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mercoledì 30 aprile 2014

Letture - 170

letterautore

Céline – Ha fatto brutta le guerra, tutte le guerre. Da Omero a Tolstòj la guerra ha innescato ottima letteratura, che la guerra ha in qualche modo imbellito. Céline, che è anche l’unico ad averla fatto la guerra, ne ha derivato buona letteratura, ottima, e anche il disgusto – il suo lettore ne è sovraccarico.

DanteCurvato all’eugenetica e al “transumanesimo”, come nell’“Inferno” di Dan Brown, certamente questo non ci sta. Ma il plot dipanato sulle terzina della “Commedia” non è male: ce n’è per tutti.

Chateaubriand, “Genio del cristianesimo”, non lo menziona nel pur minuzioso ritracciamento iniziale del cristianesimo nelle lettere e le arti – anche se rapsodico: “Il Tasso, Milton, Corneille, Racine, Voltaire vi ritracciano i suoi miracoli”, suoi del cristianesimo (Voltaire?), “nella letteratura,  l’eloquenza, la storia, la filosofia, che cosa non hanno fatto, per sua ispirazione, Bossuet, Fénelon, Massillon, Bourdaloue, Bacon, Pascal, Euler, Newton, Liebniz!” Nemmeno sul tre, il numero perfetto, la Trinità, etc, Chateaubriand trova modo di nominare Dante.
Lo ricorda nella Parte Seconda, “Poetica del cristianesimo”, Libro Primo, Cap. II, “Veduta generale dei poemi in cui il meraviglioso del cristianesimo rimpiazza la mitologia. «L’Inferno» di Dante, la «Gerusalemme liberata»”. La “Divina Commedia” liquidando come “una produzione bizzarra” – mentre Tasso, pur giovandosi di uno “dei due bei soggetti di poema epico dell’età moderna, le Crociate” (l’altro soggetto è la scoperta del nuovo mondo), si compara infelicemente a Virgilio. Se qualche merito la “Divina Commedia” ha, le viene dal cristianesimo. “I suoi difetti”, invece, “tengono del secolo e del cattivo gusto dell’autore. Nel patetico e nel terribile” tuttavia “il Dante ha forse eguagliato i più grandi poeti”. Ci torneremo su “nei dettagli”, promette Chateaubriand, ma nel migliaio di pagine restanti non lo fa.
Lo ricorderà nell’introduzione a una raccolta di Shakespeare, per il solito parallelo Dante e\o Shakespeare: lo ricorda con simpatia, ma facendone un isolato, in un’età minore e sbandata, alla mercé di una lingua povera, dice, come il volgare. Poche righe in tutto, sia qui che nel “Genio”.

La Francia ha sempre fatto poco o niente conto di Dante. Denis de Rougemont lo ricorda in “L’amore e l’Occidente” ma perché gli serve a rivalutare i “fedeli d’amore”, facendone un seguace.

Giustizia – “Prima l’esecuzione poi la sentenza” – sentenzia la Regina alla penultima pagina di “Alice nel paese delle meravigie”. Alice obietta a questa strana forma di giustizia, e allora la Regina ordina: “Mozzatele la testa”. Ma qui finisce: “Chi se ne frega”, risponde Alice, che è intanto cresciuta alla sua statura, “non siete che un mazzo di carte!”. E si risveglia, senza nemmeno lo hangover degli incubi.

Proust – Chiara Gamberale può estrarne sul settimanale femminile “Io Donna”, una serie di citazioni da baci Perugina sull’amore. Dodici, quanti sono i segni dell’oroscopo. Senza controindicazioni: si presta. Sono tutte massime sull’amore “femminile”.,

Reazione – Ha improntato il romanzo, che ha senso dell’ordine. Decade oggi appunto col disordine, mentale se non sociale – oggi tutto è romanzo, dal biscottino della nonna al viaggio in calesse, e quindi non lo è. Si penserebbe il romanzo (la realtà alternativa, la vita inventata) uno schema idealistico sovversivo, rivoluzionario. Invece è passatista e – nei casi migliori: Stendhal, Proust – reazionario. Anche gli altri grandi romanzieri, Dostoevskij, Tolstòj, Thomas Mann, Musil, per non dire Joseph Roth, sono nostalgici. Si colma con la grandezza (genio) il fossato passatista, facendone un innesco se non un incendio, ma il senso è ben definito – né Stendhal, Proust, Tolstòj, Musil, J.Roth si trovano personalmente a loro agio nel loro vissuto, nel tempo. Il buon tempo antico può essere dolce e utile, un aiuto contro la depressione (il vuoto) o la collera, ma, antistorico, è tossico.

Riso – È molto esplorato, da Aristofane e Menandro in poi, contrariamente all’opinione corrente. Anche in trattati, o tentativi di, di Hobbes, Stendhal, Baudelaire, e fino a Pirandello (debole) e Dario Fo. Marginali tutti, però, è vero, rispetto al fenomeno: riduttivi, incerti, e inutili. Il riso è gaiezza e animo lieve.

Rivoluzione – Gli unici scrittori eversivi sono stati nel Novecento di destra: Kipling, Céline, Pound, Hamsun. Anche in senso politicamente corretto, del lato giusto delle cose: contro la guerra, l’usura, il dominio, per la natura, gli indiani e gli afghani.  Si sono schierati a un certo punto per il lato brutto della storia, personalmente dunque colpevoli, ma creativi nel senso giusto.

Shakespeare – È una tragedia greca: vittima della monumentalità. Di suo è ben secentesco, forbito e un tantino prolisso. Ma si rappresenta, ed è, vittima di se stesso, della genialità, rimettendoci. Ci rimette soprattutto a essere fatto monumentale, comunque: declamato, scolpito, polito,  solenne. Anche quando lo modernizzano – il Lear gigante, nero, baritonale, l’Amleto gay, lo Shylock già vittima di Hitler - lo fanno solenne. Per metà è commediografo, e anzi autore comico, ma non si ride con Falstaff, Gratiano, le comari, non più.

Stendhal – “Naturale” si vuole, e si costruisce con l’esercizio, “come de Brosses”. Metà Settecento. Nel “Diario” lo dice a più riprese. Con più convinzione a Milano nel 1813: “Il gusto di Dominique (Stendhal, n.d.r.) per lo stile naturale, piacevole, o tragico nel caso, di de Brosses non è meno certo. Dopo essersi ben tastato per due mesi, è dunque questo lo stile che deve prendere, se vuole essere se stesso”. 

Insegue il riso fin dall’adolescenza e la prima formazione, per dieci anni, fino ai 28, tentò di scrivere una commedia, “Letellier”, e sul riso indagò con più costanza fino all’ultimo. Ma non si ride in Stendhal – meno che mai nelle sue riflessioni in tema. Anche se la colpa lui la dà al “sistema”, il Terzo stato, la borghesia, la repubblica, gli affari – “La commedia è impossibile nel 1836” è la sua ultima riflessione. C’è però un riflesso ironico sotto le sue narrazioni che più si vogliono appassionate.  

Traduzione – “Il sistema più assoluto di lettura”, la dice Calvino. Non molto. Ma in traduzione, nelle lingue che padroneggia, l’autore vede gli “errori” che ha commesso, aggiunge.

Wilgal – Massimo Bucciantini propone sotto questa sigla “un grande esperimento didattico europeo”, sul “Sole 24 Ore” del 6 aprile che celebra Shakespeare. Di celebrarlo insieme con Galileo. Perché entrambi ci hanno “fatti”, in qualche modo sono nostri genitori. Ma per nessun’altra ragione che celebrano insieme il centenario, 450 anni quest’anno della nascita. E l’esperimento didattico propone “a Londra come a Roma, a Parigi come a Berlino”. È per questo che l’Europa è insapore e insulsa: quando è buona non sa di niente?

letterautore@antiit.eu

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