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domenica 18 settembre 2011

Il mondo com'è - 69

astolfo  

Evasione fiscale - Il capitalista, che Constant voleva privare, al pari del lavoratore, dei diritti politici, si conferma razza padrona d’ogni virtù ogni giorno con la ritenuta alla fonte, l’arma che da quarant’anni, dalla riforma Visentini, fiacca gli antipatrioti e crea il debito. Metà dei cittadini, i salariati, paga l’imposta sul reddito prima ancora di percepire lo stesso reddito, l’altra metà può pagare quando e quanto vuole. Oppure può non pagare: per splitting e altre norme di surroga, per compensare perdite fittizie, ancorché regolamentari, per non voler pagare. L’evasione fiscale nasce con le due categorie di cittadini, prima non c’era - era marginale, come ogni fatto delittuoso, non un quarto dell’economia. Quindi nasce dalle due categorie.   
Germania – Thomas Mann non la voleva occidentale, europea, anche se per polemica contro l’Intesa nella prima guerra mondale. Assolutamente non voleva una Germania anglo-francese, democratica cioè. Ma non la voleva da occidentale, da europeo, e perfino un po’ da francese. Periodicamente ha dei soprassalti di virtuismo, che la Germania è bella-e-buona e gli altri cattivi. È questo che ne ha fatto la storia in più punti innominabile. Specie quando ha elaborato piani di supremazia o imperiali, con gli ultimi due kaiser dopo Sadowa, con Hitler, e ora sotto traccia con la Repubblica federale di Berlino: non sa accettare le diversità, vuole tutto tedesco, e non sa come. La confusione è infatti l’altro tratto caratteristico della Germania. Storica, filosofica, politica, ideale. mentre Raramente la Germania ha fatto quello che voleva, sapeva, e riusciva a fare: con Federico il Grande la “creazione” della Prussia, con Bismarck quella del Reich tedesco, con la Repubblica di Bonn l’asse europeo. Da qui, spesso contro le intenzioni (il “buon cuore” dei tedeschi), il senso di esclusione che ogni nuovo suddito risente contro la Germania, nell’Europa orientale un secolo fa, ora nell’Unione Europea. Mentre molti si sono gloriati dell’occupazione francese, napoleonica, e la buona memoria persiste, o nel dopoguerra di quella americana. Avviene così che gli Usa difendano l’euro, la Germania invece lo bombarda – non la Germania tutta, i suoi uomini “migliori”: Jürgen Stark, Axel Weber, Jens Weidmann, questi ultimi ex presidente e presidente della Bundesbank.
 
Occidente – È la chiesa, la cristianità. Per gli assetti e la tradizione politica, per gli assetti e i fondamenti sociali, per tutti i termini di ogni questione, dalla famiglia alla psicanalisi. È della chiesa lo strumentario politico del’Occidente, a partire dalla democrazia, il governo dal basso, di cui ha ideato e sperimentato le varie forme, con una mobilità sociale senza precedenti e senza limiti. Più l’idea del progresso, della ricerca, della scoperta. Del miglioramento costante da perseguire pena la colpa. Dell’accumulo, o investimento. Nonché la situazione antropologica: della donna, dei figli, dell’istruzione, del matrimonio, dell’eredità. Allo stesso modo, tutti i comunismi sono cristiani e, all’origine, occidentali. Comprese le loro deformazioni nella versione sovietica. Quelli giuridici: il comitato centrale, il politburo, la guida suprema. E quelli reali: la curia, i potentati, le correnti. Si può dire la chiesa all’origine di tutte le democrazia, liberali e popolari, che fanno l’Occidente. La logica, la metafisica e la stessa ontologia, ammesso che non sia metafisica, sono passate non indenni dalla scolastica. Il nostro strumentario politico, sia i concetti che le istituzioni, il corpo dei funzionari dello Stato e lo Stato stesso, la rappresentanza, la maggioranza, il diritto registrato nei codici, è maturato dentro la chiesa. Come la stessa democrazia: la “volontà del popolo” è ecclesiastica, di preti, vescovi, sinodi, conclavi. E il partito: per il partito come per la chiesa “la fede nell’unità del fine risulta più forte della realtà”, riconosce Spengler, “e, come sempre in Occidente, si fonda su un libro”. Non c’è altro Occidente.

Patriottismo – La Germania, senza confini naturali, se non fiumi che vengono regolarmente spostati, il patriottismo ha reciso, ragionato, indelebile. L’Italia invece, protetta da monti e mari, non è patria a nessuno. Il patriottismo è un fatto politico. 
 
Terrorismo - È Nietzsche? È Stirner? È D’Annunzio? E poi Jünger? Sì, ma prima? È Gobineau. È il culmine della teoria dei primati, del corso unico della storia e della sua fine, che vuole invece boschi dalle cime scavezze, e dei paralogismi del neo illuminismo, della ragione povera. Buona, vera, perché povera. Che inevitabile porta a “Dio è nulla”, “les dieux s’en vont” e simili, il nichilismo di chi si castra per vendicarsi dell’amata. Bolscevismo, fascismo e nazismo, che si dicono figli di Hegel e parricidi, sono il distillato povero, per ubriaconi, dei primati. L’uomo è un Cristo che, messo sul pinnacolo del tempio e invitato a buttarsi giù, “poiché di Lui sta scritto che gli angeli lo afferreranno e lo sorreggeranno e non cadrà e non si farà alcun male”, essendo il figlio di Dio, spavaldo si butta. Oppure guarda gli altri buttarsi, da lui incitati? Perché, dicevano bene l’Inquisitore e Ivan Karamazov, “gli uomini sono schiavi, con la costituzione del ribelle”. Nella storia invece il terrorismo è orientale, dai ninja e gli hashishin ai salafiti e qaedisti. È parte cioè di una storia non provvidenziale, anarcoide. L’Occidente l’ha adottato negli ultimi due secoli. astolfo@antiit.eu

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