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lunedì 30 marzo 2020

Il virus colpisce la Cina e il mercato globale

“In ogni caso il coronavirus altera il disegno dell’ingegneria sociale finora applicato al mondo globale”.  Per la riedizione del suo saggio critico sulla globalizzazione di appena un anno fa l’ex ministro del Tesoro cambia gli “Appunti per il futuro” del sottotitolo. In un’edizione aggiornata da una nuova prefazione: “Questa pandemia è il tipico «incidente della Storia». Un precedente, per capirci, è stata Serajevo”. Il virus imporrà “un cambio radicale nel paradigma finora positivo e progressivo della globalizzazione”. Che era, o si mostrava, tutta benefici, e ora non più. A partire dalla Cina, che ne è il pivot e anche il nucleo centrale e condizionante.
Tutto Tremonti rimette in discussione. La marcia gloriosa della Cina come superpotenza mondiale, basata sul commercio invece che sulla guerra: “È facile prevedere che almeno per un po’ di tempo si fermerà l’ascesa della Cina nella costellazione del potere globale”. E la divisione internazionale del lavoro, nella quale ora tutte le “catene di valore” (produzione) mondiali fanno capo alla Cina: i popoli, e quindi gli Stati, impareranno dal virus, più o meno consciamente, che bisogna stare in guardia. E, forse, che il business non è tutto. O meglio: che il business migliore e più redditizio è quello che non abbandona la guardia. 
L’economista Tremonti scrive rotondo, quasi oracolare. Ma sa e ci vede giusto. Per un moto irriflesso, si dava per scontato che nella globalizzazione tutto andasse per il meglio nel migliore dei mondi possibili. Il virus forse non romperà quella realtà, quel mercato, ma l’incantesimo sì: ora si sa che “niente è sicuro, niente può essere escluso”. E quindi bisogna stare in guardia.
Nel saggio, appena un anno fa, Tremonti vedeva la globalizzazione come una utopia, e la realtà tornata agli anni 1920 della repubblica tedesca di Weimar, reputata per il disordine economico e sociale. Che incubava virus politici estremi. Ora dopo il virus propriamente patogeno, ipotizza un mutamento di psicologia e anche di prospettiva, di fronte al cosmopolitismo degli affari.
Una delle tre profezie del titolo era l’inevitabile crisi di una civiltà che si voglia cosmopolita, una riflessione di Leopardi. Le altre due sono derivate una da Marx: la deriva del capitalismo globale. E una dal “Faust” di Goethe, la cui minaccia, del potere mefistofelico del denaro, Tremonti aggiornava ai poteri digitali.
Giulio Tremonti, Le tre profezie, Corriere della sera, pp. 173, ril. € 16

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