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mercoledì 19 agosto 2015

La scomparsa dell'Italia

Quindici anni fa Galli della Loggia ripercorreva i “caratteri originari”, dal paesaggio allo Stato, col progetto di una collana di cui questa “Identità” è una sorta d’introduzione. Un tema su cui ritorna ora, scrivendo per i giornali, con toni più drastici, denunciandone la scomparsa, in una con lo Stato. Una scomparsa che data ad almeno venticinque anni fa, più o meno. Qui invece ancora s’interroga sul perché l’unità, che doveva costituirsi sull’asse Torino-Napoli, le due monarchie nazionali, e le due più longeve, quella napoletana addirittura di sette secoli, non ha funzionato. Sulla “debolezza” di Milano, che sembra “piuttosto credere all’antipolitica”, la società politica volendo risolvere in quella civile, nell’amministrazione. Sull’estrema frammentazione amministrativa – all’unità si censivano in Italia 7.721 comuni, contro gli appena 1.307 della Francia, estesa quasi il doppio dell’Italia. Un particolarismo che va insieme con lo spirito di fazione, e quindi poi col compromesso.
Molto lo storico s’interroga sulla mancata capitalizzazione di alcuni vantaggi. La Chiesa a Roma. La civiltà antichissima, la più antica e continua d’Europa. Il “precocissimo, immane, deposito storico-culturale”. Sono italiane l’università, la banca eccetera. Il “formidabile potenziale individualizzante costituito dall’essere stata a suo tempo la culla della latinità e dall’essere la sede storica del cristianesimo cattolico”.
L’aspetto peculiare della visione italiana di Galli della Loggia resta la Chiesa, che ha creato, si può dire, l’Italia – ne ha tracciato le coordinate storiche. La riserva laica resta forte: la Chiesa a Roma ha impedito all’Italia “un suo proprio progetto statual-nazionale”. Ma sull’Italia fatta dalla Chiesa può schierare l’autorità di Leopardi, che lo dice “con la consueta lucidità” in una pagina dello “Zibaldone”: “Il credito, l’influenza e l’importanza del Papa e della Corte di Roma contribuiscono grandemente, e forse, massime in certi tempio, principalmente, a tener l’Italia in azione, a darle campo di esercitarsi nella politica e negli affari, materia e modo di negoziare, importanza e peso, negoziatori, diplomatici, politici, uomini che ebbero parte attiva negli avvenimenti e nei destini d’Europa”. Un fatto Federico Chabod, grande storico liberale, più volte rimarcava, facendo la storia della guerra, e del dopoguerra.
Tutti questi vantaggi s’infrangono nell’ottusità della sua borghesia, o la provocano? Galli della Loggia non si pone questo dubbio. Ma rileva con Machiavelli che i “gentiluomini” – che altrove, negli Stati moderni, in Inghilterra e in Francia, sono stati al centro del “vivere politico” – in Italia sono “oziosi”, “senza cura alcuna o di coltivazione o di altra necessaria fatica a vivere”.
Ernesto Galli della Loggia, L’identità italiana

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