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venerdì 17 luglio 2015

Le Arpe del sottogoverno

Si risvegliano d’estate e decretano che questa  o quella spiaggia, in genere prospiciente un fiume o un torrente, è impraticabile: divieto di  balneazione. È il loro unico  segnale di vita. Delle Arpa, le agenzie regionali per la protezione ambientale. Dopodiché tornano in letargo. Viene l’autunno con le alluvioni, la primavera con le esondazioni, del Ticino, dell’Arno, eccetera, e le Arpe tacciono. Si risvegliano l’estate come le cicale, con un  divieto di balneazione qua e là.
Le Arpe sono un centinaio di carrozzoni – le Arpe regionali si suddividono in provinciali - ben finanziati, nel quadro dell’ultima mammella del sottogoverno, l’ecologia e l’ambiente. Luogo di riposo e ritrovo per ingegneri e architetti, poi liberi per la professione – cui l’Arpa offre utili agganci. Sorgono le Arpe solitamente in ogni provincia in palazzetti ben restaurati, con ingressi arborei curati, e un’aria di lindura per gli ampi ingressi e su per le scale, che niente e nessuno sporca, a tutte le ore del giorno.
Il divieto di balneazione non si precisa di che natura. Si dice che i livelli di Esherichia coli sono superiori alla tolleranza. Ma si derubrica l’Escherichia coli a batterio da poco, che provoca infezioni lievi al tratto urinario e respiratorio – mentre ce ne sono varietà simili al vibrione del colera. E poi dopo un paio di giorni i divieti d balneazione scompaiono. Non che i torrenti o i fiumi di scarico siano stati bonificati, di questo le Arpe non si occupano: i divieti scadono e basta, l’Escherichia col non è più pericolosa nemmeno per la pipì – è un atto di vivenza dell’Arpa.


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