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mercoledì 17 febbraio 2021

Che paura, la libertà dell'Fbi

La storia della guardia privata che all’Olimpiade di Atlanta evitò una strage localizzando per tempo un ordigno esplosivo e allontanando la folla dei partecipanti all’evento musicale cui presenziava nel servizio d’ordine. Che l’Fbi, per mostrarsi sollecita e capace, si sforza in tutti i modi, anche illeciti, s’incolpare dell’attentato. Un giovanottone appassionato di armi e di polizia, con qualche problema fisico e di locuzione. 
Un film agghiacciante – asciutto, spietato, come è dell’ultimo Eastwood. È stato presentato come una critica dello strapotere dei media. Che ci sono, importuni, fastidiosi. Ma non cattivi. Il film è un atto d’accusa contro la polizia federale. Sdegnato, perfino eccessivo - si fatica a credere a tanta disumanità: si fanno riunioni come nel “Padrino”, e senza eufemismi o circonlocuzioni. Ma senza che l’Fbi abbia potuto protestare, i fatti evidentemente sono andati come Eastwood li racconta.
Un film come questo si dirà che solo l’America può produrlo e apprezzarlo, un paese libero. Ma nessuno ha pagato per il falso processo a Jewell – non c’è stato in realtà processo, l’Fbi non aveva elementi, lo ha fatto condannare con indiscrezioni pilotate ai media. Con Jewell come, ultimamente, con il Russiagate, costruito dall’Fbi, e alimentato attraverso i media, su un dossier di un ex agente britannico, pagato. O come con l’arresto dieci anni fa di Strauss-Kahn per “tentata violenza sessuale”, su confidente della stessa Fbi. Il paese delle libertà è il paese delle libere, incontrollabili, polizie.   
Clint Eastwood, Richard Jewell, Sky Cinema

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