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venerdì 4 agosto 2023

Letture - 528

letterautore


Amore
- Il destino si può piegare in mille modi,  “ma non c’è assolutamente un modo per ognuno di innamorarsi”, Robert L. Stevenson, “On falling in Love” (in “Virginibus puerisque”).Soprattutto non c’è per gli scrittori, sembra dire, dall’esemplificazione che fa seguire alla massima: “Si sa di Shakespeare, del problema che gli si è creato quando la regina  Elisabetta gli chiese di inscenare Falstaff innamorato. Non credo che Henry Fielding sia mai stato innamorato. Scott, se non fosse per un passaggio o due in ‘Rob Roy’, mi darebbe la stessa impressione”.
Lo stesso Stevenson pensa della “innumerevole armata di persone anemiche fatte con lo stampino che occupano ordinatamente la faccia di questo pianeta” che la cosa è rara, per un motivo: “Il semplice incidente di innamorarsi è altrettanto benefico quanto è stupefacente”.
È anche inclassificabile. Fra tutti i sentimenti, “l’amore, in particolare, non supera un riesame storico; per tutti quelli che lo hanno sperimentato, è uno dei fatti più incontestabili al mondo; ma se si comincia a chiedere che cosa era in altri periodi e paesi, in Grecia per esempio, i più diversi dubbi cominciano a insorgere”.
 
Analfabetismo di ritorno
–“L’ondata di immagini favorisce un nuovo analfabetismo”, poteva rilevare E. Jünger a fine anni 1980 in una serie di annotazioni occasionali poi pubblicate col titolo “La forbice”, §164: “La scrittura è sostituita dai segni, si può osservare il peggioramento dell’ortografia. Ne consegue l’involgarirsi della grammatica”.
E non aveva ancora gli emoticon, gli idiotismi, stretti, obbligati e decidui, le abbreviazioni da iniziati, le sigle variabili quasi quotidianamente – sempre da iniziati.
 
Braccio teso
– Il saluto romano, poi fascista e nazista, era un segno di difesa e non di affermazione? Così lo dice E. Jünger, “La forbice”, § 102, con “un significato magico”: “Il braccio teso in avanti orizzontalmente, esibito a difesa dallo sguardo del male, con un significato magico”.
 
Buon costume
– Era “teoria dei moralisti dell’Ottocento che il buon costume varia a seconda dei paralleli”” – E. Jünger, “Un incontro pericoloso”, p. 37.
 
Dante
– Leopardi non lo sentiva “suo”, a fronte del Tasso. In un esteso passo dello “Zibaldone”, 4255, a proposito delle sfortune dei due poeti, “sfortunatissimi”. Entrambi onorati, di cui visitiamo riverenti i sepolcri. Ma, continua Leopardi, “io, che ho pianto sopra quello del Tasso, non ho sentito alcun moto di tenerezza a quello di Dante”. Se lo rimprovera, avendo “un altissima stima, anzi ammirazione, verso Dante”. Tanto più che “le sventure di quello (Dante, n.d.r.) furono senza dubbi reali e grandi”, mentre “di questo (Tasso, n..d.r.) appena siamo certi che non fossero, almeno in gran parte, immaginarie”. E ne cerca il perché. Se lo dà in quanto “veggiamo in Dante un uomo d’animo forte, d‘animo bastante a reggere e sostenere la mala fortuna. Oltracciò un uomo che contrasta, e combatte con essa, colla necessità, col fato”. Un ritratto in qualche modo originale. Mentre “nel Tasso veggiamo uno  che è vinto dalla sua miseria, soccombente, atterrato”, etc.
 
Dante islamico
– Tante avventure nell’aldilà sono delle “Mille e una notte”.
 
Don Giovanni
– È coetaneo della Costituzione americana. “Il più famoso libertino all’opera, che impersona la libertà non solo dai vincoli sociali e politici ma dalla sessualità, la religione, e la stessa morale, è sempre stato una figura inquietante” - Larry Wolf, il cultore di Verdi, sulla “New York Review of Books”: “«Viva la libertà!» canta Don Giovanni come i suoi ospiti arrivano per una festa serale, e poiché l’opera fu composta nel 1787, nell’età dell’Illuminismo e alla vigilia della Rivoluzione Francese, non è irragionevole chiedersi che specie di libertà ha in mente. È la specie di libertà politica che fu stabilita nella Costituzione americana, anch’essa scritta nel 1787….”.
Wolf continua riferendo il messaggio a Da Ponte, il librettista, più che a Mozart. Ma evita di dire che Da Ponte era lui stesso don Giovanni – tanto da essere bandito, prete scomunicato, da Venezia. E che, dopo vari matrimoni, imprese fallimentari, peregrinazioni fra Praga, Dresda, Londra, si stabilì in America – vi si stabilì con l’ultima famiglia, e vi divenne insegnante, libraio e infine professore, alla Columbia.
 
U. Eco
– “Umberto Eco, in un saggio di cui mi sto occupando giusto stamattina, il 4 giugno 1988, dice che ogni tentativo di fondare un senso ultimo conduce nell’insensato e sottrae al mondo il suo mistero”– Ernst Jünger, “La forbice”, § 173. Tomista di formazione, Eco ha presto abbandonato la filosofia (la metafisica) per le applicazioni pratiche del pensiero, la sociologia della letteratura, la semiotica, il costume, il giornalismo.
 
Figure
– “La fiaba fa riferimento di preferenza al regno animale, la parabola a quello delle piante – il granello di senape, il loto, il fico, il giglio. Tutte queste figure sono imparentate: sono simboli dell’uomo entro il regno vivente. Ritroviamo invece esempi tratti dal mondo inanimato nei proverbi” – E. Jünger, “La forbice”, §17.
 
Madre-figlia
– Il rapporto conflittuale è uno dei primi temi dei primi romanzi. Miss Howe scrive a Miss Harlowe in “Clarissa”, vol. II, lettera XIII: “Sai, mia madre ogni tanto litiga con molta forza; sempre almeno molto caldamente. Mi capita spesso di pensarla diversamente da lei, e entrambi pensiamo così bene delle nostre ragioni che raramente siamo felici di aver convinto l’una l’altra. Un aso molto comune, penso, in tutti i dibattiti veementi. Lei dice che sono troppo intelligente. Anglicizzato, troppo impertinente. Io, che lei è troppo saggia. Cioè, per metterla in altro modo in inglese, non più così giovane come pure è stata”.

Mosè È citato per la prima volta da Longino? Fra le tante perplessità su chi era Mosè non poteva mancare Voltaire. Nel breve scritto “Auteurs”, 1770 circa, rifacendosi alla “Histoire de la philosophie” del “buon abate Bazin”, fa valere che “mai nessun autore ha citato un passaggio di Mosè prima di Longino, che visse e morì al tempo dell’imperatore Aureliano”. Il nome era noto, Giuseppe ne parla più volte, ma nessuno cita un detto o uno scritto, nessuno dei profeti autori dei libri biblici. “Benché egli sia un autore divino”, aggiungeva Voltaire. Che però non notava che i libri della Bibbia non si citano fra di loro. 
Prima del “romanzo” (poi non pubblicato) e dei tre saggi di Freud su Mosè, “un generale egiziano”, la sua figura era stata al centro di un Antisemitismusdiskurs a fine Settecento, un dibattito sull’antisemitismo. Nel 1790 Schiller pubblicava sulla rivista “Thalia” “La missione di Mosè” – Schiller è stato storico valente, prima che drammaturgo. C’era in corso la rivoluzione francese, ma Schiller si impegnava a rielaborare, in parte confutandola, la prolusione tenuta un anno prima a Jena dall’illuminista framassone Carl Leonhard Reinhold. Con un testo fitto, di una quindicina di pagine, come la prolusione. Schiller fa nascere la parola “ebrei” con la fuga dall’Egitto, un nome spregiativo dato ai riottosi israeliti dal faraone, che li aveva confinati in aree separate. Ma non fa di Mosè un egiziano, bensì il figlio di un’ebrea fatto crescere con un trucco dalla figlia del faraone, e quindi a scuola dai sacerdoti, dai quali apprende i Misteri di Iside. E lo dice per questo un capo opportuno ma anomalo per gli ebrei.
 
Nazionalità - “Sarebbe belllo se nazioni e razze potessero comunicarsi le loro qualità; ma in pratica, quando si guardano l’una con l’altra, hanno l’occhio solo ai difetti” - R.L.Stevenson, “Village Communities of Painters”.
 
Psicologia – “Fabbrica i sogni che studia”, E. Jünger, “La forbice”, §75: “A volte pare che i vecchi libri di sogni possano darci informazioni migliori di quelle che  della moderna psicologia, che fabbrica i sogni che studia”.
 
Santippe – Personaggio ricorrente delle narrazioni (p.es. l’ultimo racconto delle “Mille e una notte”), la donna autoritaria, scomparsa dal secondo Novecento in qua – scomparsa col femminismo che  invece ne sarebbe l’applicazione pratica?
 
Viaggio –Non si viaggia per viaggiare ma per aver viaggiato”, Alphonse Kerr, 1847.


letterautore@antiit.eu

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