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sabato 20 febbraio 2021

Che bella storia, della bruttezza

Hegel esclude la natura dalla bellezza già nell’introduzione alle “Lezioni di estetica”: la bellezza è solo umana. E la bruttezza - o anche l’orrido è umano? Eco, lontano da Hegel, ne fa un’anamnesi appassionante. Un viaggio di letture inesauribili. Nelle fonti, che ripercorre con acribia sbalorditiva, pur nel suo periodare facile, e nella scelta delle immagini con cui le accompagna – aiutato da Silvia Borghesi. Il diavolo, per esempio, se è un angelo decaduto, non doveva essere bello? Per molti secoli non lo è stato: “La tradizione cristiana aveva cercato di non ricordare che, se Satana era stato un angelo, allora doveva essere presumibilmente bellissimo. Verso il XVII secolo, tuttavia, Satana inizia a subire una trasformazione”. Già con Torquato Tasso, che “a Plutone non riesce a negare una «orrida maestà»”. E poi con Shakespeare, con Marino, e soprattutto con Milton - da vecchio sostenitore della “rivoluzione puritana” non si priva di identificare in Satana “un modello di ribellione al potere”.
E così si procede per mille contesti, circostanze, politiche. Molta bruttezza, specie nelle figurazioni, è femminile. Ma in rispondenza a una “tradizione antifemminile”. Anche la bellezza, per la verità, si direbbe in immagine molto femminile. Ma non ci sono questioni da dirimere. Neppure di definizioni: sulla bruttezza ci sono pochi e non risolutivi tentativi, si procede per opposizione alla bellezza - di cui molto è questione anche in questa “Storia della bruttezza”, a partire da Platone e da Plotino.

Un’opera formidabile, di erudizione e di intelligenza: il lettore è condotto attraverso mille sorprese e scoperte. Anche perché è una storia che non era mai stata fatta. C’è perfino una “lussuria del brutto”, col Decadentismo. E una “bruttezza industriale”, con molti celebratori, compreso il Carducci dell’“Inno a Satana”: Dickens delle “miserie di Londra”, Jack London del “popolo dell’abisso”, E.A.Poe della “folla”, Sedlmayr del “bello tecnico”. Ultimamente il kitsch e il camp – dopo “il trionfo del brutto” con le avanguardie del primo Novecento e del secondo dopoguerra. Anticamente i trionfi della morte, le streghe, i satanismi. Il sadismo naturalmente. E le “filosofie del brutto”: il “Laocoonte” di Lessing, ma di più le tante trattazioni del Sette-Ottocento sul sublime, a partire fa Boileau (“Trattato del sublime e del meraviglioso”, 1674), con “La Tigre” di William Blake (che Borges, si può aggiungere, ha provato a imitare, ma anche Valery) e poi Burke e Shelley, e con Kant, Schegel, Schiller, Schopenhauer, fino a Nietzsche.  
Umberto Eco, a cura di, Storia della Bruttezza, Bompiani, pp. 455, ill. € 16

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