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mercoledì 19 agosto 2015

Il mondo com’è (226)

astolfo

Austerità – Ritorna con la Germania – secondo i giornali italiani (in realtà è più vero il contrario: l’austerità la Germania impone al resto d’Europa, mentre è il mercato del lusso nell’Europa stessa: automobili, abitazioni, arredamento, vacanze). Ma l’inventore fu Fanfani. Fu Fanfani a inventare la parola e la cosa, nel 1974, da segretario della Dc, per reagire alla sconfitta nel referendum sul divorzio, come via d’uscita dalla crisi monetaria e finanziaria indotta dalla guerra del petrolio un anno prima.  Ne parlò in un’intervista, e subito Moro se ne appropriò, il suo eterno rivale, insieme con Giorgio La Malfa e Enrico Berlinguer. Quest’ultimo ne farà il tema dei suoi ultimi dieci anni di attività, teorizzandolo anche: “Austerità, occasione per trasformare l’Italia” è un saggio-manifesto del 1977.
L’austerità di Fanfani fu geniale a molteplici fini. Era marxiana, quindi gli portava Berlinguer, di nuovo dopo il divorzio – Marx credeva, come Caligola, che la rovina dell’economia non è la carestia ma l’abbondanza. E incollava gli italiani alla sua tv, la tv di Fanfani. Che è lacrimosa, ma non a caso: la tela che continua a tessere del pauperismo, del mondo tutto e dell’Italia, è di fatto la tela del potere inoppugnabile. Ogni comunista non poteva che dirsi per questo buon cattolico, e ogni velleità era così troncata.
In questo senso Fanfani poteva prevedere cosa sarebbe successo, poiché si era visto in Inghilterra dopo la guerra, che a lungo ha subito l’austerità: steak-house senza bistecche, pub senza birra, strade sporche, case scrostate, cenci ricoperti da soprabiti consunti, uno stato depressivo generalizzato, che si faceva ben governare. Gli altri il senatore diabolicchio acculava ai consumi: i fautori della modernità e della libertà diventavano i patacconi dell’auto nuova e lo stereo double bass. L’austerità si può vedere in forma di tosatrice: un taglierino che, sotto le specie della paura, operoso evira ogni cambiamento.
Fanfani tentava anche il recupero del Vaticano, dopo la disfatta del divorzio, in guerra aperta alla Fuci, la gioventù universitaria cara al papa Paolo VI, tra Andreotti e Moro. “Siamo tutti responsabili”, disse nell’intervista dell’austerità. Non era una furbata. Cioè lo era ma per altro motivo: la menava in lungo con le relazioni internazionali, di cui si fingeva protagonista, e alla fine spiegava che “siamo responsabili”, sì, di aver pagato il petrolio con dollari svalutati invece che con “attrezzature e cointeressenze utili ai paesi arabi”.
Il senatore Fanfani aveva in mente un altro filone di storia pratica. Ma Berlinguer aveva bisogno di quella parola d’ordine, di essere colpevole, e La Malfa, altro “triste” della politica, non volle essere da meno. Più non si parlò di Nuovo Modello di Sviluppo. Ne restò giusto la tentazione forte di mettere da parte le automobili, di cui l’Italia viveva - dopo aver messo fuori mercato l’elettronica di consumo rinviando la tv a colori. Ottima idea di politica libertina? Fanfani fu personalmente sconfitto, ma l’austerità trionfò.

Fanfani puntava anche a vendicarsi dell’Avvocato Agnelli. Che a suo parere gli aveva sbarrato nel 1971 la strada per il Quirinale con un’accesa campagna della “Stampa”. Ma l’Avvocato si dichiarò d’accordo: le macchine inquinano e consumano. Evitò così d’investire in nuovi modelli – fu l’inizio della fine della sua Fiat, che aveva più della metà del mercato italiano e rivaleggiava cion Volkswagen.

Comunismo – Il comunismo di Mosca, compreso il Pci malgrado tutto, aveva una risposta per tutto, il che ne faceva un’ortodossia. Da qui la teoria liberale del partito-chiesa. Di partito-chiesa parlava nel 1938 Eric Voegelin, ancora lui, individuando la “religione” del totalitarismo che poi  sistematizzerà, con qualche dubbio, nel 1952, nella “Nuova scienza politica”.
Il partito come chiesa è di Waldemar Gurian, stesso anno 1952. Di chi è convinto che non ci sono né Dio né leggi indefettibili, ma con l’effetto comico di dichiarare insieme inevitabile il bisogno religioso. Dopo aver bandito Dio, cosa che neppure Marx e Engels credevano possibile. Povera chiesa, dunque, e povera religione. Le guerre sul campo della fede sono inoltre insidiose: vanno oltre la libertà, per fini e divinità che non sono nei testi sacri né nei riti. Il comunismo vi si è indirizzato con la fredda religione dell’ateismo, ma senza buone ragioni: una cosa è dire – Marx - che la religione è un’ideologia, con sue proprie caratteristiche, un’altra, semplicistica, è dire che tutte le ideologie sono religioni.
L’obbedienza del Pci e degli altri partiti Comunisti a Mosca, o la conformazione senza obiezioni, è però un’obbedienza nel senso della servitù, non della religione. Insomma, è un paralogismo – il meccanismo logico per cui i greci, per divertirsi, l’uomo riportavano a gallina implume.

Il comunismo senza intellettuali non è niente. Senza cioè la credulità, se non la fede. La Cina di Deng. O la Cuba di Castro ormai da decenni, che più non dice nulla – giusto la musica del film di Wenders. , che però è pre-Castro, una sopravvivenza. O la Germania di Pankow, pure così piena di intellettuali, da Brecht a Christa Wolf, che però evidentemente si vergognavano - nessuna traccia è rimasta della Germania comunista. Del partito Comunista Italiano, che tanta parte ha avuto nella storia politica dell’ultimo mezzo secolo, non una sola proposta, idea, dottrina, è rimasta.

Don Bosco - È il santo forse più moderno, ma il bicentenario della nascita è passato nel silenzio, anche delle autorità religiose. Forse per la stessa ragione per cui è moderno: che una pedagogia praticava dei giovani esente da clericalismo. La religione e la morale ancorando non alla sudditanza, al trasporto, al potere, alla politica, bensì alla coscienza libera. La socievolezza privilegiando e la serenità.
L’insensibilità al personaggio è una spia certa: l’epoca è del potere, sotto le spoglie della libertà, non altro rapporto è concepito-ibile, se non di interesse, e quindi di sfruttamento..

Feltrinelli – È uscito dalle cronache e anche dalla storia (ricordi, memorie, rievocazioni) se si eccettua il ritratto, molto di sguincio, del figlio Carlo, “Senior Service”, benché sia stato personaggio rilevantissimo in  tutto quello che ha fatto, da ricco imprenditore, editore, e rivoluzionario, e per molti aspetti emblematico, di una cultura, una classe sociale, un’ideologia, un Partito. Nemmeno sulla morte, per un’esplosione su una traliccio che avrebbe provato a minare, si fanno indagini e neppure ipotesi  - questo già a pochi giorni dalla morte nel 1972.

Nazismo – Ha pochi o nessun pentito. Sono pochi i nazisti che ne hanno scritto dopo la guerra: un paio, Höss, Speer, forse tre. E l’architetto Speer per dire che lui c’era ma non sapeva. La “vera storia”  è ancora da scrivere.
Ortodossia – Paolo Giordano ha trovato buon numero di giovani folli, sbandati sul monte Athos. Che fanno i guardiani, o i novizi. È l’impressione che Patrick Leigh Fermor aveva avuto già un’ottantina di anni fa, leggendo il suo diario di viaggio nella comunità monastica. Ma si continua a pensare all’ortodossia come a un focolare di misticismo, con l’esicasmo etc. Troppo anticlericalismo (anticattolicesimo) non è un buon consigliere del giudizio.
Russi – Inevitabilmente patrioti, come in ogni paese continentale, che guarda verso l’interno. La popolarità di Putin all’86 per cento, o al’87, è sicuramente artefatta, i sondaggi sono maneggevoli. Ma in qualche misura altrettanto  sicuramente c’è: la Russia non è un paese che vada in soccorso dell’aggressore. Resta però un dubbio. Nei ricordi di Lillian Hellman della lunga permanenza in Russia nell’inverno del 1944-1945, una donna spicca che le dice: “Non si sono calvi in Russia!” Putin è calvo, o è a macchinetta zero?
Truman – È i presidente americano più attivo in politica estera nel dopoguerra, insieme con Nixon -  i due personaggi più mediocri dunque sono stati i migliori diplomatici.
È anche il creatore effettivo dell’impero americano, avendo liberato definitivamente gli Usa, alla fine della guerra, dall’isolazionismo, con la tremenda esibizione di forza che furono le atomiche sul Giappone. Usò l’atomica, volle la Nato, la Cia e la Dottrina Truman. Una “Dottrina” tuttora in vigore: gli Stati Uniti forniranno assistenza  politica, militare ed economica a tutte le nazioni democratiche sotto minaccia, dall’esterno o a opera di forze autoritarie interne. Una “Dottrina” che ha definitivamente riorientato la politica estera americana verso l’intervento, anche in regioni remote.

astolfo@antiit.eu

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