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sabato 12 gennaio 2019

I tecnici tradiscono

È fuori misura l’avventatezza e anche l’incompetenza di Marco Ponti, un ex professore di Economia Applicata al Politecnico di Milano che occupa la vecchiaia fungendo da consulente della Casaleggio Associati e di Toninelli. Uno che fa il ministro dei Trasporti e che ha nominato una commissione di suoi fedeli per decidere se (non) fare la Torino-Lione - ma non vuole neanche decidere che non la farà:
Di suo Ponti sette anni fa, al momento della pensione, non avendo ancora deciso cosa avrebbe fatto da grande, questa Tav la voleva fatta.
Non è una novità. I famosi “tecnici” che una non lontana campagna dei grandi media voleva al governo del Paese sono inattendibili: malati di protagonismo, incoerenti – e anche non alieni alla corruzione.
Un precedente illustre è quello del piano nucleare Donat Cattin del 1975.  Voluto da Ippolito, dominus del Cnen, appoggiato da Eugenio Peggio e tutto il Pci. Finché durò il compromesso storico coi governi Andreotti tutti i tecnici nucleari furono a favore. Poi, quando il Pc uscì dal governo, negli anni 1980 furono contro. Fino al referendum del 1987, quando il Pci, pur senza prendere posizione, sponsorizzò il no al nucleare.   
Ciò non impedì di sprecare ventimila miliardi di lire per una modesta centrale a Montalto di Castro, prima nucleare, poi convertita, poi ancora riconvertita. Un termoelettrico che sarebbe costato un decimo o poco più senza gli appalti successivi – il business degli appalti trova gli intellettuali sempre entusiasti. Per non dire del business ancora interminato del trattamento delle scorie dei pochi impianti andati in esercizio.

Per il giubileo del Millennio, per il quale il governo aveva stanziato a Roma ottomila miliardi, comprensivi della famosa-famigerata linea C della metro, Rutelli ne restituì la metà intonsi: non volle pensare in grande, gli appaltatori (i soliti noti) non erano pronti. Duemila miliardi li destinò al restauro delle piazze, in un migliaio di appalti e subappalti equamente suddivisi tra costruttori di destra e costruttori di sinistra, garanti le rispettive associazioni. Gli altri duemila li suddivise fra società di studio e consulenza quasi tutte appositamente formate, da ingegneri e architetti, per opere di arredo urbano e pulizia, dalla grattatine dei capperi sulle mure aureliane, che sono lunghe 19 km., aiuole in cemento armato che presto bisognò poi rimuovere, e un nugolo di imprese lapidee di pulitura monumenti. 

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