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mercoledì 1 agosto 2018

Quell’Italia subito tradita

“Grazie alla Carboneria, che si è sempre conformata ai bisogni e alle aspirazioni locali, è rinato un nuovo spirito nazionale, ora quasi completamente scomparso, e con esso un movimento e un’azione determinate e assai efficaci”. Ottima sintesi, del connotato principale della rivoluzione italiana, che aveva infiammato l’Europa. Ma era il 1866, e questo spirito era già sconfitto, dai suoi stessi prim’attori. Dopo Custoza e Lissa - “400 mila prodi” sconfitti da “150 mila stranieri” – “lasciando tra il Brenta e il Tagliamento altre terre italiane sotto il tallone dell’austriaco, insieme a 350 mila soldati”.
L’ultimo atto vergognoso di uno Stato nuovo già infausto per un numero incalcolabile di tasse e per le vessazioni. E la creazione, invece dell’unità, della questione meridionale. Bakunin lo sapeva già, parliamo di metà anni 1860. Due anni prima di Bakunin, sempre a Napoli, Dumas aveva quotidianamente lamentato la miseria in cui si precipitava il Sud e la camorra imperversante, nel tentativo vano di promuovere una politica efficace. “Bakunin tradurrà questa analisi in un progetto politico che riassume soprattutto in ‘Stato e Anarchia’”, rileva subito Lorenzo Pezzica, che questo Bakunin ha curato – “un contributo che Nello Rosselli nel suo ‘Mazzini e Bakunin’ non manca di rilevare”.
Quando Napoli pensava
Viaggio è improprio. Se non nella cronologia che Pezzica premette, quasi una vita di Bakunin, prima e dopo il lungo soggiorno in Italia. Sono raccolti cinque interventi di Bakunin sull’Italia. Due estratti da “Etatisme et anarchie”, 1873. Uno dei quali sancisce la divisione e lo scontro con Mazzini - dove c’è, in due parole, tutto: il “programma comunista-statalista di Marx”. Bakunin ha scritto di meglio - il lavoro di Pezzica è probabilmente la parte migliore. Ma il volume è una chicca per la storia dell’anarchia e del socialismo. Per il ruolo d Napoli, prevalente ancora nell’Italia unita. Per il revival di Bakunin, l’altra via del socialismo, libertario se non liberale, che Marx segò e perseguitò, come poi i marxisti-leninisti (i sovietici).
Bakunin visse in Italia a lungo, dal 1864 al 1867. E anche dopo, i contatti rimarranno costanti e intense, specie con Carlo Cafiero. Con i soldi si Cafiero si comprerà casa in Ticino, “La Baronale”. Nei primi anni 1870, isolato da Marx, può ancora contare su un seguito in Italia – cui destina nell’ottobre 1871 una “Circolare ai mei amici d’Italia”. La rottura è del 1868, al primo congresso della Prima Internazionale. Bakunin si orienterà definitivamente per per l’individuo contro il collettivismo. Traduce il “Capitale” in francese, ma Marx è spietato. Nel 1872 lo fa espellere, dopo averlo sommerso di calunnie e infamie. Intanto, Bakunin aveva rotto anche con Mazzini – la rivoluzione soprattutto divide.
Il viaggio in Itaia era cominciato il 10 gennaio 1864 con lettere commendatizie di Mazzini, fornite dall’esilio a Londra. Il 16 a Genova incontra Bertani. Il 19 è a Caprera, dove resta tre giorni. A Livorno fa visita a Guerrazzi ammalato. A Firenze si stabilisce durevolmente.  Con abbonamento al Vieusseux per leggere i giornali, e incontri con la numerosa comunità straniera, molti rifugiati politici. Da Firenze viaggia spesso, per tenere i contatti. In Svezia. A Londra, dove il 3 novembre 1864 riceva una visita di cortesia di Marx, i due non si vedevano dal 1848, per informarlo dell’avvenuta costituzione della Prima Internazionale. A Milano incontra Felice Cavallotti.
A giugno del 1865, dopo quasi un anno e mezzo, lascia Firenze per Napoli, dove a ottobre aveva conosciuto gli ambient libertari, partecipando all’XI congresso delle società operaie mazziniane. Per tre mesi riiederà a Sorrento, poi in città. Dove anima un nutrito gruppo di intellettuali rivoluzionari, collabora al gionale garibaldino “Il popolo d’Italia” (lettere che firma “un francese”), e infine, a febbraio del 1867, fonda con alcuni giovani napoletani il circolo Libertà e Giustizia. Che ad agosto darà anche vita a un giornale.
A Napoli è raggiunto per un periodo dal fratello Pavel con la famiglia – Pezzica illustra il volume, oltre che con fotografie, con gli schizzi napoletani di Natalya, la moglie di Pavel. Gli ultimo mesi Italian, da maggio ad agosto 1867, li passa a Ischia, a Lacco Ameno. Lascia Napoli per la Svizzera.
Su “Libertà e Giustizia”, poco prima di lasciare l’Italia, pubblica “La questione slava”, che poi gli sarà rimproverato, il primo scritto in cui si dichiara anarchico. Ma lascia i gruppi rivoluzionari napoletani fortemente motivati a partecipare ai lavori della Prima Internazionale, l’Associazione promossa da Marx. In Svizzera invece prende contatto con la costituenda Lega per la pace e la libertà, promotori Garibaldi, John Stuart Mill, Victor Hugo, Louis Blanc- Al cui primo Congresso tiene anche una relazione. Ma prende contatti pure con Nečaev, il terrorista russo autore del “Catechismo del rivoluzionario”. E comunque l’anatema di Marx arriva presto.
Quando Mikhail muore, l’1 luglio 1876, la moglie Antonia, 37 anni, si trasferisce a Napoli, dove sarà accudita, con le figlie, che vivranno poi tutta la loro vita nella capitale del Sud, e si risposa con Carlo Gambazzi. Giulia Sofia sposerà il famoso chirurgo Caccioppoli, e sarà madre del matematico, Renato. Maria, “Marussia”, farà carriera accademica, professoressa di Chimica, e avrà un ruolo rilevante quale organizzatrice culturale, collaborando con Croce – a Marussia Bakunin Napoli ha intestate un viale.
Michail Bakunin, Viaggio in Italia, Elèuthera, pp. 143, ill. € 12

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