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mercoledì 20 giugno 2012

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (132)

Giuseppe Leuzzi

Il banchiere Passera si fa un giro in elicottero sulla Salerno-Reggio Calabria, dopodiché dichiara che l’ammodernamento sarà completato entro il 2013. Anche lui. A volo d’uccello - nomen omen? Ammesso che l’abbiano portato a Salerno – lui non sa dov’è. Mentre ci vorranno ancora una diecina d’anni, un buon quarto del manufatto, se non è un terzo, è ancora da appaltare.
Perché i ministri, per quanto lombardi, possono trattare il Sud con disprezzo? Perché il Sud si lascia insultare?

La toponomastica è chiara. Roccapiemonte, San Mango Piemonte, Castiglione dei Genovesi, appena presa l’autostrada per il Sud a Salerno, i comuni tedeschi tra Lauria e Mormanno, Guardia Piemontese, i tanti Lombardi e Piemonte di Sicilia, e perfino una Novara di Sicilia
Intere comunità hanno emigrato per secoli, fino al Cinquecento, dal Nord al Sud. Non c’è l’analogo in direzione contraria. Portavano speciali tecniche, o credi religiosi concussi. In aree ricche e più liberali.

Un diplomato dell’Isef, insegnante di ginnastica nelle scuole, è stato nominato dal ministro dell’Istruzione della Ricerca Profumo, l’ex rettore del Politecnico di Torino, su indicazione della sua predecessora Gelmini, a capo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Senza scandalo a Milano, nell’opinione che conta: il professore è bresciano di Chiari, Mariastella Gelmini bresciana di Lerno. I due pare che non siano nemmeno amanti.

L’industria del caffè Mauro è sotto processo da otto anni per usura. Per aver preteso cioè il pagamento delle forniture. C’è una sola testimone d’accusa, che non si presenta, per la terza o quarta volta, in Tribunale, facendo slittare il processo. La Procura di Reggio Calabria non ha altro da fare? È l’odio-di-sé meridionale – Mauro è una delle poche industrie, benché piccola, di Reggio?

Antimafia
Enzo Scotti parla lunedì 18 sul “Corriere della sera” e se non altro dice quello che tutti sapevano: che la trattativa Stato-Riina è anzitutto una faida Dc. Scotti fu levato dall’Interno per metterci Mancino, quando il suo patron Andreotti perse con le presidenziali del 1992 anche il ruolo politico. Sono Dc, naturalmente ex, i giudici: Ingroia, Lari, Grasso.
Scotti dovrebbe dire, i tempi sono quelli, che la colpa è di Scalfaro e Ciampi. Ma Ciampi ancora vive, e quindi evita.
Tutto, così, anche le faide tra vecchi potentati Dc, senza più alcun potere, deve confluire alla magnificazione della mafia. Che sarà l’unico esito, orrendo, di questa antimafia politica.
Se si dovessero pesare, la mafia politica su un piatto e l’antimafia politica sull’altro, non ci sarebbe da esultare: sono entrambe sanguisughe.

CalabriaSono religiosi e rivoluzionari i pensatori in Calabria: Gioacchino da Fiore, Tommaso Campanella, Antonio Jerocades, l’abate Giuseppe Leuzzi. Gli ultimi due anche massoni professi. Sempre in campagna, per il rinnovamento, per la libertà.

Il calabrese è bandito anche nel “Manoscritto trovato a Saragozza” (1805), del conte polacco Jan Potocki. Il grande bandito Zoto opera in Calabria. È “calabrese” la storia di Giulio Romano (siciliano) e della principessa di Salerno.

Si discute se Aspromonte sia nome greco per Monte Bianco, in quanto sarebbe allora composto di due parole, di cui una greca, aspros, e una romana, mons. Ma è possibile, non sarebbe un’eccezione: accanto a Policoro, tutto greco, c’è Policastro, greco-romano. Rohlfs ha molti altri esempi: le parlate si mescolano, i nomi pure (omosessuale, per esempio, ha prefisso greco e aggettivo latino).
È però vero che la Calabria è piena di leucos, greco per bianco, più diffuso. E che il monte è aspro, in senso latino.

Fino al 1960, all’Autostrada del Sole, Terracina rappresentava un miraggio e una meta per i calabresi. La fettuccia di Terracina. Quaranta chilometri di rettifilo dopo quattrocento di curve, controcurve, tornanti e saliscendi, sessanta fino a Roma, la meta. Tanti erano entusiasti a quella vista che ci lasciavano la pelle.
A Reggio Spartaco passò un lungo inverno con i suoi traci e galli ribelli, dal novembre 73 alla primavera del 72. Senza tracce apparenti. Non nel senso della liberazione. Reggio è sempre una bella donna un po’ stupita di se stessa – un po’ scema?

Nell’“Elenco delle bande brigantesche attive fra il 1861 e il 1870”, in appendice alla vecchia “Storia del brigantaggio dopo l’unità” di Franco Molfese, sulla scorta dei documenti residui della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul Brigantaggio del 1863, le bande di briganti in Calabria, numerose come in tutte le altre regioni, un centinaio, sono tutte del catanzarese e del cosentino. La provincia di Reggio, attorno all’Aspromonte, dove si sarebbe condensata in questo ultimo mezzo secolo la più alta presenza mafiosa per abitante o metro quadrato al mondo, secondo alcuni Procuratori della Repubblica, era assente. Salvo per una sparuta “banda Mittica – Aspromonte” – nome peraltro onorato di Oppido Mamertina.

Il peggior bandito è per fama Musolino, uno contro il quale i governi dovettero schierare reggimenti, divisioni e corpi d’armata. Da solo, senza banda, Musolino fece una diecina di vittime. Per “il vittimismo della società calabrese”, chiosano Fruttero e Gramellini in “La Patria, bene o male”. Cioè per un errore giudiziario riconosciuto, dopo cinquanta o sessant’anni: una condanna per un omicidio non commesso, a ventun’anni.

Eravamo, in quanto bruzi, schiavi. Che uno poteva uccidere, incontrandoli, senza risponderne. È l’unica lezione che abbiamo appreso dalla storia, un imprinting immodificabile.

Squallore a Milano
Si vada a Milano in treno, alla Stazione Centrale ex monumentale: ora è un’accozzaglia di passerelle, per moltiplicare gli “spazi utili” da vendere, dove è difficile muoversi e orientarsi. Con due o tre bar che vendono panini ammuffiti – provare per credere. È la ‘ndrangheta?
Si esca dalla stazione. Un cantiere occupa il piazzale, abbandonato. Chissà da quanto tempo. Si giri l’angolo, se si riesce a saltare la siepe di rifiuti umani che ingombrano marciapiedi e aiuole, immigrati per lo più, che nessuno evidentemente assiste. In una via dal glorioso nome di Sammartini, mozartiano tra l’altro, hanno tagliato tutti gli alberi, lasciandoli a marcire per terra. Davano ombra? O ci vogliono costruire al centro un’altra sfilza di palazzoni muti di otto-nove piani, come quelli che incombono sul rivoluzionario sinfonista? Una parte li hanno tagliati, i platani, gli altri, ed erano magnolie, li hanno lasciati marcire al gelo, se non li hanno seccati. Ma sui giornali locali solo di ludibri si legge a Agrigento, sul Vesuvio, e a Roma naturalmente, città e aree ben più pulite e ridenti di tanto squallore, e meglio amministrate.

leuzzi@antiit.eu

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