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martedì 19 giugno 2012

Sotto tiro le banche, per l’immobiliare

Sotto tiro non è più il debito ma le banche. Indebolite dal blocco dell’immobiliare: l’Italia è entrata nella sindrome spagnola. Non nella stessa misura ma in misura consistente: l’immobiliare non condiziona l’economia italiana ma le banche sì. Tutte le banche nel sistema italiano, le grandi, che hanno incamerato le casse di risparmio, e le piccole.
Il dato del primo trimestre che dà l’immobiliare in calo del 20 per cento è giudicato ottimistico, anche perché, dopo tre mesi da fine marzo, il mercato si dice ora “fermo”. In subordine, sono “ferme” molte attività legate ai terreni, dai “bagni” e gli agriturismi alle grandi produzioni agricole. È “fermo” per conseguenza da un terzo alla metà degli attivi delle banche: mediatori, costruttori, immobiliaristi, e tutto l’indotto collegato.
È il circolo vizioso avviato dal governo con l’ipertassazione di terreni e immobili. A bilancio pubblico risanato, ora soffrono le banche. Fatto di cui la cosiddetta speculazione ha piena conoscenza: le banche italiane, meno esposte delle altre nei derivati finanziari, lo diventano per la crisi dell’immobiliare. La nuova ondata di vendite di titoli italiani ne è l’effetto, dopo che il pacchetto Passera per il rilancio dell’economia ha trascurato questa falla.
L’immobiliare è fermo in realtà da quasi cinque anni, da quando è scoppiata la bolla bancaria. Si teneva su attraverso partite di giro fra i suoi soggetti, piccoli e grandi, banche comprese, poche le compravendite reali. Da un anno almeno i maggiori costruttori hanno bloccato ogniprogetto: non vendevano qualcosa in meno dei mesi o gli anni precedenti, non vendevano niente.

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