Un romanzo sull’occupazione delle terre nella Locride, nell’agro di Bovalino, a Casignana, nel 1922, sui terreni della principessa di Roccella,
amministrati e di fatto appropriati da un ex amministratore ora piccolo
proprietario in proprio. L’occupazione si fece in base alla legge Visocchi, che
dopo la guerra del 15-18 lasciava ai reduci libera l’occupazione delle terre
incolte. Ci sarà la repressione – intanto c’è stata la marcia su Roma – ma il racconto
non è per questo scontato: La Cava lo rianima con personaggi e accadimenti non
stereotipi di questo tipo di letteratura. I contadini sono guidati dal sindaco
socialista. Non ci sono solo le complicità dello Stato con i ricchi, ci sono
anche le liti tra i contadini e i pastori. E i traditori. Il maresciallo dei carabinieri invece si batte per i contadini. Il “feudo”, ubbia storica in Calabria, prende qui la
sua dimensione, di abbandono e di frazionamento, di sminuzzamento, degli
interessi e degli orizzonti.
Un docuromanzo del 1974,
pubblicato da Einaudi nel 1975. Recensito da Magris. Con una prefazione fuori
tempo di Fofi – fuori tempo già allora, alla prima pubblicazione. La lettura
commuove per la contemporaneità dei fatti di Melissa, altro nome calabrese
illustre per l’occupazione delle terre, nel secondo dopoguerra, finita questa in
tragedia, che oggi (non) si illustra per il salvataggio di 49 migranti naufragati
alla sua marina, Torre di Melissa – tre più della Sea Watch che invece riempie
le cronache e commuove, si spera sinceramente, i bennati. I melissesi, senza polemiche,
e senza navi né fondi dello Stato, li hanno salvati tutti, anche la madre che
non sapeva nuotare e non voleva mollare il bambino, e il bambino rimasto
incastrato nella chiglia del barcone. Le occupazioni di terre on riescono, ma
lo spirito è gagliardo.
Mario La Cava, I fatti di Casignana, Rubbettino, pp.
213, ril. € 16
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