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mercoledì 1 aprile 2020

Letture - 415

letterautore

Alloglossia – L’uso di una lingua straniera come esercizio di stile. È il caso di Jhumpa Lahiri con l’italiano. Lo è stato di Beckett col francese. Di Milton con l’italiano. Di Joyce con l’ italiano, il triestino, il tedesco

Arcadia – È “invenzione” di François-Séraphin Régnier Desmarais, uomo di chiesa e diplomatico francese del secondo Seicento (come diplomatico trattò a Roma la questione della Corsica), esperto latinista,  autore di poesie anche in italiano, che vefe passare come di Petrarca. Le sue traduzioni in italiano da Anacreonte modellarono il gusto arcadico. Tradusse in italiano anche, lascando il lavoro incompiuto, l’ “Iliade” – la traduzione forse migliore per ritmo, in endecasillabi sobri, efficaci.

Brexit – In letteratura avrebbe molte sorprese. Stevenson, Walter Scott, Conan Doyle, i più popolari scrittori inglesi sono scozzesi. O Cronin. O Burns e Muriel Spark. E Adam Ferguson, Adam Smith, Hume. Boswell. Frazer. O gli innumerevoli irlandesi: Swift, Sterne, Yeats, Wilde, Shaw, Joyce, Beckett. Anche Bram Stoker.

Céline – Vale per lui quello che il non amichevole Gide disse delle “Bagattelle per un massacro”, il pamphlet antibellicista, e antisemita, del 1937. “Non è la realtà che dipinge Céline: è l’allucinazione che la realtà provoca”. La realtà di Céline: “Céline eccelle nell’invettiva. L’aggancia a qualsiasi cosa. La juiverie qui non è che un pretesto”. Vomitava su tutto, in effetti.

Sartre fu céliniano della prima  ora. “La nausée”, la sua prima opera, un racconto-romanzo, scritto nel 1932, l’anno del “Viaggio” di Céline, fu riscritto, un paio di volte, dopo la lettura del “Viaggio”, pubblicato nel 1938, e si apre con una citazione “L’Eglise”, il dramma satirico che Céline aveva scritto prima del “Viaggio” e pubblicato un dopo il successo del romanzo”: “È un ragazzo che non ha nessuna importanza collettiva, è solo un individuo”. È un apprezzamento che il dominus ebreo della commediola, Yudenzweck, capo di Bardamu-Céline alla Società delle Nazioni, rivolge al giovane medico suo sottoposto. “La nausea” si legge meglio infatti in chiave céliniana – benché sempre di lettura impervia.

Italo-greci – Usava per molti scrittori greci scrivere in italiano nelle isole joniche e a Creta. Qui i più rinomati sono, nel Cinquecento, i fratelli Cornaro, Andrea e Vincenzo. Nel’Ottocento si segnalano a Zante il poeta, e per un periodo segretario di Foscolo, Andrea Calvo o Calbo, e poi  Dionisios Solomòs, stimato rinnovatore della letteratura neogreca, e Stéfanos Martzokis. Nel primo Novecento l’eminente Ghiorgos Sarandaris, greco di Turchia (nato a Istanbul)..

Italo-slavi – Come oggi gli anglo-indiani, plurime generazioni ci sono state di scrittori slavi in Dalmazia che scrivevano e pubblicavano in italiano. Brugnolo, “La lingua di cui si vanta Amore”, ne fa un elenco minimo: i cinquecenteschi Savino Bobali Sordo (Sabo Bobalijević Glušac), Lodovico Pascale (Ludovik Paskalić), e Domenico Ràgnina (Dinko Ranjina), e i secenteschi Francesco Ghetaldi (Frano Getaldić), e Igazio Giorgi (Ignjàt Đurđević).

#metoo – Era parte della morale, o precettistica, della Controriforma. “Il valore della verginità, solennemente riaffermato dal concilio di Trento”, scrive Giorgia Alessi ne “II gioco degli scam­bi”, “fu tutelato, negli orientamenti giuridici dell’Italia post­tridentina, attraverso la sanzione penale: non solo la deflorazio­ne violenta, ma persino la seduzione avvenuta con il consenso della sedotta, vennero qualificate ‘stupro’ ed inserite tra le vio­lazioni più gravi della convivenza civile”.

Prebistero – Viene in uso per prete, oggi diminutivo e quasi offensivo – specie nei proverbi e le aggettivazioni, che restano. Sacerdote era l’opzione già in uso. Ma richiama il sacro. Presbitero invece richiama l’anzianità (“il più anziano), per età o solo morale (intellettuale, culturale).

Rilke – Provò con l’italiano, oltre che col francese. Con due brevi componimenti:
La Nascita del Sorriso
Vinse il Dio quella chi sola al mondo
Ebbe la fonte nel suo angelico viso.
Cantimi, inclita musa, il primo giocondo
Quello, nostro ancora, raro sorriso.
(Novembre 1920)

Dimmi, uccello, sempre vai
lí dove il cuore ti porta?
Mai non t’inganni
mai non cedi al vento?
Io spesso, su queste ali
dell’alma vado incerto.
L’Angelo inoccupato
d’una fanciulla chi dorme
verso un punto del cielo
torna il mio cuor.
(Agosto 1924).

Sirene – Le vide Colombo, nel primo viaggio, nei Caraibi: “Le tre sirene elevavano i loro corpi sopra la superficie dell’oceano, e benché non fossero così belle come si rappresentano nelle pitture, il loro viso rotondo aveva nettamente forma umana”. Claude Lévi-Strauss opina in “Tristi tropici” che fossero dei lamantini, dei trichechidi – che però non sono belli.

Voltaire – Mangiapreti, fu anche, o si atteggiava, cattolico, pio. Fra i destinatari delle 178 lettere di lui rimaste scritte in italiano figurano sacerdoti, frati, gesuiti, teologi, cardinali, e due papi, Benedetto XIV (tre lettere) e Clemente XIII. Con Benedetto, persona di grande cultura, lo scambio fu intellettuale.  A Clemente XIII Voltaire mandò, congiuntamente alla nipote Mme Denis, sua amante, la richiesta di una reliquia di san Francesco, per una chiesa che “Francesco de Voltaire” intendeva edificare “nelle vicinanze della herezia”. Le reliquie furono mandate, la chiesa fu edificata, e Voltaire vi prese anche la comunione, per dare “un esempio edificante” ai popolani suoi vicini.

letterautore@antiit.eu

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