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martedì 14 luglio 2015

Secondi pensieri - 223

zeulig

Aforisma – Mr. Barbecue-Smith, “lo Scrittore” di Aldous Huxley, ne  ha la chiave in “Giallo Crome”: “Basta scivolare in una trance” leggera nel viaggio in treno. Huxley ne fa la satira. Ma poi qualche aforisma di Mr. Barbecue-Smith nella sonnolenza in treno non è da buttare: “La fiamma della candela illumina, ma anche brucia”, per esempio, che all’origine era un indovinello. L’aforisma deve rasentare l’ovvio? Spellandolo un po’. È vivo solo se “rivela” aspetti comuni, un lampo nuovo sulla routine. Senza colpa: il pensiero è sempre frammentario, il più sistematico incluso.

Arte – Aveva perduto l’osservazione, che era la sua “arte”, per un lungo periodo è stata inespressiva, e ora è solo osservazione. Con le installazioni, forme di comunicazione di impressioni fugaci.
Valéry dell’arte sua contemporanea diceva che aveva perduto l’osservazione. Lo diceva degli attori: “I commedianti non cercano più nel vivo”, perduti nelle romanticherie (moduli) del romanticismo. E dei pittori: “Non studiano più uno stelo, una mano infinitamente; e i volti, che dipingono come possono, trattano come nature morte; da almeno un secolo l’ espressione non si azzarda più”. Questo invece non era vero: la ricerca artistica del cubismo, dell’astrattismo, era della realtà sotto le apparenze, anche se finiva per appiattirla a due dimensioni, in geometrie cioè morte.

Dialogo – È sempre quello platonico, anzi socratico, con discepoli compiacenti da cui il maestro si fa dare le risposte che vuole – da “secondi”, da sparring partner, da “spalla” delle vecchie scenette comiche. Quelli dei teatrini della politica, i talk show, sono invece assoli. Per i quali ci vuole appunto una “presenza” scenica, il tipo che “buca lo schermo” – ma basta anche il recitativo di Marino Sinibaldi quando faceva “Fahrenheit”. Tutt’altro che a teatro, dove, anche nel monologo, l’espressione va dialogata, fra contrapposizioni e convergenze non compiaciute (rituali, schematiche, risapute), anzi il più innovative (sorprendenti, ma non gratuitamente) possibile l’“azione” sulla scena si sviluppa tramite il dialogo.
Nel quotidiano il dialogo è fatto iù spesso di silenzi. E non il dialogo con se stessi ma con gli altri. Di pause, di afflizione, di ripulsa, di eccitazione.

Estremismo – È poetico. Su “Amor Mundi”, il sito dell’Hannah Arendt Center, Robin Creswell e Bernard Haykel scoprono che l’Is si diletta molto di poesia, oltre che di teste mozzate e boia bambini. E se ne fanno una ragione: “Può sembrare curioso che alcuni degli uomini più ricercati al mondo perdano tempo a modellare poemi in metri classici e rime baciate”. Una metrica “più facile in arabo che in inglese, ma qualcosa che sempre vuole pratica”. Anche perché  la loro poesia è “piena di allusioni, termini ricercati, e trucchi barocchi”.  Ma si tratta, concludono, sempre di rime politiche. In forma poetica per un riguardo del terrorista verso se stesso, essendo uno che si è messo al bando dalla società, incluse spesso la famiglia e la comunità religiosa. Tutti i rivoluzionari sono poeti. Eversori in quanto si sradicano.

Nel saggio su Brecht, Hannah Arendt riflette d’improvviso che “i poeti non sono stati spesso buoni, affidabili cittadini”. Ma, poi, si rileggono le odi di Brecht a Stalin e si trovano per molti aspetti ripugnanti – Brecht “non poteva non” sapere chi era Stalin e perché lo premiava – e poeticamente zero, anzi controproducenti. La rivoluzione – Stalin è un rivoluzionario, come no - non è poesia.

Formato – È nel formato la fortuna del kindle? Poche righe, brevi, a corpo robusto e ingrandibili al bisogno, consentono una lettura gradevolmente rapida, maneggevole: l’occhio effettivamente “legge” in un colpo, invece che scorrere da sinistra a destra incessantemente, e memorizza all’istante senza dover ricorrere alla”ricostruzione” (ricordo). La lettura di un “Crome yellow” a stampa in formato 20 x 30 cm. è invece faticosa, a scorrere e assimilare – tutto l’opposto della scrittura, che è invece brillante  e semplice, di pronta assimilazione.

Il pensiero segue la lettura? Se si sviluppo in un in folio o in un tascabile in un rotolo o una pergamena, oppure in posts e tweets? La forma espressiva certamente influisce  sull’articolazione del pensiero: c’è un pensiero largo, disteso, argomentato, e ce n’è uno breve, anche nervoso, intuitivo, istintivo. Ma la qualità non dipende dal formato – evidentemente: oggi non esisterebbe pensiero.   

Massa – Non se ne parla più, ed è un bene. Ma non è svanita.
Era proposta a utopia, a ogni effetto oscena.  Bisogna diffidare della parola, che ha un passato, se non un inizio, totalitario, e rovescia il senso logico e la petizione dell’uguaglianza, che è l’irriducibilità dell’io, la sua libertà. Nel concetto di massa è il germe di una democrazia della morte: è pensiero di Jünger, ma da non temere.
La massa sa di ferrigno, o di impastato. Giusto l’etimologia, che la vuole pasta fermentata per fare il pane, da cui massaro, che “impasta” i prodotti del latte. C’è massa e massa: la massa cotta è nell’industria saccarifera il sugo di canna o di barbe, con un contenuto massimo del quindici per cento d’acqua, nel quale prende a cristallizzare lo zucchero. La multitudo di Hobbes, la vecchia plebe, che sarà “bestia feroce” per Hegel, la massa degli anni Venti, non sono la moltitudine di Spinoza ricca di beni e intelligenza, che trova nella democrazia lo stimolo a creare. In logica la massa è la figura dell’acervus ruens, o sorite. Del mucchio, acervus e sorites stanno per cumulo o mucchio: il primo granello non è un mucchio, il secondo neppure, e così via, per cui il mucchio non si costituisce mai, oppure, se si ammette che si è costituito all’aggiunta di un granello, allora il mucchio è quel granello. Un sillogismo che sa di sofisma. Ma la massa c’è, il cumulo, proprio perché ha svilito ogni granello.
Della cultura si diceva che non può essere di massa, riduttrice. Anche se lo studio critico è stato abbandonato dopo Adorno. Da una cultura che pretendeva anzi di avere realizzato la rivoluzione di Marx nella filosofia, la filosofia dello spirito – bizzarra denominazione, che sa di fantasmi, per non dire che risuscita l’intellettuale platonico, incapace ma presuntuoso, mentre uno vorrebbe voler bene alla democrazia. Come si deve meglio articolare la cultura nella civiltà dei consumi di massa? L’equivoco nacque con l’operaio-massa di Sergio Bologna. Che però era un’altra cosa: è una organizzazione del lavoro, la catena di montaggio, da cui bisogna uscire. Non per la rivoluzione, non tanto, ma per la sopravvivenza fisica dell’operaio e della stessa azienda. Uno studio critico che non era stato abbandonato in America, la patria del capitale, dove tutto si sapeva della catena di montaggio fordista, dell’Uomo Organizzazione, del Persuasore Occulto e di ogni altra novità dell’esistente.  Le masse socialiste le aveva introdotte in Italia Cantimori traducendo Moeller van den Bruck, che però era un “rivoluzionario della conservazione”.
Il mercato non ne parla, parla di individui, ma il mercato è massa: indistinte sono non sono solo le decisioni, ma le scelte, e perfino le pulsioni. Si vive ai margini.

Spirito – Brutta parola, sa di spiriti e spiritismo. Come l’inglese, che però lo evita. In francese esprime finezza, brillantezza. In tedesco è tutt’altro, Geist, un impasto denso.

Verità – Lo scetticismo più radicale ci fa affidamento.

zeulig@antiit.eu

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