poi l’emigrazione
non è un condanna, non necessarimente. Spesso è una vocazione. O un’evasione,
come andare fuori di casa. Anche fuori d’Italia, perché no. E come si fa a
pensare un’area vasta come il Sud abitata da -7 milioni di persone, rispetto ai
13-14 di oggi. Le città, p.es., che oggi ne hanno un milione, Napoli, Palermo, Catania.
Dove è bastato
poco
La
Puglia sembrava abbandonata ancora negli anni 1970. Dotata solo di “complanari”
– una serie di circonvallazioni – diposti dall’Anas per l’interessamento
dell’onorevole Moro. Il Gargano si limitava a Pugnochiuso, e anche il centro turistico
di Pugnochiuso, creato e gestito dall’Eni, rifiatava grosso. Vieste aveva solo
una pensione. I centri come Manduria, nel 1946 o 1947 il più “ricco” d’Italia,
perché produceva di che sfamarsi e anche attrezzi agricoli, erano rimasti
com’erano. Mentre il Salento restava quello della memoria, torrido, desertico,
sito di un congresso eucaristico vent’anni prima. Ora contende alla Toscana i
favori del turismo residenziale affluente, per bellezze naturali e artistiche
debitamente valorizzate, e una capacità minima di buona amministrazione.
In
Calabria l’Alto Jonio cosentino era desertico e anzi malarico ancora negli
anni 1980. Che ora fiorisce di una coltura specializzata di agrumi, anticipati
e tardivi, per una più corretta valotìrizzazione dei prodotti. E si è dotato
di musei in linea con la storia antica, da Sibari a Crotone. Ha l’acqua
corrente, le strade rinnovate, e una pulizia svizzera. Perfino il mare, che
ovunque in Calabria largheggia di belle spiagge, che qui latitano, sa
valorizzare. Aveva un unico resort, dei fratelli Chidichimo – in realtà
un giardino di piante grasse, tropicali, esotiche, con costruzioni minime in pietra
e legno (voluto e curato dalla sorella, la madre di Carlo Rivolta), oggi è ricco di accoglienza, decoro e
coltivazioni curate.
Cronache della differenza:
Calabria
Gianni
Melidoni, il cronista sportivo del “Messaggero”, oggi novantenne, ricorda: “A
17 anni ho raccontato il Giro della Calabria vinto da Bartali”. Quindi nel 1951
si faceva un Giro della Calabria. È vero che il ciclismo allora si combatteva
anche per strade sterrate. Ma non c’era l’isolamento: c’era, si riusciva a
organizzare, un Giro della Calabria. Con Bartali poi.
Ora
è un giro della “città metropolitana” (provincia) di Reggio. Di nessuna
attrattiva. Senza nemmeno i paesi “metropolitana”. Giusto per filmare una
volata sul celebrato Lungomare della citta. Venti secondi sul Tgr Calabria. Per
la propaganda del sindaco “metropolitano”.
Caffo
(“L’amaro del Capo) di Limbadi. Vicino a Spilinga, il posto della ‘nduja, due
miracoli sul niente, solo ingegno – pochi capitali, niente mercato locale.
Caffo, 45 milioni di fatturato, si compra Cinzano, 100 milioni. Che è sinonimo
di vermuth, necessario se non altro per il Martini, e vende in tutto il mondo.
“Sono
acuti d’ingegno e pieni d’astuzia”, scriveva dei calabresi Camillo Porzio,
l’avvocato cinquecentesco di Napoli, storico celebrato della congiura dei
baroni un secolo prima: “Forti e
nervosi, atti a patir sete e fame, coraggiosi e destri nel maneggiar le
armi, e s sarebbero senza dubbio i migliori sodati d’Italia se non fossero
instabili e sediziosi” - la regione dicendo “sempre piena di fuorusciti e di
ladri”. Lo stereotipo viene da lontano.
L’economista
Giuseppe Maria Galanti due secoli dopo, nel e a proposito del reggino, l’area
oggi di mafia, parla di abitanti “vivi
ed elastici….. facinorosi per essere mal governati…servi degradati…rozzi,
queruli, di malafede, spergiuri,
denunciatori, calunniatori…. Indocili, ostinati nelle loro idee, rissosi
e vendicativi”, e “nell’amore e nell’amicizia tenacissimi…sensibilissimi
all’onore domestico”.
Tra
i tanti monasteri fondati in Calabria da Gioacchino da Fiore o dai suoi successori
Ulderico Nisticò (“”Controstoria della Calabria”, 60) include una Santa Mafia
d’Altilia. È solo il refuso sdi qualche pubblicazione. Ma lui stesso suggerisce
un’altra denominazione per la Madonna di Alltilia: Calabro-Maria.
Tanto
regionalismo, anche sui santi – ma sul vuoto?
“Basta con la la cultura della legalità che
tanti danni ha fatto”. Alla messa a porte chiuse per i partecipanti alla tre
giorni di Forza Italia a Reggio, “Stati General del Sud”, il celebrante don
Nuccio Cannizzaro esordisce così. È stato processato per mafia e poi
naturalmente assolto (indicato dal pentito, o suggerito al pentito dal giudice
massone? l’antimafia è questa). Si può prenderla come sfogo. Ma lui dice sul
serio: “Gesù è stato il primo a inveitre contro il farisaismo”.
Galasso
ricorda, in “Calabria , paese e gente difficile”, pp. 180-182, don Luigi
Nicoletti, il sacerdote di Cosenza, addottorato in teologia alla Gregoriana di
Roma a 22 anni, che si fece consigliere provinciale, eletto per San Giovanni in
Fiore, nel 1910, il secondo sacerdote in politica dopo Sturzo nel 1905, al di
sopra e contro il non expedit deel
Vaticano. Fondatore del partito Popolare a Cosenza nel 1919, e poi attivo
antifascista, in parole e opere. Esiliato per questo a Galatina, in Puglia. Già
nel 1943 fondatore della Democrazia Cristiana in Calabria. E parte nello stesso
anno di un Comitato provinciale di Liberazione, col socialista Pietro Mancini e
il comunista Fausto Gullo.
Sarà
rimasto solo il sacerdote la “figura tipica”, anche in Galasso, della Calabria:
ribellistica, sempre e comnque, e perdente?
S’illustra ora
turisticamente, da ultimo sul “Venerdì di Repubblica” la zona dei laghi Prespa,
tra Grecia, Albania e Macedonia del Nord. Una trentina o quaranta anni fa era
una gita in solitario. Si oltrepassava salendo un sorta di blocco militare geco
- la Grecia contestava la denominazione Macedonia del Nord, e non voleva
immigrati clandestini. Che porgeva la domanda di rito: “Ma che ci andate a
fare, non c’è niente”? E si continuava a salire. Finché si apriva l’altopiano,
deserto e piatto, senza un albero, un cespuglio, ma con la targa su una palina
solitaria, Platì - così, certo col p greco.
Che, poi, anche in Calabria
più che altro è un nome. Un attraversamento dimenticato della statale Bagnara-Bovalino,
desueta da tempo per i suoi mille (990 e qualcosa) tornanti. Una punta del
“triangolo dei sequestri” di persona San Luca-Platì-Natile, della c.d. Anonima
Sequestri, un gruppo piccolo di delinquenti da poco, cui si consentì nei
trent’anni fino ai primi 1990, ben 191 sequestri a scopo di riscatto, alcuni
durati anni. Paura dei sequestri? No, ma si veniva fermati a ogni incrocio dai
Carabinieri.
La lotta al crimine è strana
- meglio starne fuori (omertà?).
“Nel mondo aumenta l’obesità, soprattutto nei Paesi in
via di sluìiluppo”. E dunque, che dobiamo pensarne? I ragazzi in Calabria
usavano magri, scattanti, un po’ nervosi-nevrotici. Ora sono grassi, grossi, lenti,
affaticati, lo sguardo appannato. Quando il medico insiste, fanno la dieta,
imbelliscono, ma non insuperbiscono, no
si impongono. Dopo due mesi, o due settimane, sono di nuovo gonfi e goffi.
Vivaci forse ancora di occhi ma lenti, e inattivi più che attivi. Figli della
Grande Madre Mediterranea di Ernst Bernhard in senso proprio?
leuzzi@antiit.eu
uiando ilgcop si fa duro la mafioa non
Esta
ea sfiggita Deaglio, stidioso dle mafie,