Cerca nel blog

martedì 21 marzo 2023

Letture - 514

letterautore


Aristofane
– Precorre i cartoon, Walt Disney. È riferimento di Vincenzo Zingaro, il regista e capocomico teatrale che ha dato una lettura ormai classica delle “Nuvole”, la satira di Socrate, del sapere di non sapere: “Ci sono molte affinità fra il mondo scenico di Aristofane e quello di Walt Disney, così presenta la sua riduzione di “Le nuvole” - che su palcoscenico fa accompagnare da musiche di stampo disneyano, con maschere fisse, come i personaggi dei cartoni animati.
 
Calvino
– Cristiano malgrado se stesso lo vuole il cardinale Ravasi, “La Bibbia vista da Calvino”, sul supplemento “Domenica” del “Sole 24 Ore”. E non alla Croce – “non possiamo non dirci cristiani” – o per l’humus culturale. Figlio di miscredenti, non battezzato, all’asilo - al rientro in Italia da Cuba - a Sanremo in una scuoletta inglese, il St. George College, alle elementari in una scuola valdese, e al liceo Cassini (con Scalfari) con l’esonero dall’ora di religione. Il tardo racconto “Giornata di uno scrutatore”, 1963, scrive però, nota il cardinale, “in territorio evangelico”. Scrutatore elettorale al Cottolengo, il comunista Ormea, dapprima irritato, alla fine della giornata si dice: “L’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non quelli che gli diamo”.  È il vangelo, dice Ravasi, l’“Ama il prossimo come te stesso”, è il “Discorso della Montagna”, “aperto da Cristo con la sequenza delle Beatitudini, la prima delle quali suona: «Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli»”. Ormea, che è anagramma di amore.
Calvino di suo ha spiegato di non avere sofferto di isolamento per le decisioni dei genitori, anzi di averne tratto beneficio: l’isolamento rafforza (può rafforzare), e spinge ad avere rispetto per le opinioni altrui, ha spiegato, alla tolleranza. Anche nei confronti dei religiosi: “Nello stesso tempo sono rimasto completamente privo di quel gusto dell’anticlericalismo così frequente in chi è cresciuto in mezzo ai preti” (cronologia di Mario Barenghi e Bruno Falcetto nei “Meridiani”).
 
Dante
– Era all’Indice (dei Libri Proibiti), per una condanna del trattato sula monarchia. E c’è rimasto fino quasi alla fine dell’Indice. L’Index Librorum Prohibitorum di Paolo IV è stato abolito nel 1966. L’anno prima il papa Paolo VI, a chiusura del Concilio Vaticano II, posò nel Battistero di Firenze una corona aurea su una copia della “Commedia” – la corona cui Dante aspira  nel poema. Con una motivazione a metà ironica: come gesto riparatore, benché Dante si sia attribuito il ruolo del Padreterno, quello di giudicare.
 
Si celebra il Dantedì, quest’anno per il terzo anno, istituto dal governo su proposta di Di Stefano sul “Corriere della sera”, con l’Accademia della Crusca e Luca Serianni, come primo giorno del viaggio della “Divina Commedia”, il 21 marzo, con la primavera, e con la Giornata Internazionale della Poesia, istituita dall’Unesco.
 
“Il viaggio di Dante nel Triregno inizia nel tempo umano attorno alle 6 di mattina del I giorno ed esce dal tempo umano alle 6 di sera (le nostre 18) del VII giorno, quando entra nella dimensione unificante, fuori dello spazio e del tempo, dell’Empireo”. Gioachino Chiarini, il classicista della Fondazione Lorenzo Valla, specialista di Ovidio e sant’Agostino, ricostituisce l’“orologio” del poema in un diffuso saggio su “Robinson”- “Scusi, Dante, che ora è all’inferno?”. Sul presupposto che “un poema di cento canti e oltre quattordicimila versi (meno dell’ ‘Iliade’, ma più dell’‘Odissea’ e ben più dell’‘Eneide’) difficilmente poteva aspirare a un armonico equilibrio tra forma e contenuto senza una preventiva, minuziosa, scrupolosa progettazione”.
La progettazione lo studioso dice confermata dalle ricerche di Manfred Hardt, il filologo di Duisburg autore de “I numeri nella Divina Commedia”, che ha rilevato “un legame numerico significativo tra alcuni tempi della ‘Commedia? (ad esempio Cristo in rapporto alla Croce), il numero di un determinato canto, il numero di determinati versi al suo interno”. Una complessità che necessita di un piano, una progettazione.
 
Elzeviro
– In uso nei quotidiani fino agli anni 1980, era il perno dei servizi culturali (“terza pagina”). Una colonna e mezza di “piombo” – quattro-cinque cartelle da trenta righe. Di divagazioni per lo più, evocazioni, aneddoti. Una forma partica di dare spessore culturale ai giornali, e insieme un reddito agli scrittori. Lo praticavano da ultimo Sciascia, Parise, Arbasino (in varie misure, anche la letterina). Un forma che ha cominciato a declinare già negli anni 1970, man mano che gli scrittori, a partire da Pasolini e subito poi da Calvino, sono passati a commentatori da prima pagina, combattivi, sull’attualità, anche politica oltre che sociale o culturale.
 
Guerra
– Invoglia alla lettura? “Nei primi anni di guerra, contro ogni attesa, il consumo di libri cresce”, della seconda guerra – G. A. Ferrari, “Storia confidenziale dell’editoria italiana”.
 
Ortonimia
– No ad asterischi e schwa, no all’articolo davanti al nome (la Meloni, la Schlein), no alle (re)duplicazioni retoriche, “i cittadini e le cittadine”, anzi “le cittadine e i cittadini”, e nomi di professione declinati al femminile - magistrata, avvocata, questora, e naturalmente professoressa, dottoressa. L’Accademia della Crusca, l’organo istituzionale conservatore per definizione (guardiano della purezza della lingua) risponde semplice alla Cassazione, l’organo del ghiommero burocratico. Che si vuole sempre al passo coi tempi, anzi un po’ più in là – la lingua non è della giustizia?


Pavese – Un bell’uomo appare per la prima volta a un contatto diretto, in barca sul Po, a Tina Pizzardo, la donna dalla vece “rauca e dolce” di Pavese – che si Pavese rifiuterà la proposta reiterata di matrimonio (“Senza pensarci due volte): “Alto, corpo d’adolescente annerito dal sole, mutandine da bagno e cappellaccio di feltro calcato fino agli occhiali. (C’era solo lui sul Po a portare il cappello con le mutandine da bagno, lui e i sabbiadori)”.

È poi “un uomo forte, deciso, sicuro di sé” e “un poeta”. Ma è anche “uno spregiatore delle donne”. E ancora, di nuovo: “Cesarino: a quei tempi era un bel ragazzo alto, snello, un gran ciuffo sulla fronte bassa, il viso liscio, fresco, di un leggero color bruno soffuso di rosa, i denti perfetti”. 
È poi “un uomo forte, deciso, sicuro di sé” e “un poeta”. Ma è anche “uno spregiatore delle donne”. E ancora, di nuovo: “Cesarino: a quei tempi era un bel ragazzo alto, snello, un gran ciuffo sulla fronte bassa, il viso liscio, fresco, di un leggero color bruno soffuso di rosa, i denti perfetti”. 
Per aggiungere, dopo avere spiegato per l’ennesima volta il rapporto complicato che si era stabilito nella loro frequentazione, assidua: “Chi l’ha conosciuto più tardi lo ricorda taciturno, pieno di sé, sprezzante; non può immaginare com’era facile e incantevole stare con lui giovane” – Tina aveva 31 anni e un passato convulso, Pavese 25, e posava come un ragazzino sul Po (da “sabbiadore”), quando si sono incontrati.  

“L’estetica dell’esattezza” gli attribuisce Gian Arturo Ferrari, “Storia confidenziale dell’editoria”, come autore e come editore. Ma lo è anche di Fenoglio, di Soldati, di Natalia Ginzburg - un’“estetica piemontese”. Che potrebbe attribuirsi anche al libro “Cuore”, benché De Amicis sia ligure.  
 
Sessanta
– Sono anni di “riflusso” – di delusione, di rifiuto dei migliori scrittori? Presentando “Le piccole virtù” di Natalia Ginzburg, Domenico Scarpa fa della delusione, un “sentimento d’inappetenza”, un “maladjustement”, un tratto comune agli scrittori “in quel giro d’anni - più o meno tra la fine degli anni cinquanta e la metà degli anni sessanta”: “Molti autori italiani di prima grandezza  si ritrovano come su un valico, e di lassù contemplano un paesaggio piagato e desolato: capita a Calvino come a Parise e a Pasolini, a Elsa Morante come a Zanzotto, a Caproni come a Sereni”. Negli anni più feraci e innovativi dell’Italia, nell’economia come nella cultura, il cinema, il teatro, la poesia, la narrativa, le arti figurative? Al fondo, di fatto, non detta, la delusione di molti (non di Parise, o di Caproni, non sono delusi) è del comunismo, del 1956. Dopo la mancata vittoria nel 1948, di una Resistenza ritenuta limitata al partito Comunista.
 
Standa
– Era Standard – Natalia Ginzburg compra per i figli “i quaderni allo Standard” ne “Le piccole voci”, la divagazione sul senso del denaro per i bambini, scritta a Londra nel 1960 e pubblicata su “Nuovi Argomenti”, al grande magazzino Standard.

letterautore@antiit.eu

Nessun commento: