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martedì 31 luglio 2018

La mafia è delle donne


“The Women who took on the mafia” è il sottotitolo, le donne (di amfia) che si sono rivoltate, figlie e mogli. Un reportage romanzato, nello stile per cui Perry si è fatto un nome, ma con una tesi affascinante: la mafia finisce se le donne tagliano la catena – il cordone ombelicale, la riproduzione. Che si può estendere alle mamme: se le madri combattessero in qualche modo ls deriva violenta dei figli quando sono giovani, quando sono in casa – non i sono le madri nelle storie di amfia, neanche in questa, e questo è strano, è anche un danno.
II libro è il racconto di come la giudice Alessandra Cerreti, partendo dalla collaboarzione di Lea Garofalo, ha individuato e applicato questa pedagogia investigativa. C’è riuscita, in parte, con altre due ragazze. Che ha saputo anche proteggere – mentre questo non è stato fatto con Lea Garofalo, che anzi è stata, al solito, esposta. E soprattutto mantenerle convinte, fino a un certo punto, di avere fatto al scelta giusta: uscire dal branco è vivere una vita di tormenti psicologici, spesso nell’isolamento e l’ostilità da parte della famiglia. Non una garnde acsistica, sole tre storie, ma l’ipotesi regge il lungo racconto.
Su una tela di fondo poco veritiera, ma questo è il meno. La ‘ndrangheta si formò con l’unità in montagna, tra famiglie di pastori, questo è vero – e finalmente viene detto. È diventata la mafia più pottente al mondo, questo è dubbio, ma è quelo che dicono i servizi segreti – dai tentacoli in “cinquanta paesi in giro per il mondo”. Il potere della ‘ndrangheta si fonda sulla finanziarizzazione delle attività criminali, che sembra un po’ eccessivo. E, come in antico, sull’omertà e la famiglia, su “un codice di silenzio imposto con una gerarchia familiare claustrofobica e una misoginia assassina”. E questo non è vero: non ci sono vedove ammazzate perché si sono fatte un amico. Né è vero che le ragazze sono sposate a teenager per politiche matrimoniali di clan. No: le ragazze sono parte attiva del clan, altrimenti non sposano lo ‘ndranghetista professionale, ancorché teenager.
Perry non descrive le case, le parlate, gli abbigliamenti, gli odori, gli sguardi dei mafiosi, tutto quello che confluisce nelle bombe e gli assassinii. E questo non si può pretendere da lui, dalla sua rapida inchiesta. Giornalista americano anglicizzato, col fiuto per gli eventi di cronaca, Perry fa un libro l’anno, sul tema del momento, Boko Haram, Jihad, Tony Blair, George Clooney, Scozia indipendente, etc.: la sua biografia dice che negli ultimi venti anni ha vissuto in Asia e in Africa, “scrivendo di oltre 100 paesi e coprendo oltre 30 conflitti come corrispondente di guerra”
Ma tende a suonare tropo le trome, stile “Gomorra”, il libro e la serie. Le case dei Pesce a Rosarno, ambienti degradati di un paese degradatissimo, descrive come nei verbali di polizia giudiziaria: ville, comfort, tecnologie. Il solito monumento, e non è il solo. Si capisce che la giudice Cerreti a un certo punto abbia chiuso la saracinesca. Ma il punto non è male, e potrebbe essere risolutivo..
Il primo capitolo è proprio un calco di Saviano, “Gomorra”. Anzi un remake. Da narratore di migliore vena. E con una punta di onestà: dichiara subito che il libro nasce dalla collaborazione con la giudice Alessandra Cerreti, l’ex giudice del lavoro poi collaboratrice di Pignatone, quindi del “tutto mafia”, a Reggio Calabria e a Roma. Ne virgoletta pignolo i pareri. Fino a fare con precisione le parti: “Abbiamo parlato per sette ore, nel 2015 e nel 2016. Cerreti alla fine ha rifiutato altri incontri”.
A Reggio Calabria la giudice Cerreti “ha gestito”, dice il suo curriculum,  la collaborazione della prima donna di’ndrangheta’ PESCE Giuseppina, figlia del boss PESCE Salvatore”. Che è andata bene – Perry rappresenta Giusy Pesce come una donna determinata, anche nei ripensamenti. E “ha gestito, insieme al collega dott. Giovanni Musarò, la collaborazione con la A.G. di CACCIOLA Maria Concetta”. Che è invece andata male – Perry rappresenta Cacciola, di cui non dà il nome proprio (Concetta non piace?), come una giovane bella e sognatrice, mal sposata per ragioni di ‘ndrangheta, che infine non regge alla tensione.
Il libro parte con la storia terribile di Lea Garofalo - un romanzo se non fosse una storia criminale, di tanti crimini l’uno dietro l’altro. Ma subito allarga l’obiettivo – Perry sa come catturare il lettore - alla ‘ndrangheta mafia mondiale.
Alex Perry, The Good Mothers, HarperCollins, pp. 320, ril., €16,86

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